Raya e l’ultimo drago, il viaggio della Disney nel sud est asiatico
Sarà un successo o un’occasione mancata? La Disney è pronta a presentare al pubblico una nuova principessa proveniente dal sud-est asiatico. Per Raya e l’ultimo drago niente principe azzurro ma un gruppo di estranei che impara a fidarsi e fare squadra. Obiettivo: salvare l’umanità.
Dopo Vaiana o Elsa, rispettivamente in Oceania e Frozen, è nata un’altra eroina animata della Walt Disney piena di coraggio e grinta, capace di affrontare ogni cosa senza l’obbligo del principe azzurro. Con Raya e l’ultimo drago diciamo addio definitivamente alle principesse di una volta e diamo inizio a una nuova era. Raya è una principessa, una guerriera, una teenager pronta a debuttare insieme ai suoi compagni d’avventura su Disney+ con Accesso Vip dal 5 marzo, e se le sale cinematografiche dovessero riaprire veramente a fine mese, potrebbe essere il primo grande titolo destinato ai cinema italiani. Dopo il live action di Mulan la Disney accompagna gli spettatori in un altro viaggio nell’universo orientale, questa volta precisamente nel Sud Est asiatico. In uno spaccato culturale del tutto differente dal nostro per usi, costumi, tradizioni, a iniziare dalla figura del drago, in quei paesi concepito non come un essere cattivo che sputa fuoco ma come un animale positivo, simbolo di vita e di fiducia.
POTEVA ESSERE MA NON È
Ci troviamo davanti ad un affresco veramente realistico del sud-est asiatico: ci sono i colori, gli abiti, i tratti, le architetture, il cibo. E c’è inoltre la grande metafora che rende attualissimo questo film ambientato indietro nel tempo. I più attenti noteranno anche diverse autocitazioni alcune legate all’universo Disney dell’animazione, altre al mondo degli altri brand, tra tutti Star Wars. A questo va aggiunto che Raya e l’ultimo drago è un film che ha alla base l’inclusione – del nemico, di colui che esteticamente è diverso da noi, di chi viene da un’altra terra – e ha anche un’evidente scintilla saffica. C’è solo un problema: tutte queste buone premesse sono trattate in modo superficiale, o meglio, restano in superficie per un pubblico adulto, e al tempo stesso non hanno quella miccia fantastica, da sogno o da supereroe, tanto accattivante per i più piccoli. Non è assolutamente un brutto film anzi, è uno dei migliori progetti degli ultimi tempi. Gli manca però quel qualcosa che lo avrebbe reso il film d’animazione dei nostri tempi, come è stato d’altronde nello scorso decennio con il primo Frozen. Scaviamo meglio in questa storia…
ALLA RICERCA DELLA FIDUCIA
L’epica avventura di Raya e l’ultimo Drago è ambientata nel mondo fantastico di Kumandra dove umani e draghi vivono insieme in armonia fin quando si presenta l’improvvisa minaccia di una forza malvagia che trasforma gli uomini in pietra, e così i draghi decidono di sacrificarsi pur di salvare l’umanità. Quando 500 anni dopo la stessa forza malvagia fa ritorno, la principessa Raya deve trovare l’ultimo leggendario drago per unire nuovamente il popolo di Kumandra. Si ritrova però completamente sola, non le è rimasto nient’altro che la spada di suo padre e il suo amico Tuk Tuk. Durante il suo viaggio, Raya impara che non le basterà solo un drago per salvare l’umanità ma dovrà ritrovare la fiducia versa l’altro, anche se questo è stato prima suo nemico. “Questo è il viaggio di Raya per imparare a fidarsi”, dice il regista Don Hall, “dopo che la sua fiducia è stata così profondamente infranta quando era bambina”. “Non si può davvero arrivare all’unità senza fiducia, e per Raya sarà necessario fidarsi di un gruppo di estranei se vuole avere una Kumandra unita”, aggiunge Carlos López Estrada, co-regista del film. Raya e l’ultimo drago è quindi un viaggio fisico ma anche interiore. Non solo Raya deve trovare l’ultimo drago, distruggere il Druun e salvare il suo mondo, ma deve ritrovare l’armonia in se stessa e verso gli altri. Alla fine del viaggio Raya avrà imparato a credere negli altri, a fidarsi, a fare lavoro di squadra.
SISU, IL DRAGO SECONDO LA TRADIZIONE ORIENTALE
Raya e l’ultimo drago è un film d’animazione che si basa sulle relazioni. La più importante per immediatezza è quella tra Raya e Sisu, il leggendario drago d’acqua. Mentre nel film predominano i colori della terra – marrone, verde, beige -, gli unici personaggi ad avere colori più dolci sono proprio i draghi e tra tutti il nostro Sisu. Il suo colore predominante è il celeste che lo lega inevitabilmente alla palette marina. “In tutte le diverse culture dell’Asia, incluso il sud-est asiatico, c’è un forte amore e affetto per i draghi, ma questi draghi sono molto diversi da ciò che vediamo in Game of Thrones, per esempio”, dice Qui Nguyen, che ha scritto la sceneggiatura con Adele Lim. “Significano fortuna. Significano poteri che affermano la vita e forza d’animo, e quegli aspetti erano importanti da approfondire poiché Raya è un eroe ispirato al sud-est asiatico”. Alla sua spiegazione si aggiunge la produttrice Osnat Shurer: “Il drago è interpretato in tutto il mondo in modo molto diverso. Il drago europeo è un drago sputafuoco; il drago asiatico, invece, è più connesso all’acqua, alla vita e all’armonia. Scavando più a fondo negli elementali dell’acqua e nelle divinità dell’acqua del sud-est asiatico abbiamo appreso dei Naga, che sembrano più serpentini. I Naga sono stati una delle più forti ispirazioni per il design di Sisu nella sua forma di drago”. Sisu non è solo un drago venerato e potente, è anche un compagno di viaggio amichevole e divertente, imbranato e curioso del mondo. Un personaggio comico che sicuramente sarà molto amato. Che ci sia un vago legame con Mushu?
LE DONNE FORTI RITRATTO DEL SUD EST ASIATICO
Il Sud-est asiatico è il punto di partenza del film oltre che l’ambientazione stessa della storia. Una lunga ricerca è stata fatta sulla cultura di quei paesi e lo stesso personaggio di Raya non è un caso che sia una principessa differente dalle altre. Questa scelta non riguarda solo l’eco attuale del femminismo, ma anche un vero e proprio aspetto culturale. “Nel sud-est asiatico, c’è una grande tradizione di leader donne, leader militari e guerriere”, dice la sceneggiatrice Adele Lim. A lei si aggiunte Qui Nguyen: “io e Adele abbiamo tratto ispirazione per le famiglie dai nostri genitori. Specificamente per me, da mia madre. So cosa ha dovuto passare quando è arrivata in questo paese. E solo per avere quel tipo di spirito combattivo”. Temperamento e cultura, per i filmmaker era importante costruire un personaggio che mostrasse il vero spirito del sud-est asiatico come non è mai avvenuto fino ad ora. L’altra donna importante del film è Namaari. È la figlia del Capo delle terre Fang ed è determinata a fare tutto il necessario per proteggere il suo popolo. Fredda, algida e doppiogiochista, ha nel profondo un amore segreto per i draghi. Prima di tutto è però la rivale di Raya con cui ha al tempo stesso un’importante connessione. Anche lei è una donna forte cresciuta a sua volta da una guerriera. Entrambe vogliono proteggere la loro gente, la difficoltà sta nel modo giusto per farlo.
– Margherita Bordino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati