Tra cinema, musica e Sardegna. Intervista al regista Gianfranco Cabiddu
Da Carloforte e dal Festival Creuza de Mà, una conversazione con Gianfranco Cabiddu su cinema e sonoro, sul rapporto tra regista e musicista
Dal 26 al 30 agosto a Carloforte si è svolta la quattordicesima edizione del Festival Creuza de Mà – Musica per Cinema con al “comando” il regista Gianfranco Cabiddu, cantore di un’isola. Un festival fresco, sociale, senza lustrini ma con molti momenti di dialogo, di scoperta e di convivialità per riflettere sul cinema e su tutti gli elementi che fanno un film, primo tra tutti il suono. Cabiddu, che è anche insegnate al Centro Sperimentale di Cinematografia, ospita al festival gli studenti del secondo anno delle diverse discipline del cinema, facendoli stare insieme e creando un dialogo quindi tra giovani, future maestranze e ambiti diversi di studio.
Come è andata questa 14esima edizione? Come hanno risposto gli abitanti di Carloforte in un momento storico così surreale?
Il festival è andato molto bene. È un appuntamento che anche l’isola aspetta e che sente suo. È un’edizione surreale perché con tutte le necessarie restrizioni dovute al Coronavirus siamo stati costretti a contingentare il pubblico sia negli eventi all’aperto sia negli eventi all’interno del cinema.
Creuza de Mà è un festival rivolto al suono del cinema, e il Maestro Ennio Morricone, cui è dedicata questa edizione, diceva sempre che una buona musica non potrà mai salvare un brutto film. È d’accordo?
Ha assolutamente ragione Morricone. La musica è una delle componenti essenziali di un film. Parla quel linguaggio inconscio non concettuale che è fatto di emozioni e sensazioni. La musica è una parte a cui noi dedichiamo molta attenzione, il suono come elemento del fare un film. Le voci degli attori, i suoni, le atmosfere. Con Creuza de Mà mettiamo a fuoco anche il rapporto tra regista e musicista, quindi come si pensa al suono di un film.
La voce degli attori è un suono del cinema. Il cinema contemporaneo sta perdendo di vista questo aspetto?
Assolutamente si, sembra un suono standardizzato. Se si pensa al cinema di una volta o a voci come quelle di Orson Wells, le parole si arrotondano e diventano musica. La voce dell’attore è un elemento sonoro che deve suonare insieme a tutto il resto.
Il suo percorso artistico e lavorativo inizia con lo studio dell’etnomusicologia e con l’esperienza di tecnico del suono…
Per una serie di casi ho iniziato proprio in questo modo. Ho iniziato come etnomusicologo facendo ricerca ma anche documentari etnografici e lavorando per studiare la musica ho cominciato ad appassionarmi al cinema. Quando i concorsi universitari tardavano ad arrivare, per stabilizzarmi ho iniziato a lavorare come tecnico del suono. Facendo questo ho avuto la fortuna di lavorare con grandi registi come Mario Monicelli, per cui dal baracchino del suono ho potuto vedere tutti i mestieri del cinema. È stato come andare a scuola dal punto di vista del lavoro del set. Occupandomi sempre di musica, dopo e da regista quando ho potuto ho sempre fatto incursioni nella musica con documentari e anche film. L’ultimo che ho fatto è Il flauto magico con l’orchestra di Piazza Vittorio ed è stato un sogno che si è realizzato, quello di fare un musical. Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi musicisti e ho conosciuto Ennio Morricone quasi da subito. Ho iniziato con Giuseppe Tornatore che eravamo due ragazzi di provincia di due isole che arrivavano a Roma, per cui questa edizione di Creuza de Mà non poteva non essere dedicata a Ennio, e ho avuto il piacere di fare vedere una piccola sequenza del documentario che Tornatore ha fatto su di lui e che uscirà nel 2021. E abbiamo fatto vedere alcune interviste che io ho fatto a Ennio negli anni in quanto lui carinamente ci supportava come Presidente onorario in questo progetto che stiamo mandando avanti di una scuola di musica per cinema.
Franco Piersanti e Nicola Piovani sono due dei grandissimi compositori con cui ha lavorato. Che rapporto si istaura tra regista e musicista? Di solito si parla sempre di regista e sceneggiatore o regista e montatore…
Ho lavorato soprattutto con Piersanti, e con Piovani all’inizio. Si istaura un rapporto di fiducia. È un po’ come un rapporto tra due amici, non si può parlare di musica, per cui si cerca di affinare le proprie sensibilità e di vedere il sentimento sonoro del film alla stessa maniera. Ci si scontra anche, si hanno ripensamenti, però la cosa importante rispetto al suono nel cinema è che siamo tutti e due dalla parte del film. Certe volte è il film che comanda e l’ego si abbassa, privilegiando quello che funziona e ciò di cui il film ha bisogno. Siamo degli artigiani nei confronti del film.
Il festival Creuza de Mà ha un momento magico che si ripete di anno in anno: il concerto al tramonto davanti al mare. Come è nata questa idea?
Abbiamo ragionato sul rapporto tra il suono e l’ambiente intorno. C’è un sentierino, appunto un creuza, che porta al mare e arriva in un posto magico che è un anfiteatro naturale tra le rocce. I musicisti stanno al lato di un fondale dove si può vedere e gustare il tramonto. La musica affianca la discesa del sole. Tutti gli spettatori sono dotati di una cornicetta, un traguardino, per cui possono fare fotografie guardando attraverso questo buchetto, allontanandolo hanno i primi piani e avvicinandolo un grandangolo. Il film è il tramonto, la musica è quello che, in questo posto senza amplificazione meccanica, arriva. In base al vento la musica volteggia e si sente il rumore del mare, degli uccelli, tutto si mischia un po’. Noi mettiamo la colonna sonora e la natura realizza un film che è sempre diverso.
Qui l’omaggio a Morricone…
Si, portando un trio classico d’archi per suonare la musica di Ennio nel modo più classico, con l’aggiunta di un organetto sardo, una spruzzata di suono etnico.
Cinema, musica o Sardegna. Quale è vero amore per Gianfranco Cabiddu?
Tutti e tre convivono, la maledizione è la curiosità. Se messe tutte e tre insieme può nascere solo bellezza. Il bel cinema, la bella musica, la bella Sardegna.
– Margherita Bordino
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