La storia di Lina Wertmüller e del suo Oscar alla Carriera
Il 27 ottobre 2019, durante la cerimonia dei Governors Awards dell’Academy a Los Angeles, Lina Wertmüller, accompagnata dalla figlia Maria Zulima Job, ha ricevuto l’Oscar alla Carriera. Sul palco insieme a Sophia Loren, Isabella Rossellini, che le ha fatto da traduttrice in inglese, le registe Greta Gerwig e Jane Campion, con il suo inconfondibile piglio ironico e i suoi inseparabili occhiali bianchi ha conquistato la platea.
Un meritato riconoscimento alla grande regista italiana ultranovantenne Lina Wertmüller (Roma, 1928), con quasi sessant’anni di folgorante carriera cinematografica alle spalle. Dopo i primi lavori all’inizio degli Anni Sessanta come aiuto regista di Federico Fellini nelle pellicole La dolce vita e 8½, gira il suo primo film, I basilischi, nel 1963, guadagnando la Vela d’argento al Festival di Locarno nello stesso anno, cui segue una miriade di premi tra cui una doppia nomination all’Oscar nel 1977 per la regia e la sceneggiatura del film Pasqualino Settebellezze (1975), diventando la prima donna nella storia a essere candidata al premio dell’Academy come migliore regista. Se oggi è la Academy hollywoodiana a premiarla, nel 2010 è stato il cinema italiano con il David di Donatello alla carriera.
IL TEATRO E LA TV
Scrittrice, sceneggiatrice, regista cinematografica e televisiva, Lina Wertmüller dirige in più di trenta film grandi attori e attrici del calibro di Sophia Loren, Nastassja Kinski, Dominique Sanda, Peter O’Toole, Faye Dunaway, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Giulietta Masina, F. Murray Abraham, solo per citarne alcuni, anche se nell’accoppiata Giancarlo Giannini e Mariangela Melato esprime al meglio il suo talento artistico con pellicole intramontabili, tra cui Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974) e il già citato Pasqualino Settebellezze, che guadagna anche la candidatura all’Oscar per miglior film in lingua straniera e la nomination di Giannini come miglior attore protagonista. Diplomatasi all’Accademia d’arte drammatica Pietro Scharoff di Roma, Lina Wertmüller inizia il suo percorso artistico nel teatro al fianco di P. Garinei, A. Giovannini e G. De Lullo, per poi raggiungere la televisione con regie e aiuto-regie prestigiose di programmi di grande seguito popolare, tra cui la prima edizione di Canzonissima del 1959, e continuare, in concomitanza con l’attività cinematografica, con sceneggiati TV di successo come Il giornalino di Gian Burrasca con una quasi ventenne Rita Pavone, trasmesso dalla RAI, in otto puntate, dal dicembre 1964 al febbraio 1965, con svariate repliche negli anni successivi.
SE L’OSCAR DIVENTASSE DONNA?
Lina Wertmüller firma varie sceneggiature tra cui Fratello sole, sorella luna (1972), per la regia di Franco Zeffirelli, ed è autrice di diversi libri, tra cui la sua biografia dal titolo Tutto a posto e niente in ordine (Mondadori, 2012). Nel 1990 dirige Sabato, domenica e lunedì, con Sophia Loren, Luca De Filippo, Luciano De Crescenzo, Pupella Maggio, dall’omonima commedia di Eduardo De Filippo, che nasce come film televisivo, successivamente montato in versione cinematografica. È anche doppiatrice nel film d’animazione Mulan del 1998, prodotto dalla Walt Disney Animation Studios per la Walt Disney Pictures, diretto da Tony Bancroft e Barry Cook, dove interpreta la parte di Nonna Fa. Negli ultimi anni gira varie pellicole di discreto successo di pubblico tra cui Mannaggia alla miseria (film TV del 2009). Insomma una carriera variegata, ma con un unico fil rouge. Indaga con passione i ruoli sociali dell’uomo e della donna del Bel Paese nell’eterno dialogo tra il Nord e il Sud, tra la borghesia e il proletariato, dagli Anni Sessanta del secolo scorso ai giorni nostri, con uno sguardo sempre ironico e disincantato sulle evoluzioni politiche e sociali, dipingendo la società italiana a volte con toni grotteschi e pungenti, ma senza mai prendersi sul serio. E pensare che proprio nel 1963, quando si appresta a dirigere il suo primo film, afferma: “Mi fa paura il pensiero di essere una regista donna”; e Fellini, nel rassicurarla, le dice di non avere alcuna preoccupazione, in quanto il talento da narratrice non si inventa, e, se c’è, fuoriesce implacabile a prescindere da tutto. E nella sua “notte da leoni” a Hollywood, dove entra definitivamente a far parte delle stelle del cinema mondiale, Lina Wertmüller vorrebbe che il più antico premio cinematografico del mondo avesse un nome di donna, ad esempio “Anna”.
‒ Marco Eugenio Di Giandomenico
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati