WandaVision è la serie del momento? Intervista al Production Designer Mark Worthington
Ha una costruzione scenica strepitosa. Dai colori alle linee dei mobili, dai costumi al linguaggio. WandaVision è la sitcom perfetta. Un mix tra ieri e oggi fatto di grande ricerca e nuove ispirazioni.
Eccellente, divertente, una grande sorpresa. Il 15 gennaio sono arrivati su Disney+ i primi due episodi di WandaVision e da quel momento, un episodio per volta a settimana, tantissimi fan stanno con il fiato sospeso e fanno attenzione a schivare ogni possibile spoiler. Eh sì, perché quando si parla di universo Marvel la questione spoiler è veramente seria! WandaVision è una sitcom americana in piena regola. Catapulta lo spettatore nella love story di Wanda e Visione, nella loro vita di tutti i giorni e soprattutto in una dinamica insolita, non da supereroi ma da esseri umani comuni tra lavoro in ufficio, faccende di casa e figli da crescere. Come si sa anche dai fumetti, quello che vediamo in realtà è frutto della mente di Wanda e c’è grande attesa per come sarà costruito dal Marvel Cinematic Universe il finale di questa stagione. Andando oltre la storia in sé e i personaggi vecchi e nuovi di questo capitolo della Marvel Studios, WandaVision offre una costruzione scenica incredibile. Un assetto visivo e scenografico che non solo passa dal bianco e nero al colore, ma che percorre e cavalca i decenni, partendo dagli anni ’50 in poi. E quindi sì, il set in WandaVision è assolutamente un attore principale. Il Production Designer della serie è Mark Worthington che vanta un percorso professionale di altissimo livello. Il suo nome infatti lo si legge in importantissime serie tv come Ungly Betty (dal 2006 al 2010) o American Horror Story (dal 2011 al 2015). Abbiamo parlato con Mark Worthington del lavoro svolto per rendere credibile la casa di Wanda e Visione e di cosa ha comportato iniziare la serie in bianco e nero per poi passare a colori.
In WandaVision è evidente un grande lavoro di squadra per mantenere autenticità di epoca in epoca. È stato un lavoro in senso cronologico? Da quale epoca siete partiti?
Abbiamo preso come riferimento le sitcom di questi periodi specifici e abbiamo così ricostruito gli anni ’50, ’60, ’70 e ’80. Abbiamo fatto un lungo lavoro di ricerche non solo sul contenuto delle sitcom di allora, ma vere e proprie ricerche visive su come venivano allestiti quei set, su come sono stati pensati quei progetti, e così via. Abbiamo esaminato ogni aspetto in modo specifico. Se non l’avessimo fatto, non avremmo avuto alcuna nuova ispirazione per creare la nostra sitcom, e non sarebbe stata la nostra sitcom ma la loro. Anche perché copiare del tutto quegli schemi lì non sarebbe stato adatto né ai personaggi né alla natura stessa della storia. Volevamo creare la nostra versione della sitcom americana anni ’50 e ‘60, pur mantenendo alta la consapevolezza di ogni periodo. Abbiamo costruito lo spettacolo assicurandoci che ogni periodo mantenesse quindi le proprie caratteristiche.
Se non sbaglio la prima puntata è stata girata con il pubblico in presenza. L’assetto scenografico è cambiato? Se sì, in che modo nelle puntate successive?
L’assetto è rimasto quello. È stato davvero divertente osservarlo e realizzarlo, cambia tutta la tua percezione su come funzionano queste cose. Anche oggi ci sono sitcom girate davanti al pubblico e siamo andati sul set di una sitcom a Los Angeles per vedere come avveniva una registrazione. Ci siamo fatti un’idea di cosa fosse e come deve essere configurata. Molte sitcom vengono girate fondamentalmente con tre telecamere e su un set aperto. Non lo vedi ma lo immagini. E noi fondamentalmente abbiamo impostato tutto su questa logica di tre telecamere e la presenza di un pubblico. È stato impostato tutto come un mix tra ieri e oggi. Il setup era quello; semplicemente dopo non abbiamo avuto il pubblico lì.
La scenografia della serie non solo ha dovuto tenere conto del cambio di epoca, di codici della sitcom, ma anche dei colori. In particolare del passaggio dal bianco e nero al colore. Si è trattato di un cambiamento complesso?
Sì, il bianco e nero è stato impegnativo. Entrando nel dettaglio… Ovviamente il set che riguarda gli episodi in bianco e nero è anche a colori, e abbiamo scelto tutti i colori perché era fondamentale capire come reagiva ogni singolo colore trasferito in bianco e nero. Abbiamo fatto molti test per ottenere un buon risultato. E poi, una volta fatto il passaggio al colore, abbiamo scelto una tavolozza che fosse appropriata per la nostra sitcom anni ‘60. In quegli anni diverse sitcom sono iniziate in bianco e nero e poi sono diventate a colori nella seconda o terza stagione, è stata un’interessante trasformazione da osservare. Abbiamo preso in osservazione quel cambiamento e al tempo stesso abbiamo scelto dei colori fortemente riconoscibili degli anni successivi, e quindi i ’60.
I primi tre episodi sono quelli in cui lo spettatore fa sicuramente molta più attenzione a tutto ciò che sta intorno a Wanda e Visione e sono evidenti i richiami al The Dick Van Dyke Show. Quanto avete attinto dalla tradizione cinematografica e televisiva per ricostruire e creare l’interno della casa dei nostri protagonisti? Ci sono architetti o designer di riferimento per quegli anni?
È stato molto interessante. Abbiamo osservato tutto questo sempre focalizzandoci sugli anni ’50 e ’60. Anche se per quanto riguarda il design non abbiamo usato nessuna reference precisa. Abbiamo cercato tutto ciò che fosse riconoscibile, come le linee dei mobili di quegli anni. Quello che ci interessava era ricreare l’interno di un ambiente domestico tipico della classe media. Abbiamo trovato molti pezzi in alcuni negozi dell’usato, altri attingendo a case di scena a Los Angeles. Insomma, abbiamo cercato dove abbiamo potuto ma senza avere a mente il nome di un designer specifico. Il nostro obiettivo era essere il più vicino possibile alla sensibilità del set design di una sitcom anni ’50 mantenendo e preservando la natura della storia che stavamo raccontando.
Wanda e Visione sono due esseri super potenti che vivono una vita suburbana idealizzata. Quali elementi di scena sono stati necessari per rendere Wanda e Visione a tutti gli effetti delle persone comuni?
È una sitcom ambientata negli anni ’50, ha lo scopo di replicare una casa di quella classe media, quindi ci sono degli indizi ovunque e molti riguardano il guardaroba. È stato fatto un lavoro fantastico su questo, con gli abiti, il trucco, i capelli. Non è questo il divertimento?! Il Marvel Cinematic Universe ha il suo Visione ed è un sintetizzatore, una macchina, mentre qui si trasforma in essere umano, come vediamo negli episodi, ed è la vera grande trasformazione. Per quanto riguarda Wanda, è bello vedere i suoi vestiti, le sue acconciature, il linguaggio che usa, tipico di un personaggio di una sitcom anni ’50. È la perfetta moglie per una sitcom! Nella serie è tutto costruito su un contrasto stridente e divertente e su alcune inevitabili domande: cosa sta succedendo? Perché Wanda e Visione sono arrivati qui? Sono personaggi che conosciamo perfettamente ma in un contesto del tutto differente. In questa serie li comprendiamo pienamente.
– Margherita Bordino e Giulia Ronchi
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