La vera storia di Buzz Lightyear al cinema. Con un design anni ‘80
Potremmo dire che la Disney ha dedicato un biopic al personaggio di Buzz Lightyear. Un’avventura fantascientifica ambientata nello spazio e in cui si riflette sugli errori e i ripensamenti, su aspetti che rendono un eroe un umano come noi.
La vera storia di Buzz Lightyear è finalmente sul grande schermo con The Walt Disney. Qual è stato il film visto dal piccolo Andy, che gli ha fatto desiderare un giocattolo all’avanguardia dotato di laser, capace di eseguire mosse di karate e provvisto di ali spaziali aerodinamiche? È da questo interrogativo che nasce quello che potremmo definire il prequel della saga animata di Toy Story. “Lightyear – La vera storia di Buzz è il film che Andy, i suoi amici e probabilmente anche quasi tutto il resto del mondo avevano visto”, afferma il regista Angus MacLane. “Volevo realizzare qualcosa che fosse fedele a quei divertenti film-popcorn ad alto budget”. Ventuno anni dopo il debutto di Toy Story la Disney dedica un film ad uno dei suoi eroi, a Buzz, che abbiamo conosciuto al tempo come ambitissimo giocattolo che metteva in difficoltà lo Sceriffo Woody, pupazzo vintage, minacciando di soffiargli il posto come preferito di Andy.
LIGHTYEAR: UN FILM D’AVVENTURA
Lightyear – La vera storia di Buzz è un film d’avventura, d’azione fantascientifica. Un film che ci porta indietro nel tempo e che ci mostra un altro aspetto dell’essere eroe. “Sapevo che Buzz avrebbe dovuto affrontare un grosso problema e mi piaceva l’elemento fantascientifico della dilatazione temporale”, racconta MacLane. “Nella storia della fantascienza ci sono stati molti personaggi eroici che si sono ritrovati in un’epoca diversa dalla loro: Captain America, Flash Gordon, Buck Rogers, soltanto per citarne alcuni”. Buzz nel corso degli anni e dei vari film ha dimostrato di guardare al modo in modo unico e unica è questa sua avventura interstellare. Forse meno avvincente rispetto le aspettative, ma Lightyear – La vera storia di Buzz è ugualmente una sorpresa perché non mostra solo l’eroe in difficoltà, mostra l’eroe che, proprio come può accadere a chiunque, commette un errore a cui deve trovare rimedio.
LIGHTYEAR: LA TRAMA
Il film inizia con lo Space Ranger Buzz Lightyear, la sua comandante Alisha Hawthorne e un equipaggio composto da più di mille scienziati e tecnici che si dirigono verso casa dopo la loro ultima missione. A circa 4,2 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, un sensore segnala che si trovano in prossimità di un pianeta inesplorato ma potenzialmente ricco di risorse. Buzz decide di modificare la rotta della loro nave da esplorazione (soprannominata la Rapa) per raggiungere T’Kani Primo, un pianeta paludoso con aggressive piante rampicanti e insetti giganti. Il gruppo tenta di fuggire velocemente ma le cose vanno molto male, culminando in uno schianto che distrugge la loro cella a combustibile. Così Buzz, Alisha e il loro equipaggio sono bloccati su questo pianeta tutt’altro che accogliente. “In questo film assisteremo al suo primo fallimento. Non ha mai vissuto un’esperienza di questo tipo”, afferma il produttore esecutivo Andrew Stanton, che ha contribuito a tutti e quattro film del franchise di Toy Story. Bloccato su questo T’Kani Primo, pianeta decisamente ostile, l’equipaggio si prepara a una lunghissima permanenza. Buzz è perseguitato dal senso di colpa per avere commesso un errore. È un eroe che deve rimediare non a qualcosa che arriva dall’esterno ma ad una sua svista. E per questo è perseguitato dal senso di colpa ed è così umano che in realtà parla di tutti noi. Tutti noi siamo Buzz. Possiamo sbagliare e poi rimediare.
LIGHTYEAR: UN FILM ANNI ‘80
Per quanto riguarda il look e l’atmosfera di Lightyear – La vera storia di Buzz, il regista Angus MacLane ha deciso di allontanarsi drasticamente da ciò che gli spettatori avevano visto nei film di Toy Story. Il film infatti ambientato nello spazio. Non solo l’ambiente e il contesto sono diversi ma anche i colori e il design. Ci troviamo davanti ad un’estetica retrò che riconduce l’immaginario negli anni ’80. “Il look generale del film è un interessante mix di elementi retrò ed elementi futuristici. I pulsanti, le manopole e i bottoni che vediamo nel film hanno un aspetto molto tattile. I bordi sono tutti arrotondati, proprio per cercare di catturare l’atmosfera che Angus desiderava”, spiega la produttrice Galyn Susman afferma. “Abbiamo ingaggiato John Duncan, che ha lavorato a diversi film di Star Wars, e gli abbiamo dato il compito di costruire dal vivo il primo design della nostra astronave, come si farebbe con un oggetto di scena da utilizzare un film in live-action. Poi abbiamo preso quei design e li abbiamo costruiti al computer, per capire come mai la CG mancasse di quel calore che si ottiene utilizzando modellini reali, come avviene sul set di un film di Star Wars. Partendo da lì, abbiamo sviluppato un linguaggio cinematografico che aveva l’obiettivo di dare un po’ di calore a quei modelli computerizzati, impiegando curve inaspettate e assicurandoci che le superfici non fossero dotate di un singolo bordo: l’obiettivo era allontanarsi dal classico look computerizzato estremamente limpido e preciso”.
-Margherita Bordino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati