Antebellum: un film in due tempi da vedere o rivedere
Si gioca su due diversi piano temporali, questo film che si intitola Antebellum. Pecca un poco di formalismo ma solleva questioni importantissime
XXI secolo. Veronica Henley, sociologa specializzata nei diritti civili, è in Louisiana per il tour promozionale del suo libro La caduta dell’indole mite, in cui porta alla luce le problematiche razziali nell’America trumpiana e incita la comunità femminile afroamericana a conquistare combattendo il proprio posto nella società contemporanea. Lungo un’altra linea temporale, Eden, la stessa Veronica ora nei panni di una schiava in una piantagione di cotone durante la guerra civile americana, viene ridotta al silenzio e alla sottomissione da un manipolo di soldati capeggiati dal senatore della Louisiana Blake Denton.
ANTEBELLUM: ANALISI DEL FILM
Primo lungometraggio di Gerard Bush e Christopher Renz, che ne curano anche la sceneggiatura, Antebellum, pur peccando di qualche leggerezza, è un prodotto cinematografico interessante, che sembra muoversi con dimestichezza tra generi differenti.
Girato completamente in formato panoramico, il film si apre con un piano sequenza di circa 3 minuti capace di restituire con distaccata eleganza tutta la violenza e il pathos di un dramma storico ambientato negli Stati Uniti del Sud durante la Guerra di Secessione.
La narrazione si sposta quindi ai giorni nostri in un’escalation di tensione psicologica degna di un thriller, mentre colpi di scena e indizi inquietanti delineano una contemporaneità apparentemente pacifica ma velatamente minacciosa, la cui atmosfera ricorda molto da vicino l’horror politico di Jordan Peele.
QUESTIONE RAZZIALE E FORMALISMO
Con grande abilità, Bush e Renz giocano con le due dimensioni spazio-temporali: intrecciano una narrativa spaesante, trovano soluzioni visive d’impatto e formalmente ineccepibili che accompagnano con una colonna sonora potente e dissonante (composta da Nate Wonder e Roman Gianarthur).
Purtroppo il monito di faulkneriana memoria che apre il film (Il passato non è morto. Non è neppure passato) regala troppo didascalicamente allo spettatore gli strumenti per comprendere l’imminente e violenta convergenza dei due piani di realtà, mentre il tema razziale, affrontato con slancio ma senza aggiungere nulla al già detto, tende a perdere forza in favore di una ricerca formale efficace ma forse non del tutto finalizzata allo scopo.
– Giulia Pezzoli
USA, 2020 | Genere: thriller, horror
Regia e sceneggiatura: Gerard Bush & Christopher Renz
Cast: Janelle Monae, Jena Malone, Jack Huston, Eric Lange
Durata: 105′
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #61
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