Cinema: Joaquin Phoenix è il miglior attore al mondo?
Joaquin Phoenix è uno di quegli attori che sa calarsi con estrema coerenza nella vita professionale; sa accettare cambiamenti fisici ed emotivi; sa dare una forte etica al suo lavoro, riuscendo a mostrare, con prudenza, una personalità enigmatica
Come Joaquin Phoenix stesso ha dichiarato, fu il fratello River, morto tra le sue braccia a causa di un’overdose di eroina e cocaina, ad incoraggiarlo ad intraprendere la carriera da attore. Phoenix inizia a farsi conoscere al grande pubblico nel 1995, prendendo parte al cast di To Die For di Gus Van Sant, anche se la vera consacrazione arriva nel 2000, quando veste i panni del nevrotico imperatore Commodo nel capolavoro di Ridley Scott, Il Gladiatore. JP mostra il suo lato più perverso e va ben oltre la figura del classico cattivo stereotipato. Il giusto equilibrio che coesiste fra gli occhi spiritati e il volto fascinoso dell’attore statunitense, infatti, dona a questo personaggio un’aura di fascino per certi versi inspiegabile. Cinque anni più tardi, Phoenix, è il protagonista di Walk the line, film del 2005 diretto da James Mangold, interpretando l’icona della country music Johnny Cash, la cui vita è stata segnata dall’abuso di alcool e di droghe, tematiche non estranee all’attore. Tuttavia, malgrado l’emotività del momento, Joaquin si prende la responsabilità del personaggio, ci soffre, ci convive benissimo con quella vita da ribelle. Phoenix non è semplicemente il protagonista della storia ma un rivoluzionario, un animale da scena capace di stravolgere il senso di ogni singolo bacio, di ogni singola lacrima.
CAMALEONTICO E IRRICONOSCIBILE
È praticamente irriconoscibile, invece, in Two Lovers (2008) di James Gray. In questo dramma dostoevskiano, Phoenix è Leonard, un uomo depresso a causa di una delusione amorosa, per la quale tenta anche il suicidio. La sua grande bravura però risiede in questo suo essere camaleontico: dimenticate la faccia sprezzante di Commodo o lo spirito di ribellione di Cash; Leonard vive con i genitori, spia dalla finestra della sua abitazione Michelle (Gwyneth Paltrow), si innamora perdutamente di quest’ultima, cerca di riprendere in mano la sua vita e, quando sembra che ce la stia facendo, ricade nuovamente nell’oblio della disperazione. Phoenix si fonde con le atmosfere fredde del film e riesce a dar vita ad un personaggio ben strutturato nel carattere, costruito sulla base di un’ingenuità che fa perfino tenerezza. Il cammino di Joaquin Phoenix passa anche attraverso quelle grandi pellicole che sanno catturare urla, coraggio, forza mescolate a malinconia, pianti e silenzi. Nel 2012, il regista Paul Thomas Anderson gli affida il ruolo di protagonista del suo film The Master. Phoenix, ancora una volta, mette a nudo la sua interiorità; Freddie Quell è un ragazzo solitario che, dopo aver preso parte al secondo conflitto mondiale, inizia a dare i primi segni di squilibrio mentale. Joaquin Phoenix torna così alle origini della sua carriera, anche se questa volta, oltre alla facile irritabilità del protagonista, il calore umano che trapela da ogni sua battuta è pressoché commovente.
ALLA RIBALTA DEL GRANDE PUBBLICO
Sarà Her (2013) di Spike Jonze a consacrare definitivamente Joaquin come un attore completo. Il personaggio di Theodore, un giovane scrittore che è stato appena lasciato dalla moglie, riesce ad emozionare e a tenere incollato per più di due ore lo spettatore allo schermo scambiando semplicemente battute con un sistema operativo. Ma se Her è la prova della sua completezza attoriale, A Beautiful Day (2017) diretto da Lynne Ramsay è la prova che Phoenix è ormai un talento collaudato. L’attore americano è Joe, un tormentato veterano di guerra impegnato nella lotta contro il traffico sessuale, nonché un personaggio dalla mascolinità brutale e da una profondità d’animo sorprendente.
DA VIGNETTISTA A JOKER
Nel 2018 Phoenix è protagonista di due pellicole controverse, ma non per questo poco interessanti: Don’t Worry di Gus Van Sant e Mary Magdalene di Garth Davis. Nella prima interpreta il vignettista satirico John Callahan, paralizzato da un incidente d’auto. Joaquin lavora perfettamente su questo ruolo: recita a denti stretti, a bassa voce, a testa in giù e attraverso la sola mimica facciale è in grado di trasmettere entusiasmo ed emozioni. Nella seconda, invece, l’attore nato a San Juan dà vita ad un Gesù moderno, pronto a rivoluzionare il mondo non solo attraverso la parola, ma anche attraverso un insolito cinismo quotidiano. La sua ultima interpretazione risale a questo autunno, quando l’attore statunitense si è deciso a raccogliere la pesante eredità di Heath Ledger e interpretare il Joker sotto la regia di Todd Phillips. A metà tra Taxi Driver e The King of Comedy, questo è forse il Joker più umano della storia del cinema, complice un Phoenix che lo avvicina molto alle nostre vite comuni. Joaquin Phoenix, insomma, è il miglior attore al mondo. Ma non è il Joker, né lo stralunato Theodore, né tantomeno il nevrotico Commodo a renderlo tale, ma il suo percorso di formazione, compresi i dolori e i dispiaceri. Perché sono proprio questi ultimi che mettono in risalto i suoi due punti di forza contrastanti: la luminosità dello sguardo e la perenne malinconia che caratterizza i suoi personaggi.
–Luigi Affabile
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