Cinema: Notturno di Gianfranco Rosi arriva nelle sale italiane
Dopo Sacro Gra e Fuocoammare il regista Gianfranco Rosi prende nuovamente la macchina da presa e parte per un viaggio lungo tre anni, in Medioriente, lungo il confine fra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano. Un film sulle persone che vivono in questo confine. Al cinema con 01Distribution.
Oltre il conflitto. Storie di persone che vivono lungo il confine del Medioriente. Storie di persone che vivono l’eco della guerra. Notturno di Gianfranco Rosi è in Concorso alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia. Un documentario che immagine dopo immagine smuove una serie di sentimenti ed emozioni, non forza l’animo ne tenta di essere estremo. Mostra vite lontane dalle nostre, là dove bombe e armi scandiscono il tempo tra giorno e notte. Notturno non è un documentario sulla guerra. È un documentario sulle persone che subiscono la guerra, a pochi passi da loro, come presenza opprimente e che non permette di pianificare il futuro. Notturno è un film di confine, che circoscrive un territorio bistrattato, ambito da molti e ferito negli anni da tirannia, terrorismo e nuovi “invasori”.
NOTTURNO: LA TRAMA
“Figlio mio, perché mi hai lasciata sola con tuoi figli” è il lamento di una madre in lacrime disperata per la morte del figlio. Un’immagine forte tra le prime di Notturno. È un racconto di disperazione, di incredulità, di dolore. Di una donna che torna nel luogo dove il figlio è stato seviziato ed ucciso. Nella stanza dove ha vissuto da solo la sua agonia. “Qui sei stato picchiato, torturato, ti hanno ucciso”, continua questa madre. Quello che Rosi riprende è il logoramento di una donna davanti a un destino che non ha scelto e che subisce. Momento emblematico di quasi tutto il documentario. Nonostante ciò Notturno non è un documentario sul dolore. Questo è inevitabilmente percepibile ma l’occhio di Rosi e quello della telecamera guardano, osservano ben oltre. Guardano i colori del territorio, la cultura di questi popoli, il differente approccio a una quotidianità che forse noi non sapremmo neanche affrontare.
IL REGISTA GIANFRANCO ROSI
Gianfranco Rosi è l’osservatore perfetto. Vicino, attento, non disturbante. Ogni immagine è un quadro con una sua storia. Storia che si respira dal silenzio, dai colori, dai suoni e dai rumori. Di certo il silenzio è ciò che fa più rumore. È il silenzio dell’attesa, che qualcosa possa accadere, che qualcuno a distanza possa aprire il fuoco. Un uomo prega per le strade, un altro si prepara a fare la guardia, un gruppo di persone di un ospedale psichiatrico si accinge a preparare uno spettacolo, alcuni bambini sopravvissuti raccontano la violenza vista e ricevuta. Tutte storie cruciali, di momenti cruciali. E da alcune di queste viene fuori il senso della patria, della resistenza, nonostante sia una patria colpita più volte e anche stremata. “Gli interessi personali prima degli interessi dei cittadini” dice un uomo. Una frase schiacciante che riflette la condizione umana di chi vive quel confine che Rosi racconta e mostra e le terre di mezzo che ne fanno parte. Una condizione che ci accomuna però, che ci rende tutti vittime dello stesso carnefice, l’egoismo dell’uomo.
–Margherita Bordino
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