Venezia76: intervista a Piera Detassis, presidente dei David di Donatello
Dalle serie tv al cinema. Fino al ruolo delle donne nel cinema. Un breve colloquio con la Presidente dei David di Donatello.
Una rilevante penna del giornalismo cinematografico italiano, una delle donne più importanti del nostro cinema e una appassionata di film e serie tv. Sul volgere al termine della 76esima Mostra del Cinema di Venezia abbiamo incontrato Piera Detassis, Presidente e direttore artistico dell’Accademia del cinema italiano – David di Donatello, presente alla Mostra con il ruolo di Guest Director del Daily cartaceo del settimanale Elle. Il nostro appuntamento con Piera Detassis è all’ Hotel Excelsior del Lido di Venezia, uno dei luoghi simbolo della Mostra. Precisamente al piccolo set allestito che ripropone l’immaginario di “Friends”, la nota serie tv degli anni ’90, che festeggia in questi giorni i venticinque anni.
Da addicted della serialità, quale è la serie tv che ti ha cambiato la vita?
Lo show che mi ha fatto cambiare opinione sulle serie tv è Six Feet Under. La prima serie in cui si è percepito il salto dalla serialità sitcom alle possibilità del cinema. Alla narrativa e alla visionarietà del cinema. Io ricordo ancora la sigla, i sei metri sotto terra… Questa è stata la prima serie che dopo Twin Peaks, che era una serie molto pionieristica di un regista come David Lynch, ha cambiato la percezione della serialità. Six Feet Under è stata l’inizio della nuova serialità, quella che è la nuova cinefilia.
Sei presente a Venezia con una nuova avventura editoriale…
Sono arrivata a Elle da pochi mesi. Sono stata accolta benissimo dalla squadra e siccome siamo abbastanza pazzi tutti insieme e la carta richiede oggi delle vere e proprie sfide abbiamo deciso di portare a Venezia un quotidiano più lifestyle, che racconti anche il glamour della Mostra. D’altronde la Mostra del Cinema di Venezia porta qui le grandi star e accompagna i film agli Oscar. Era interessante buttarsi in un’avventura pioneristica per un giornale come Elle e con una squadra ristretta ma molto forte. L’obiettivo era quello di portare il mondo del fashion, della moda, dello stile a contatto con il mondo del cinema che a sua volta crea stile, l’ha sempre creato, e crea anche protagonisti e nuove tendenze.
Mancano pochi film da vedere, il Concorso di Venezia 76 sta per terminare. Che edizione è stata?
È un’edizione partita con una polemica sul fatto che ci fossero solo due donne registe in competizione. Ed è vero che sono poche! Alberto Barbera ha sempre sottolineato che non è il genere ma è la qualità che determina la possibile selezione di un film, e ha ragione. Con questo festival ha dimostrato che si possono raccontare oggi, e in diversi modi, molte storie di donne forti e interessanti. Tra tutti The Laundromat con una splendida Meryl Streep che non si può svelare. Un festival in cui si sono raccontati padri solitari, figli alla ricerca del padre, la figura dei nuovi padri ma accanto a questo anche le nuove figure femminili che sono piuttosto dominanti anche se non provocatorie e trasformatrici.
Si parla sempre più di quote rosa. Sul palco più importante del cinema, quello degli Oscar, ogni anno almeno una donna pronuncia un discorso molto forte, politico e attuale. In Italia i palchi che hanno quell’importanza sono questo della Mostra del Cinema e quello dei David di Donatello. E ogni volta che una donna viene premiata si attende un discorso altrettanto forte e memorabile.
Con i David ci proviamo! Il primo anno in cui ero Presidente, Paola Cortellesi insieme alle altre attrici ha fatto un discorso di apertura della cerimonia sul doppio significato delle parole, quando vanno in senso maschile e quando in femminile. Lì c’era dissenso comune, c’era anche la spilletta disegnata da Alba Rohrwacher. Io nell’ultimo anno ho cambiato la giuria cercando l’equilibrio di genere. La cosa che mi stupisce in Italia è che è molto più difficile affrontare qualsiasi tema che riguarda la parte del femminile.
Come mai?
C’è molta più arretratezza che persiste. Il tema molestie non è stato quasi affrontato e quando un’attrice anche a livello mondiale l’ha affrontato (Asia Argento) è diventata lei la colpevole. È un Paese in cui se io faccio un discorso sul David e le donne come successo nell’ultima edizione in cui c’erano due candidate donne, una alla migliore regia (Valeria Golino) e una per miglior film (Alice Rohrwacher) e non è successo in 64 anni, naturalmente non hanno avuto nessun premio. E se io faccio un discorso su queste candidature mi dicono ‘non parlare di donne, è un argomento molto noioso’. Questo è il nostro Paese, io non l’ho presa affatto bene perché non si può dire che parlare di donne sia noioso. Spero si possa cambiare presto e ora si è capito che è importante lavorare anche dietro le quinte. In Italia le attrici non hanno neanche il potere economico che hanno negli Stati Uniti ma è sicuro che abbiamo delle valorose.
– Margherita Bordino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati