Perché la serie Tv Rai su Leonardo da Vinci ci ricorda Montalbano?
Le riflessioni dello storico dell’arte Fabrizio Federici sulla prima puntata dello sceneggiato “Leonardo” andata in onda su Rai Uno. Cosa succede se la finzione prende il sopravvento sulla realtà?
Martedì 23 marzo è andata in onda su Rai Uno, in prima serata, la puntata d’esordio della serie TV Leonardo. L’avvio di questo nuovo sceneggiato, come si diceva un tempo, è stato salutato dal successo, come mostrano i dati sugli ascolti (7 milioni circa di spettatori, con uno share del 28,2%) e il profluvio di commenti, meme, recensioni sui social. Un successo che è stato accuratamente preparato da una massiccia campagna promozionale, non priva di raffinatezze (come quella di lasciar presagire un Leonardo etero, o quantomeno bi, con relative, benvenute polemiche, quando invece nella fiction, almeno finora, i rapporti dell’artista con il gentil sesso non vanno oltre un’affettuosa amicizia). I tanti commenti in rete sono stati in larga parte di segno negativo (poco importa: l’importante è che se ne parli). Ci sono stati, è vero, alcuni spettatori che hanno espresso il loro gradimento, sottolineando le buone prove dei protagonisti (Aidan Turner, Matilda De Angelis, Giancarlo Giannini, Poppy Gilbert), alcune qualità della regia e della fotografia, il fatto che non predomini il binomio sesso e violenza, come in tante altre serie in costume degli ultimi anni.
LA SERIE “LEONARDO”: LE CRITICHE
I detrattori hanno concentrato i loro strali su due aspetti: la notevole modernizzazione delle situazioni e dei dialoghi e il fatto che le vicende narrate, con gli accadimenti biografici di Leonardo, c’entrano davvero poco. Quanto al primo punto, sono molti i passaggi che hanno fatto storcere il naso ai ‘puristi’ (o magari li hanno fatti prorompere in una risata): la presentazione del Battesimo di Cristo di Verrocchio così simile – calici di prosecco a parte – a una vernice in una galleria d’arte contemporanea; la trasformazione di Caterina da Cremona, respinta da Leonardo, nella sua migliore amica, e dunque nell’antesignana delle ‘frociarole’; il ricorso a modelle discinte nelle botteghe dei pittori, una pratica che prende avvio un paio di secoli più tardi. Altri aspetti su cui si è attirata l’attenzione possono essere invece etichettati come errori storici o incongruenze: Verrocchio, ai tempi del Battesimo, aveva circa 40 anni, mentre nel film è interpretato dall’ormai anziano Giannini; lo studio dal vero, con modelli in posa, del Battesimo stesso, secondo una pratica poco verosimile (la messa a punto della composizione dovette essere tutta mentale, e definita attraverso successivi schizzi e studi su carta). A questi episodi si può affiancare, tra il serio e il faceto, il fatto di sentire il toscanissimo Leonardino che grida disperato: «Papà, papà, papà!». Una vera pugnalata.
LA SERIE “LEONARDO”: QUANTO DI VERO E QUANTO DI FANTASIA?
Al di là dei singoli punti qui richiamati (e di altri che si potrebbero aggiungere), l’aspetto più rilevante appare il notevole scostamento tra i fatti narrati e le vicende biografiche dell’artista. Queste sono sì ripercorse, così come è rispettata la successione delle opere (anzi, avere dato spazio a lavori come la Ginevra de’ Benci e l’Adorazione dei Magi, quando per molti Leonardo non è altro che la Gioconda e l’Ultima Cena, è una nota di merito). Ma tutta la vicenda principale (il rapporto del maestro con Caterina da Cremona, l’omicidio della ragazza, le indagini sul caso dell’‘investigatore’ Stefano Giraldi) è opera di fantasia. Non ci sarebbe nulla di male in questo: si ha naturalmente il diritto di manipolare e trasformare i fatti biografici e l’eredità artistica di Leonardo, così come di qualunque altra grande figura. La ripresa, la reinvenzione, la contaminazione sono il motore dell’arte. Il problema sorge quando non si intitola la serie TV, che so, Il commissario Giraldi, ma semplicemente Leonardo. E quando si presenta il prodotto come la ricostruzione della biografia di Leonardo, certo un po’ ‘romanzata’, in modo che non risulti una «rottura de palle», per citare la spigliata Matilda De Angelis (come se una ricostruzione filologica dovesse per forza essere di una noia mortale). L’ingannevole presentazione del prodotto, che culmina nel titolo monolitico, ha lo scopo di ampliare la platea: nella rete a strascico finiscono (almeno per la prima puntata) non solo gli appassionati del genere poliziesco o gli amanti dei film in costume, ma anche chi è affascinato dalla figura di Leonardo e vuole saperne di più sul suo conto, e le maestrine e i maestrini dalla penna rossa ansiosi di trovare, con sadomasochistico piacere, un bel po’ di imprecisioni.
I RISCHI DI UNA BIOGRAFIA ROMANZATA
Le conseguenze di una certa mancanza di onestà, tuttavia, possono essere pesanti: chi non si avvicina alla visione con una certa preparazione culturale pregressa difficilmente può distinguere la realtà dalla finzione. E allora può andare a dormire contento di avere imparato che il giovane Leonardo diede un determinante contributo alla realizzazione verrocchiesca dell’enorme palla in rame dorato che sormonta la lanterna della cupola del Brunelleschi; o che Verrocchio cacciò Leonardo dalla sua bottega a seguito dello scandalo suscitato dal processo per sodomia a carico dell’artista. Contento dunque di aver imparato come vere cose non vere. Bisogna sempre stare attenti a non far passare come momenti di divulgazione degli elementi di finzione; tanto più in un caso come questo, in cui di divulgazione in senso stretto, intesa come un discorso serio ma di ampia accessibilità sulla figura e sull’opera di Leonardo, ce n’è (almeno finora) pochina. È una storia romanzesca che ha per protagonista un pittore, che potrebbe tranquillamente essere Botticelli, Caravaggio o Jackson Pollock. Cosa che va benissimo eh: basta non ammantarla di paroloni, per dimostrare che la Rai così «fa cultura». Si può fare praticamente tutto: basterebbe, come in tutte le cose, un po’ più di onestà.
– Fabrizio Federici
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