Venezia76. Il diario dell’ottavo giorno dal Lido. Gloria Mundi contro i deficit di attenzione
Due grandi film a Venezia: Nevia di Nunzia De Stefano e Gloria Mundi di Robert Guédiguian. Deficit di attenzione e bagni di realtà nell’ottavo giorno al Lido
Con quale frequenza controllate il vostro smartphone? E quante volte è davvero necessario o piuttosto un gesto involontario, dettato da noia, abitudine, dipendenza? Viviamo ormai una split life, una su schermo e una reale (definizione opinabile ma giusto per rendere il concetto). La regola vale anche in sala, dove al grande schermo si affianca a tratti anche quello luminoso del telefono: a Venezia i più educati lo controllano dentro la bag omaggio della Biennale, altri più sfacciati non si curano dei vicini, ma il punto è che si cerca distrazione dall’evasione già offerta dal film. Quindi per un autore rapire il pubblico ed evitare questo automatismo, sfidando la velocità del pensiero parallelo, è già un successo. In fondo vedere un film è proprio questo, essere travolti da una storia in cui ci si cala a tal punto da non pensare ad altro.
GLORIA MUNDI
Succede con Gloria Mundi, film in concorso nella selezione ufficiale di Venezia.76 firmato da Robert Guédiguian. Ambientato alla periferia di Marsiglia, è il racconto di un nucleo familiare che vive poco al di sopra della soglia di sopravvivenza. I suoi componenti conducono vite anonime scandite da sacrifici e umiliazioni, tentativi di riscatto e fallimento. Il grigiore dell’esistenza si legge sui volti dei protagonisti: Mathilda, Nico, Silvye sono intrappolati in orari di lavoro e schemi di sussistenza del tutto simili alla giornata di un detenuto, tanto che Daniel, appena uscito di prigione, non trova differenze sostanziali, anzi con i suoi haiku ha mantenuto fresca e libera la mente per i due decenni trascorsi in cella. Dice il regista: Per parafrasare Marx, ovunque regni il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico. È ciò che questo racconto sociale vuol mostrare attraverso la storia di una famiglia fragile come un castello di carte. I 107 minuti di miseria esistenziale prima ancora che materiale – proprio qui risiede il dramma di un film che è un ritratto sociale asciutto e disincantato dei nostri tempi – riescono nel miracolo di tenere gli spettatori appesi alla storia, avvincente perché verissima. Ai titoli di coda una signora esclama “finalmente un film” e, sulla base delle considerazioni appena fatte, non si può che darle ragione.
NEVIA, IL FILM DELL’EX SIGNORA GARRONE
Altro racconto coinvolgente e pieno di verità è Nevia, opera di esordio di Nunzia De Stefano, ex signora Garrone, che è produttore del film con la sua Archimede. Mettete da parte ogni pensiero malizioso su nepotismo e suoi derivati. Certo, il supporto di Garrone ha offerto a De Stefano l’occasione di realizzare il film, ma la storia e lo sguardo risultano di una leggiadria rara. Nevia (la convincente Virginia Apicella), adolescente minuta e determinata, vive in un campo container di Ponticelli, di quelli nati all’indomani del terremoto in Irpinia. Orfana di madre, padre in galera, la ragazza vive con la nonna e la sorellina, ed è determinata a rompere con caparbietà e intelligenza la catena di degrado e delinquenza a cui pare destinata. La descrizione sicura e priva di ingenuità di tale microcosmo denuncia una profonda conoscenza dell’argomento. È la stessa De Stefano a sottolineare nelle note di regia l’aspetto autobiografico della sua opera prima: i ricordi della mia giovinezza appartengono proprio ai dieci anni vissuti in un container nella periferia di Napoli, quando il terremoto degli anni ’80 costrinse la mia famiglia a sfollare in un campo improvvisato, in attesa di una sistemazione adeguata. I giorni diventarono mesi e i mesi anni, ma la casa popolare non è mai arrivata e abbiamo imparato così ad adattarci a quella situazione drammatica, cercando di ristabilire una quotidianità perduta e abituandoci a vivere dignitosamente anche con quel poco che avevamo. Nel frattempo, generazioni sono andate e venute, ma i campi container ancora esistono: si sono tramutati in un piccolo mercato immobiliare di serie Z che offre spesso un tetto ai rifugiati di altre sfortunate realtà.
La pellicola è ammantata di grazia e sapienza nella messa in scena: l’uso ricorrente del piano sequenza ci catapulta nel quotidiano di Nevia, percorrendo gli stessi tracciati della sua vita, della sua dignità e dei suoi desideri di evasione, incarnati dall’arrivo di un circo, simbolo di libertà e infanzia negata. E se la vera fuga fosse la vita autentica? Con un interrogativo più che lecito si chiude anche questa giornata al Lido.
–Mariagrazia Pontorno
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