Reportage dal nuovo festival di arte e cinema a St. Moritz

Un nuovo festival ha portato cinema e arte nella cornice lussuosa di St. Moritz, facendo centro. Abbiamo assistito alle proiezioni e questo è il nostro racconto della manifestazione fondata da Stefano Rabolli Pansera, direttore di Hauser & Wirth a Londra

Guardare La ricotta di Pier Paolo Pasolini a St. Moritz dona un’emozione particolare, stride e fa riflettere su come possano incontrarsi il poeta che ha individuato nel consumismo una nuova forma di fascismo, totalizzante e totalitaria, e la capitale alpina del lusso, la città esclusiva e chic dedita all’eccellenza.
Stefano Rabolli Pansera lo sceglie per aprire la prima edizione del St. Moritz Art Film Festival (SMAFF) da lui fondato e diretto, andato in scena fra il 25 e il 28 agosto scorsi.

IL TEMA DI SMAFF 2022

SMAFF si svolge contemporaneamente in due sale: la prima è quella lynchiana e vellutata del Badrutt’s Palace Hotel, la seconda (Reithalle) è stata una enorme stalla per cavalli, poi rinata come sala proiezioni. Distano soltanto tredici minuti l’una dall’altra, sono due mondi lontani che qui, a 1.800 metri di altezza, si integrano perfettamente grazie alla natura da cartolina con acque e aria cristalline.
Alla prima sala hanno accesso gli associati che versano 5.000 euro ciascuno per sostenere l’associazione non profit che organizza il festival, alla seconda giornalisti e pubblico, ma alla fine Stefano, il padrone di casa, mischia le carte e le classi, le nazioni e i generi: associati e pubblico tutti insieme a godere dei film, in cordiale iterazione.
Il tema aiuta. Face to Face è infatti il titolo di questa edizione, che propone una selezione di quasi 50 opere, divise in quattro categorie, dedicate all’incontro con il volto dell’altro.
Il tema è filosoficamente pregnante e permette di selezionare molte opere video che fanno del volto il momento decisivo, a partire proprio da La ricotta che, come spiega in conferenza Ara H. Merjian, professore di Italian Studies alla New York University (giurato e autore di un saggio su Pasolini), fa tesoro dei primi due capolavori, Accattone del 1961 e Mamma Roma del 1962, per confermare l’uso del primo piano come momento aurorale.

Adrian Paci, Diego Marcon e Matthias Brunner all'Embassy Room del Badrutt's Palace, St. Moritz 2022. Photo Agostina Schenone

Adrian Paci, Diego Marcon e Matthias Brunner all’Embassy Room del Badrutt’s Palace, St. Moritz 2022. Photo Agostina Schenone

I PREMIATI A SMAFF 2022

Il contraltare visivo e concettuale del film di Pasolini è La prova (2019) di Adrian Paci, un breve filmato di close up; i volti smarriti dei disoccupati di Shkodër in Albania ripetono la parola “prova” come in un sound check senza fine. Vince il primo premio della sua categoria: The Best Film by an Artists Award.
Il festival procede come una mostra su grande schermo: unisce videoarte, cinema sperimentale e cinema d’autore. Dà la precedenza al tema, piuttosto che all’anno di produzione. Ci sono poche prime visioni ma la selezione è ricercata e permette di scoprire diverse “chicche”: come il bel lavoro di Malcom McLaren, Musical Paintings (Shallow 1–21), una serie di “video quadri” in lento movimento tratti da film erotici degli Anni Settanta (gli anni della liberazione sessuale guidata a Londra proprio da McLaren). L’opera è presentata dalla sua ultima compagna, la coreana americana Young Kim, che è protagonista di un reading di brani tratti dal suo libro recente. A Year On Earth With Mr Hell è un’opera letteraria a cavallo tra diario e memoire dedicata alla sua storia d’amore e sesso disinibito con il “padrino del punk”, nonché ex compagno della stilista Vivienne Westwood.
Il festival accoglie molte opere video di breve durata che declinano, nei modi più diversi, il tema del volto, dell’incontro con esso e di ciò che ne scaturisce. Ma è anche la gioiosa conferma di come la videoarte, se fruita su grande schermo, può gemmare e dischiudere il sesto senso (e i sensi).
Lo dimostra bene The Parents’ Room (2021) di Diego Marcon che vince nella sezione The Love at First Sight Award. Già in mostra alla Biennale di Venezia diretta da Cecilia Alemani, il film è una sorprendente e agghiacciante pseudo animazione canora in cui la dolcezza del canto disvela la ferocia dell’omicidio suicidio di un padre di famiglia. L’accurata lavorazione dei volti dei personaggi, coperti da maschere inespressive, rende il breve racconto una sorta di anti-favola priva di lieto fine. The Best Feature Film Award va invece a Roman Hüben con il suo Douglas Sirk: Hope As in Despair (2022) un “forensic portrait” (o meglio un identikit) del regista tedesco (nome d’origine Detflef Sierck) amato da Goebbels ma fuggito dal nazismo perché sposato con un’attrice ebrea.

ARTISTI ITALIANI A ST. MORITZ

Nel cantone dei Grigioni si parlano tre lingue, italiano, tedesco e romancio, una sorta di italiano senza vocali finali. Il melting pot sembra funzionare e tutti sono a contatto con un faccia a faccia linguistico che è anche culturale e di pensiero. Il direttore invita alcuni nomi italiani di spicco: Rä di Martino in Laughing Dice (2022) gioca a dadi con il volto mutevole di un attore che mima una serie di emozioni, come se il nostro sentirci emotivamente situati nel mondo dipendesse dal caso più che da noi stessi. Yuri Ancarani chiude il festival con Atlantide (2021), film che mantiene il rigore formale e l’eleganza dei precedenti, ma sposta il discorso filmico verso una storia e dialoghi essenziali di volti ripresi in contrappunto con le ampie distese d’acqua della laguna veneziana, in quella parte sconosciuta ai più, dove giovani fuorilegge gareggiano con barchini truccati in un dedalo di isolotti. Nella dimensione della low definition, ma con una ricerca socio-politica di rara intensità, Eva e Franco Mattes presentano The Bots (2021), uno dei sette episodi di un lavoro lungo, complesso e interessantissimo. Si tratta di una mappatura del ruolo e delle idee dei “moderatori” dei social network, i nuovi censori anonimi, numerosi e sottopagati, che decidono se il contenuto del tuo post può rimanere visibile oppure no. I politici hanno imparato a parlare, dicendo senza dire, in modo da bypassare la censura. Gli algoritmi fanno la sgrossatura ma poi servono giovani da sfruttare nei loro momenti liberi (specie giovani madri), che sappiano la lingua della nazione, i sensi figurati delle frasi e la cultura in generale per decidere al meglio chi resta e chi va. Iniziato anni fa, questo progetto rivela in modo artistico, ma anche giornalistico, un fenomeno che le big company vogliono tenere il più celato possibile, facendo firmare accordi di riservatezza. Il duo, di base a New York, raccoglie testimonianze di coraggiosi moderatori per scrivere dei monologhi poi recitati da attori in veste di tutor di make up, e questo perché un altro fenomeno social prevede che chi voglia parlare di temi scomodi possa bypassare la censura postando un tutorial di make up dove, tra un rossetto e uno smalto, dice liberamente come la pensa. Roba ingegnosa da ribelli del grande fratello orwelliano.

Adrian Paci, La prova

Adrian Paci, La prova

I BIG A SMAFF

Insieme alla videoarte sono presentate opere di cinema sperimentale, come Rushing Green with Horses (2019) della filmmaker tedesca Ute Aurand, che compie un ritratto di famiglia in superotto delicatamente vintage, o come Max Farago che in May you live in interesting times (2020) ascolta la pancia degli Stati Uniti, andando sotto elezioni da Las Vegas al confine messicano e intervistando il popolo di Trump in un video “turistico” girato con l’iPhone che traccia il profilo sociale grottesco di una certa America.
Tra i big c’è Julian Schnabel (di casa, suo figlio Vito ha una galleria d’arte qui), che aggiunge alla carriera d’artista (“non è una carriera”, sostiene lui) quella di regista grazie all’amicizia con Basquiat cui dedica il primo film nel 1996. A questo seguiranno veri capolavori, come quello che presenta a SMAFF: Before Night Falls (1999) narra in modo impeccabile la vita del poeta e romanziere gay cubano Reinaldo Arenas.

Ritratto di Stefano Rabolli Pansera by Goswin-Schwendinger

Ritratto di Stefano Rabolli Pansera by Goswin-Schwendinger

INTERVISTA A STEFANO RABOLLI PANSERA

Le conclusioni su SMAFF le tratteggia la viva voce dell’ideatore e direttore Stefano Rabolli Pansera: “SMAFF è nato come atto di amore per una città dove ho lavorato per quattro anni. St. Moritz è una città incredibile e volevo che anche altri la conoscessero”.

Una città fatta non soltanto di lusso.
Lusso non significa avere il Rolex d’oro o mangiare caviale, ma avere accesso alla produzione di nuove idee.

Il tema del prossimo anno?
Becoming Landscape, diventare paesaggio, che è anche il titolo di un’opera di Roni Horn.

Come crescerà?
Questa edizione è stata organizzata in due mesi, ma avremo finalmente il tempo di fare le open call e nuovi progetti. Lavoreremo con le scuole, vogliamo avere programmi per studenti in sezioni apposite. Avremo anche il cinema Scala, ora in ristrutturazione.

Come hanno risposto gli associati che sostengono economicamente SMAFF?
Alcuni hanno raddoppiato la quota associativa dopo aver visto il festival. E non per una questione glamour, sono persone che hanno un forte legame con la città e con la cultura.

Mi ha colpito l’atmosfera calda, per nulla snob di SMAFF.
Quando le persone sono colte e curiose non sono mai arroganti o snob, ma aperte verso coloro che possono portar loro nuove idee. E St. Moritz in questo senso può dare molto.

Come ha risposto la politica locale?
Lavoriamo con la città e con l’Engadina. La città ci ha permesso di usare il suo nome, che è un brand riconosciuto. Ci hanno dato supporto logistico e la Reithalle gratuitamente.

Sei soddisfatto?
Molto, la start up è difficile ma alcune banche e case di moda hanno mandato i loro osservatori per sostenerci in futuro, vorrei accordi quinquennali.

Come ti immagini l’edizione matura?
Con molte più sale, anche in altre città come Sils Maria, Susch e Pontresina. Con più film e più pubblico, ma sempre in una dimensione di boutique festival, piccolo ma con contenuti forti che offrano l’occasione di fare ricerca filosofica attraverso i temi intesi come punti d’incontro tra artisti, filmmaker, registi e celebrità. Per questo è importante la collaborazione con Arthouse.

Cosa deve essere SMAFF?
Un simposio, deve creare comunità, perché l’arte ha a che fare con la verità e non con il bello. Per questo l’associazione che lo sostiene è importante: fa emergere le affinità di una visione che crea comunità. Gli associati sono interessati ai film e vogliono partecipare.

Un desiderio particolare?
Un regista enorme che faccia il deejay del festival.

Qui sembra che possa accadere.
St. Moritz è un brand di un certo tipo, e va bene, ma qui ci sono stati Thomas Mann e Nietzsche. Molti nomi dell’arte finiscono in Engadina. Se pensi che Hitchcock ha concepito Uccelli proprio al Badrutt’s Palace Hotel…

Vista così, è soprattutto una città di cultura.
La cultura è una sorta di coltivazione permanente, ogni frutto genera qualcosa di nuovo. Una visione, se non si diffonde, si atrofizza e finisce con i soliti cinque profeti disarmati. SMAFF deve essere questa coltivazione permanente.

Nicola Davide Angerame

https://smaff.org/

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Nicola Davide Angerame

Nicola Davide Angerame

Nicola Davide Angerame è filosofo, giornalista, curatore d'arte, critico della contemporaneità e organizzatore culturale. Dopo la Laurea in Filosofia Teoretica all'Università di Torino, sotto la guida di Gianni Vattimo con una tesi sul pensiero di Jean-Luc Nancy, inizia la collaborazione…

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