È morto a 88 anni l’attore Jean-Paul Belmondo, il “Bébel” della Nouvelle Vague
Ha recitato in oltre 80 film, lavorando assieme a grandi registi come François Truffaut, Alain Resnais e Jean-Luc Godard, dividendosi poi tra cinema d’autore e commerciale. È comparso anche sulle pellicole italiane, come la Ciociara di Vittorio De Sica del 1960.
Il mondo del cinema piange la scomparsa di Jean-Paul Belmondo, morto il 6 settembre 2021 all’età di 88 anni. Attore cinematografico e teatrale francese, nato a Neuilly-sur-Seine (Parigi) nel 1933 e figlio dello scultore Paul Belmondo, è stato un simbolo della Nouvelle vague, lavorando con registi del calibro di François Truffaut, Alain Resnais, Jean-Luc Godard e riscuotendo grandissimo successo a partire dagli anni Sessanta. Fisico asciutto ed energico, personalità dinamica, mimica fortemente espressiva e naso schiacciato (da sempre tratto caratteristico del suo volto) ha privilegiato l’interpretazione di ruoli del malvivente o del poliziotto simpatico e scanzonato contrapponendosi in questo a un altro divo coevo, Alain Delon. Aveva recitato anche in Italia, diretto da Alberto Lattuada, Vittorio De Sica (ne La ciociara, del 1960, aveva vestito i panni di un intellettuale occhialuto), Renato Castellani e altri, accanto a Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale, Sophia Loren e Stefania Sandrelli.
https://www.youtube.com/watch?v=dOtzRmir8D0
IL CINEMA DI JEAN-PAUL BELMONDO
Jean-Paul Belmondo si è formato al Conservatoire national supérieur d’art dramatique di Parigi, per poi abbandonare il teatro in favore del cinema. Il suo esordio avviene nel 1960 con Fino all’ultimo respiro di Godard: fu il sodalizio con il grande regista a valorizzare pienamente le sue doti artistiche e dando al suo personaggio una connotazione ironica e anticonformista. I due lavorarono successivamente assieme anche ai film La donna è donna (1961) e Il bandito delle undici (1965). Durante la seconda metà degli anni Sessanta prese parte ad altre pellicole d’autore, come Il ladro di Parigi (1967) di Louis Malle come protagonista maschile e La mia droga si chiama Julie (1969) di François Truffaut. Emerso con la Nouvelle vague, si diede poi al cinema commerciale, trionfando negli anni Settanta come divo del thriller e del poliziesco francese, diretto soprattutto da Jacques Deray, Philippe de Broca e Henri Verneuil. Dal 1987, l’attore ha ripreso l’attività teatrale con diversi spettacoli, come il Cyrano de Bergerac. Nel 1963 aveva pubblicato Trente ans et vingt-cinq films (Trent’anni e venticinque film), sua autobiografia. “Rimarrà per sempre Le Magnifique” ha twittato il presidente francese Emmanuel Macron unendosi al commiato per la morte dell’attore. “Jean-Paul Belmondo era un patrimonio nazionale, pieno di brio e risate, con parole forti e corpo agile, eroe sublime e figura familiare, temerario e mago delle parole. In lui ci siamo ritrovati tutti”. Inoltre, “la Biennale di Venezia tutta ricorda con grande affetto e ammirazione Belmondo, icona del cinema francese e internazionale, e primo straordinario interprete dello spirito di modernità tipico della Nouvelle Vague”, ha scritto l’istituzione che nel 2016 lo aveva premiato con il Leone d’oro alla carriera.
-Giulia Ronchi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati