Con Lei mi parla ancora emerge il miglior Pupi Avati degli ultimi tempi
Dal libro di Giuseppe Sgarbi, padre di Elisabetta e Vittorio, al film di Pupi Avati, che ne racconta il perché e il come questa grande storia d’amore è stata scritta. È l’amore in senso assoluto, immortale e per sempre. Ed è anche l’amore di una figlia che si prende cura del dolore del padre.
In Lei mi parla ancora c’è tutto il meglio di Pupi Avati. C’è la storia d’amore che dura nel tempo, c’è il suo linguaggio, ci sono i momenti onirici, c’è la sua terra, ci sono i grandi silenzi. Il film arriva in prima assoluta su Sky e NOW TV l’8 febbraio e ha nel cast Renato Pozzetto, Fabrizio Gifuni, Chiara Caselli, Lino Musella, Stefania Sandrelli e Alessandro Haber. Lei mi parla ancora è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi, il padre di Elisabetta e Vittorio, lei a capo de La nave di Teseo, lui critico d’arte e politico, che però in questo film scompaiono e sono semplicemente Figlia e Figlio. Una scelta che la dice lunga sulla direzione voluta dal regista de Il cuore grande delle ragazze. Pupi Avati torna dietro la macchina da presa dopo Il Signor Diavolo (2019): se quel film aveva segnato il suo ritorno al genere che tanto gli è caro e che perfettamente gli riesce, con questo lavoro possiamo ammettere di trovarci davanti al migliore Avati degli ultimi tempi. È vero che la storia d’amore di Giuseppe Sgarbi ha una potenza narrativa assoluta ma Avati, che ha scritto la sceneggiatura insieme al figlio Tommaso, ha saputo creare una congiunzione perfetta nel raccontare il “per sempre” in modo sincero e non melenso. Lei mi parla ancora non è solo la storia d’amore tra due persone che sono state insieme tutta la vita. È anche la storia di un incontro, quello tra Nino e un ghost writer, giocato e strutturato su più corde emotive, è la storia dell’amore di una figlia che si prende cura del dolore del padre.
LEI MI PARLA ANCORA: LA STORIA DI NINO E CATERINA
Nel film si va avanti e indietro nel tempo. Vediamo Nino e Caterina nel loro innamoramento, nel matrimonio e successivamente negli ultimi attimi insieme. Ciò che sappiamo di loro è raccontato da Nino che, dopo sessantacinque anni di matrimonio, si ritrova da solo. Alla morte di Caterina la figlia, nella speranza di aiutare il padre a superare la perdita, gli affianca un editor con velleità da romanziere per scrivere, attraverso i suoi ricordi, un libro sulla storia d’amore della sua vita. Questo editor è un po’ diffidente: ha alle spalle un divorzio costoso e complicato, accetta il lavoro solo per soldi e non riesce a rapportarsi con la personalità di Nino, un uomo profondamente diverso da lui. Al principio nessuno dei due accetta di fare entrare l’altro nel proprio mondo, poi qualcosa cambia e il loro rapporto viene travolto dai ricordi vividi e dai sentimenti pulsanti. Nino anche dopo la scomparsa di Caterina riesce a comunicare con lei, a sentirla accanto a sé ogni giorno, e la sua storia diventa per il ghost writer non un lavoro come tanti, ma un momento di ricchezza personale e anche spirituale. È il testimone di una storia d’immortalità. Pupi Avati non invade la storia di Nino, né la ricostruisce in tutta la sua profondità. Sceglie di mostrare i ricordi di questo grande amore dal back stage, soffermandosi sul come e sul perché è nato questo meraviglioso libro.
ALLA FIGLIA L’INTUIZIONE DI UN LIBRO, PER SEMPRE
Alla figlia di Nino e Caterina, che in questo caso non trattiamo esclusivamente da personaggio del racconto, va il merito di avere intuito che questo grande amore potesse essere per tutti un messaggio di immortalità. Elisabetta Sgarbi in una recente intervista ha raccontato che quando propose al padre di scrivere questo libro lui le rispose “a chi vuoi che interessi”. Dopo la visione del film e la lettura del libro saranno spettatori e lettori a dare una risposta a Giuseppe Sgarbi, venuto a mancare nel gennaio del 2018. Quello che possiamo dire è che una storia così va oltre tutto, oltre il tempo, oltre la presenza, oltre l’assenza. A vestire i panni della figlia di Nino nel film è Chiara Caselli, che già ne Il Signor Diavolo aveva dimostrato un grande carattere da interprete. Lei non è solo un’attrice, è anche regista e fotografa, e parlando di questa nuova collaborazione con Avati ci ha confidato: “Pupi Avati mi ha regalato una cosa che pensavo non sarebbe più successa. Mi si era affievolito, appannato il desiderio di recitare che lui mi ha restituito. In questo film il mio personaggio è il racconto di una figlia che perde la mamma e che difronte al dolore del padre, al vederlo così sperso, per dare un senso al suo vagare e agli anni che si troverà difronte gli affianca un ghost writer. Lei così si prende cura del padre e del dolore che sta vivendo. Questa figlia non solo fa la figlia ma va avanti, ha un motore sempre acceso, instancabile. Qualche volta crolla ma poi si riprende, riparte”.
LEI MI PARLA ANCORA: IL PUNTO DI VISTA DI PUPI AVATI
“Ho condiviso molte delle riflessioni di questo anziano signore di Ro Ferrarese, fino a farlo diventare un mio film. Per poterlo fare, ho pensato non di illustrare il libro ma di raccontare come è nato il libro. Attraverso tale espediente questo vecchio è stato indotto a raccontare la sua vita a un uomo più giovane. Da lì è nata la dialettica che vediamo”, ci racconta Pupi Avati. Lei mi parla ancora non è solo la storia di Giuseppe Sgarbi e di Caterina Cavallini. È una storia d’amore universale. In Nino e in Caterina, ma anche negli altri personaggi, ci siamo tutti noi. Quelli che hanno avuto un grande amore per tutta vita, quelli che lo hanno osservato in qualcun altro, quelli che lo desiderano o lo hanno desiderato, quelli che ci sperano. “I film sono un po’ la somma di tutti i film che abbiamo fatto prima e di gran parte della vita che abbiamo vissuto. Ed è difficile tenerla fuori, almeno da come vivo io i film, visceralmente”, continua Pupi Avati. “Qui c’è forse una sfrontatezza in più rispetto ai miei film precedenti, nel senso che questa è veramente una storia di assoluti in cui si parla di immortalità, di per sempre, locuzione avverbiale che ormai è uscita dal nostro lessico. Nessuno parla più di ‘per sempre’, non attribuisce il ‘sempre’ a niente se non alla morte. Con questo film mi torna indietro, da parte di chi l’ha visto, qualcosa che non mi accadeva da anni e anni. C’è qualcosa che non attribuisco a una mia qualità o impegno particolare. C’è qualcosa che mi sfugge, che evidentemente tocca nel profondo le persone”. Il film Lei mi parla ancora si conclude con una riflessione aperta a tutti e tratta da Cesare Pavese: “L’uomo mortale, non ha che questo d’immortale. Il ricordo che porta è il ricordo che lascia”.
– Margherita Bordino
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