Sorrentino, Martone, Bellocchio e non solo. I 10migliori film italiani del 2021
Nel 2021 alcuni dei migliori film italiani hanno avuto come vetrina la Mostra del Cinema di Venezia. Nella nostra top ten tricolore non possono però mancare autori come Avati, Salvatores e Bellocchio
Il cinema italiano è in stato di grazia, o almeno una parte. La grande qualità l’abbiamo vista: in parte è arrivata diretta in piattaforma a causa della pandemia e in buona parte è passata dalla sala cinematografica e dai grandi festival. Se a inizio anno Pupi Avati ha commosso tutti con la storia di Giuseppe Sgarbi, Paolo Sorrentino è entrato nel cuore di tutti con il suo racconto personale. E se Salvatores ci ha chiesto “perché ridiamo e di cosa ridiamo?”, Martone ci ha ricordato che anche dietro la risata si può nascondere la grande arte. Di seguito 10 film che in questo anno appena trascorso – ancora una volta “bizzarro” – hanno mostrato la caparbietà e la sincerità del cinema italiano che può volare alto.
– Margherita Bordino
ARIAFERMA
Un vecchio carcere ottocentesco, situato in una zona impervia e imprecisata del territorio italiano, è in dismissione. Per problemi burocratici i trasferimenti si bloccano e una dozzina di detenuti rimane, con pochi agenti, in attesa di nuove destinazioni. In un’atmosfera sospesa, le regole di separazione si allentano e tra gli uomini rimasti si intravedono nuove forme di relazioni. C’è da chiedersi: chi sono i veri carcerati? Le persone rinchiuse in cella o le guardie che lavorano all’interno delle mura del penitenziario? Ariaferma di Leonardo Di Costanzo è il film italiano del 2021. Presentato in anteprima alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia ma ingiustamente posizionato Fuori Concorso. “Ariaferma non racconta le condizioni delle carceri italiane. È forse un film sull’assurdità del carcere”, ci tiene a sottolineare il regista.
È STATA LA MANO DI DIO
Paolo Sorrentino, amato e odiato, ha conquistato anche i più diffidenti con il suo È stata la mano di Dio. Forse per la prima volta ha anche trovato il consenso e l’approvazione di tutta la stampa italiana, la stessa che quando presentò La grande bellezza a Cannes storse il naso. Si è detto di È stata la mano di Dio che è il film più intimo e personale di Sorrentino, ed è così. Non si tratta di un film biografico, ma di una narrazione dolce e amara che unisce una serie di episodi che riguardano la sua vita e la sua famiglia, come la scomparsa dei genitori, la passione travolgente per Maradona e l’incontro con il mitico regista napoletano Antonio Capuano. È stata la mano di Dio è stato presentato in Concorso alla 78esima Mostra del Cinema portando a casa il Leone d’Argento – Gran premio della giuria e il Premio Marcello Mastroianni al giovane protagonista Filippo Scotti, ed è il designato italiano alla corsa verso gli Oscar 2022.
LEI MI PARLA ANCORA
Tratto da Lei mi parla ancora. Memorie edite e inedite di un farmacista di Giuseppe Sgarbi, Lei mi parla ancora è un film di Pupi Avati. Dopo Il Signor Diavolo e quindi un ritorno al tanto amato gotico, il regista fa un salto nel racconto sentimentale e amoroso. La storia di un uomo anziano che non può, non riesce a stare senza la sua amata. “Lei mi parla ancora è una storia che si fonda sull’assenza, nella convinzione che non esista chi è più presente dell’assente”, scrive Pupi Avati. “Raccontando la storia d’amore di Giuseppe Sgarbi credo di aver raccontato una storia universale, nel momento della sua rendicontazione, quando l’intero percorso è alle spalle e ti trovi all’improvviso solo. Quella compagna di viaggio con la quale hai spartito ogni istante, con la quale hai riso e urlato, che hai amato e odiato, quell’essere che ti ha visto in tutte le stagioni, al tuo meglio e al tuo peggio, quell’hard disk che contiene tutte le immagini della tua vita, se ne è andata. E allora il solo modo per non rassegnarsi alla sua assenza è nel continuare a parlarle, ricostruendo con sacralità ogni istante della loro unione”.
LA SCUOLA CATTOLICA
Un’occasione mancata ma non per il film, per il nostro Paese di riconoscere un film importante. La scuola cattolica, diretto da Stefano Mordini e tratto dall’omonimo libro di Edoardo Albinati, è stato vietato nelle sale ai minori di 18 anni quasi come punizione per avere voluto rendere la storia di un preciso momento storico, legato a una vicenda, un po’ più universale mostrando come si può diventare carnefici e come tra ieri e oggi non ci siano così troppe differenze. “Questo film racconta l’ambiente da cui è germogliato il seme distorto che ha prodotto una delle pagine più nere dell’Italia del dopoguerra: il delitto del Circeo”, scrive Mordini. “I ragazzi protagonisti di questa storia hanno ricevuto tutti la stessa educazione. Sono dei privilegiati, il loro lato oscuro prende forma nelle pieghe di una vita normale, alto borghese. Sempre alle spalle di genitori che non si accorgono di nulla, neanche dell’odio che i figli provano per loro. Sarà solo dopo il massacro che ogni genitore di quel quartiere romano si chiederà, guardando il proprio figlio, se anche dentro di lui si possa annidare il germe di un mostro. Questa storia, che comincia qualche tempo prima e si conclude con il delitto stesso, vive di una domanda: quella società di cui facevano parte i colpevoli ha fatto veramente i conti con sé stessa?”.
LA TERRA DEI FIGLI
Film di Claudio Cupellini tratto dall’omonima graphic novel di Gipi e purtroppo passato in sordina perché uscito nelle sale a inizio luglio. La fine della civiltà è arrivata. Non sappiamo come. Un padre e suo figlio, un ragazzino di quattordici anni, sono tra i pochi superstiti: la loro esistenza, su una palafitta in riva a un lago, è ridotta a lotta per la sopravvivenza. Non c’è più società, ogni incontro con gli altri uomini è pericoloso. In questo mondo regredito, il padre affida a un quaderno i propri pensieri, ma quelle parole per suo figlio sono segni indecifrabili. Alla morte del padre, il ragazzo decide di intraprendere un viaggio verso l’ignoto alla ricerca di qualcuno che possa svelargli il senso di quelle pagine misteriose. Solo così potrà forse scoprire i veri sentimenti del padre e un passato che non conosce. Un film distopico pungente!
MARX PUÒ ASPETTARE
“‘Marx può aspettare’ mi disse l’ultima volta che ci incontrammo…”. Il documentario, a firma di Marco Bellocchio, è stato presentato a luglio 2021 al Festival di Cannes in occasione della Palma d’Oro alla Carriera. Il regista de I pugni in tasca, attraverso la sua famiglia, fa rivivere la storia di suo fratello Camillo, senza filtri o pudori, quasi una indagine, che ricostruisce un’epoca storica e tesse il filo rosso di gran parte del suo cinema. Camillo muore nel 1968 e quasi cinquanta anni dopo, Marco Bellocchio riunisce tutta la sua famiglia per un pranzo. Con i suoi familiari si interroga su Camillo, il suo gemello scomparso a soli 29 anni. Ci sono i fratelli, i nipoti, la sorella della fidanzata del tempo, uno psichiatra, un prete. E attraverso loro Bellocchio ricostruisce i tasselli del passato, dando finalmente corpo a un fantasma con cui ha fatto i conti per tutta la vita, permettendo anche al pubblico di conoscere una sfera emotiva privata e forse inimmaginabile.
FUTURA
Un piccolo grande capolavoro del documentario a firma di Alice Rohrwacher, Pietro Marcello e Francesco Munzi. Futura è “un lavoro condiviso che ha lo scopo di raccontare i giovani italiani e tratteggiare, attraverso i loro occhi e le loro voci, un affresco del Paese. Un film di sentimento che attraverso gli adolescenti ci restituisce come in uno specchio l’immagine di noi adulti. Futura non è un film di osservazione e non è propriamente inscrivibile in quella vasta produzione definita cinema della realtà. Si tratta di un reportage nella sua forma più nobile. Nel realizzarlo ci siamo messi a servizio delle storie, subordinando il nostro ruolo di registi a quello di testimoni ed esecutori con l’intento di produrre un materiale filmico da raccogliere in una sorta di archivio del contemporaneo”. Un film sui “divenenti”.
QUI RIDO IO
Agli inizi del Novecento, nella Napoli della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il grande attore comico Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Di umili origini, si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca. Il teatro è la sua vita e attorno a questo gravita anche tutta la sua singolare famiglia, composta da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi, tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Nel 1904, al culmine del successo, Scarpetta si concede un pericoloso azzardo: realizza la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla e fischi e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia. Qui rido io, a firma di Mario Martone, è un romanzo immaginario su chi era ed è stato Eduardo Scarpetta, sulla sua numerosa famiglia e tribù teatrale e sul coraggio di riconoscere che anche dietro una risata può esserci l’arte.
FREAKS OUT
Dopo il successo di Lo chiamavano Jeeg Robot l’attore e regista Gabriele Mainetti si è lanciato in una avventura gigantesca sia in termini di racconto sia in termini di produzione. Il risultato è un film di poco più di 2 ore che ha del fantastico alla base. Scrive Mainetti: “Freaks Out nasce da una sfida: ambientare sullo sfondo della pagina più cupa del Novecento un film che fosse insieme un racconto d’avventura, un romanzo di formazione e – non ultima – una riflessione sulla diversità. Per farlo ci siamo avvicinati alla Roma occupata del 1943 con emozione e rispetto, ma allo stesso tempo abbiamo dato libero sfogo alla fantasia: sono nati così i nostri quattro freak, individui unici e irripetibili, protagonisti di una Storia più grande di loro”.
COMEDIANS
Sei aspiranti comici stanchi della mediocrità delle loro vite, al termine di un corso serale di stand-up comedy, si preparano ad affrontare la prima esibizione in un club. Tra il pubblico c’è anche un esaminatore, che sceglierà uno di loro per un programma televisivo. Per tutti è la grande occasione per cambiare vita, per alcuni forse è l’ultima. Le esibizioni iniziano e ogni comico sale sul palco con un grande dilemma: rispettare gli insegnamenti del proprio maestro, devoto a una comicità intelligente e senza compromessi o stravolgere il proprio numero per assecondare il gusto molto meno raffinato dell’esaminatore? O forse cercare una terza strada, di assoluta originalità? Comedias di Gabriele Salvatores porta sullo schermo un testo a lui caro scritto dal drammaturgo inglese Trevor Griffiths. Un testo che unisce comico e drammatico e porta sul campo elementi di estrema attualità e di dibattito contemporaneo. Quando una risata è giusta? Quando è sbagliata? Perché ridiamo di cosa terribili?
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