Il cinema e la rinascita del post-Apartheid
Pensiamo di non conoscere nulla del cinema sudafricano ma in realtà non è così: Jonathan Liebesman (‘Non aprite quella porta’), Roger Michell (‘Notting Hill’) o Gavin Hood (‘X-Man’) sono registi molto noti che provengono proprio da lì.
Dal 1948 al 1991 con l’Apartheid il Sudafrica ha vissuto un periodo fosco per la sua popolazione e la società. Un periodo di odio razziale, di ghettizzazione, durante il quale vigeva una dura censura artistica e cinematografica. Tra i film di quegli anni che furono vietati e proibiti ci sono molti documentari riguardanti l’orrore dell’Apartheid: Last Grave at Dimbaza (Chris Curling & Pascoe Macfarlane, 1974, che spinse il governo di allora a rispondere con una serie di film-propaganda), The Two Rivers (Mark Newman, 1980), Witness to Apartheid (Sharon Sopher & Kevin Harris, 1987) e Dinkaga (Jamie Uys, 1980). Durante questo periodo di oppressione razzista, il cinema fu imbavagliato e i cineasti più facoltosi si trasferirono a Londra. Così fece Lionel Ngakane, considerato uno dei pionieri del cinema sudafricano nero.
Con il post-Apartheid è avvenuta la rinascita del Sudafrica sul grande schermo. Attualmente una nuova generazione di registi e autori sudafricani sta calcando l’onda di una nuova era. Tra i nomi più riconoscibili ci sono Neill Blomkamp, Ramadan Suleiman, Zola Maseko, Oliver Schmitz, Ntshaveni Wa Luruli, Teboho Mahlatsi.
Oltre al cinema “interno”, dal 2010 il Sudafrica è diventato centro d’interesse per le grandi produzioni internazionali: ne sono ospitate circa trenta all’anno. Film come Black Panther o The Harvesters sono stati girati in parte nel Paese. Alla 62esima edizione del Festival di Cannes è stato presentato un progetto industriale straordinario da questo punto di vista, da oltre un decennio ormai funzionante e nel migliore modo possibile, ovvero i Cape Town Film Studios.
Accanto al lato più economico c’è un forte fervore artistico sostenuto dallo stesso Paese. Nel 1999 ha avuto inizio il Gariep Arts Festival, che si svolge a Gariep Dam, città sulla riva settentrionale del fiume Orange, e che si pone come mission quella di essere un trampolino di lancio per registi, sceneggiatori e attori del cinema africano. Di festival non è scarso il Paese, e fra tutti il più importante è il National Arts Festival; dieci giorni di intrattenimento per tutte le forme d’arte. Giorni in cui gli artisti possono far conoscere e promuovere le proprie opere sia al grande pubblico sia a esperti del settore, locali e internazionali. Ecco 3 film per conoscere il Sudafrica.
‒ Margherita Bordino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #54
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INVICTUS
Film del 2009 diretto da Clint Eastwood e ispirato al romanzo Ama il tuo nemico di John Carlin, a sua volta ispirato a fatti realmente accaduti. Nelson Mandela, da poco uscito di prigione, è diventato presidente del Sudafrica. È il 1995, nel periodo successivo all’abolizione dell’Apartheid, e Mandela vuole riunire e avvicinare la popolazione del Paese, disinnescando l’odio tra bianchi e neri sudafricani. Il simbolo di questa spaccatura è la squadra nazionale di rugby, composta da giocatori bianchi e uno solo di colore. L’occasione per riavvicinare il Paese è la Coppa del Mondo di Rugby, ospitata quell’anno proprio dal Sudafrica. Dal film emergono la personalità di Mandela, lo sport come unità sociale e l’esigenza di una politica di aggregazione e condivisione.
MAMA AFRICA
Documentario del 2011 diretto da Mika Kaurismäki, racconta la storia della cantante Miriam Makeba, divenuta famosa in tutto il mondo per essersi battuta contro il regime dell’Apartheid. Vista la sua lotta contro il razzismo, il governo sudafricano di Pretoria nel 1962 la costrinse all’esilio, bandendo tutti i suoi dischi. La cantante si trasferì prima in Europa e poi negli Stati Uniti, divenendo nota per il suo talento naturale e per canzoni come Pata Pata, The Click Song e Malaika. Nel 1966 vinse un Grammy per la migliore incisione folk per l’album An Evening with Belafonte/Makeba, che trattava esplicitamente tempi politici e la situazione di segregazione razziale in Sudafrica. Dopo trent’anni di esilio, nel 1990 Nelson Mandela la fece tornare in patria.
GRIDO DI LIBERTÀ
Tratto da due libri di Donald Woods e diretto da Richard Attenborough, è un film del 1987. La storia dell’amicizia tra Steve Biko, capo del movimento Black Consciousness, e il giornalista bianco Donald Woods, direttore del quotidiano liberale Daily Dispatch di Johannesburg. È il Sudafrica degli Anni Settanta e il carismatico Biko attira l’attenzione di molta stampa internazionale, in particolare di Woods, sostenitore della non violenza e dell’integrazione razziale. Dopo qualche incontro, tra i due nasce una solida amicizia che porterà Woods a pubblicare sul proprio giornale le richieste del popolo sudafricano oppresso dall’Apartheid. In seguito alla violenta morte di Steve Biko, il giornalista decide di pubblicare in Inghilterra gli scritti sulla sua vita, rivelando così le atrocità del regime razzista sudafricano, non del tutto note alle cronache mondiali.
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