Il mondo di Sergio Leone nella mostra riaperta a Roma
Il Museo dell’Ara Pacis torna a raccontare la storia di Sergio Leone, cineasta leggendario. Ripercorrendone la carriera e i legami con colleghi, attori e amici.
C’era una volta Sergio Leone non è solo una mostra, è un’esperienza sensoriale, ancora più importante da vivere in queste settimane in cui il mondo del cinema fatica a ripartire. L’esposizione dedicata al grande regista è di nuovo aperta, al Museo dell’Ara Pacis a Roma, fino al 20 settembre; curata da Gian Luca Farinelli, direttore della Fondazione Cineteca di Bologna, è stata allestita con il contributo di Rai Teche, Istituto Luce-Cinecittà, Cinémathèque Française e tante altre istituzioni. Ma soprattutto grazie al supporto dei tre figli di Leone, Francesca, Raffaella e Andrea (questi ultimi, produttori cinematografici della Leone Film group), che hanno fornito il materiale sinora custodito dalla famiglia. A cominciare dalle foto e dai rarissimi filmati dei primi del Novecento che riguardano i genitori di Sergio Leone (Roma 1929-1989), Vincenzo Leone (in arte Roberto Roberti) attore e regista, ed Edvige Valcarenghi (in arte Bice Waleran) attrice del cinema muto. Ai genitori artisti Sergio Leone è riconoscente, al punto da adottare lo pseudonimo di Bob Robertson (“figlio di Roberto”) quando firma Per un pugno di dollari, il suo primo spaghetti-western. Le immagini del giovane assistente di grandi registi italiani (De Sica, Camerini, Blasetti) mostrano un Leone ventenne dal volto affilato, privo di barba e con uno sguardo malinconico, mentre scherza con Sophia Loren.
Il regista lavora a lungo anche sui set hollywoodiani nei cosiddetti “peplum”, i film in costume antico, e dirige Il colosso di Rodi, fino alla folgorazione: la pellicola di Akira Kurosawa Yojimbo accende la sua fantasia e decide di farne una versione western. Nasce Per un pugno di dollari, il primo film della “Trilogia del dollaro” (insieme a Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto e il cattivo); in una teca sono esposti i contratti stipulati da Leone e dai protagonisti Clint Eastwood e Gianmaria Volonté e l’accordo di cessione dei diritti per il Medio Oriente a Kurosawa, che reclamava la paternità della trama. Da quel momento Sergio Leone non si ferma più. Riesce a mettere nel cinema tutto il suo mondo artistico, fatto di tanti film, ma anche di buone letture e dell’amore per l’arte che coltivava anche come collezionista. Due video accostano i maestri amati da Leone, ovvero Cervantes, de Chirico, Goya, Hopper, Degas, con le scene dei suoi film dove la loro impronta è palese. Sono esposti i libri e le stampe di Goya custoditi nel suo studio, la sua enorme scrivania con la foto di moglie e figli e il leone in ceramica con la dedica di Robert De Niro, l’altro Bob che sta per affacciarsi nella sua vita.
SERGIO LEONE ED ENNIO MORRICONE
Il percorso prosegue con pellicole importanti, C’era una volta il west, che conclude l’epoca degli spaghetti-western, e Giù la testa, film sulla rivoluzione messicana. È iniziato, intanto, il mitico sodalizio con Ennio Morricone, recentemente scomparso: in un filmato concesso in anteprima per la mostra e girato dal regista Giuseppe Tornatore, Morricone racconta di aver conosciuto Sergio alle elementari, quando entrambi frequentavano la scuola dei “Carissimi”, come li chiama Morricone, i Fratelli delle Scuole Cristiane che la famiglia Leone aveva scelto per evitare al figlio l’educazione fascista. Quando, nel buio che simula la sala cinematografica, vengono proiettate le immagini di Giù la testa con la famosissima melodia di Morricone, è impossibile non avere un brivido. E fanno sorridere le didascalie degli spartiti celebri, dove si raccontano i litigi fra il musicista e il regista, che poi si mettevano d’accordo per amore dell’arte.
I COLLABORATORI DI SERGIO LEONE
La magia che si è creata con Morricone per la musica, si è ripetuta con altri maestri che hanno accompagnato la carriera di Sergio Leone. È evidente nel lavoro del grande scenografo Carlo Simi, del quale sono esposti numerosi bozzetti, e nelle dediche amichevoli e sfottenti del regista a Simi su una foto dei due amici davanti alla Monument Valley, dove hanno girato C’era una volta il West. In una teca è racchiusa la valigia da lavoro del direttore della fotografia Tonino Delli Colli, protagonista di un altro sodalizio storico con Leone, così come il fotografo di scena Angelo Novi. Gli schizzi ricchi di dettagli degli abiti di Claudia Cardinale, splendida musa western, introducono i costumi, numerosi e autentici (salvo che per il poncho di Clint Eastwood ne Il buono, il brutto e il cattivo, una copia). Dopo un corridoio “uditivo” dedicato alle frasi celebri dei film di Leone, dalla porta del circo di Coney Island si entra nel mondo di C’era una volta in America. Una grande sala circolare, difficile da lasciare, accoglie i costumi originali di Gabriella Pescucci per Robert De Niro, Elizabeth McGovern e James Woods, i bozzetti della Chinatown inventata da Carlo Simi prendendo spunto dalle foto d’epoca, le sceneggiature, parte prima e seconda, del film-testamento di Leone. E ancora una serie di fotografie di Angelo Novi con i cambiamenti del volto di De Niro nel corso del film e tanti fotogrammi e filmati noti.
L’ultima sala è dedicata all’eredità del maestro del cinema: vengono proiettate le citazioni presenti in tanti film che riprendono le scene iconiche delle pellicole di Sergio Leone. E poi brevi interviste ai suoi estimatori e imitatori: Quentin Tarantino, John Landis, Joe Dante, John Carpenter, Giuseppe Tornatore, Bernardo Bertolucci, Carlo Verdone.
‒ Letizia Riccio
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