Venezia 79: ecco Padre Pio, il film diretto da Abel Ferrara
Storia e sacralità si intrecciano nel film che vede protagonista Shia LaBeouf, presentato alla 79esima edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Ma quella sul santo di Pietrelcina non è il classico bio-pic
Una luce livida illumina il ritorno dei soldati dal fronte della Grande Guerra, nelle aspre e pietrose terre di Apulia. Il sole è coperto, ma quando per un attimo si libera dalla morsa delle nubi, rivela la sua vitale e mistica potenza. Quel flebile squarcio di speranza nutre la terra, l’uomo e la sua anima. Da questa metafora visiva prende le mosse la pellicola di Abel Ferrara, che dopo Pasolini indaga, con l’occhio esterno e appassionato dell’italiano di adozione, un’altra figura iconica, quella di Padre Pio, interpretata magnificamente da Shia LaBeouf. E lo fa proprio in maniera pasoliniana, usando la vicenda sacra come manto di quella storica. E come pretesto.
PADRE PIO DI ABEL FERRARA: LA TRAMA
I primi complessi e sofferti anni di ministero del giovane Pio, approdato in uno sperduto convento di Cappuccini a San Giovanni Rotondo, coincidono infatti con i moti dei braccianti e le prime elezioni libere, vinte dai socialisti, che il 14 ottobre 1920 culmineranno tristemente in una repressione violenta: l’eccidio di San Giovanni Rotondo. E mentre nella sua cella solitaria Padre Pio patisce l’agonia dell’anima e della carne, affrontando Satana, fuori, nelle campagne, la situazione non è certo migliore. I volti stanchi e rassegnati dei contadini, in primissimo piano, raccontano di un’altra lotta, quella con in proprietari terrieri, più sulfurei e sadici del diavolo stesso. Ci sono uomini al giogo, che in luogo di buoi trasportano pietre per costruire muretti a secco (oggi tanto di moda nella narrazione country chic della Puglia), e ne muoiono, letteralmente, di fatica. E poi ci sono i latifondisti, con la frusta e il fucile benedetto da sacerdoti vigliacchi, che dettano legge in una terra che pare dimenticata da Dio, desolata come il selvaggio West. Tanto che quando parte un soundtrack blues ad accompagnare le scene, l’accostamento appare naturale.
PADRE PIO DI ABEL FERRARA: MOLTO PIÙ CHE UNA BIO-PIC
Il tocco “born in the USA” viene fuori anche nella scelta di far recitare attori italiani in lingua inglese. All’estero magari si noterà poco, ma è straniante associare l’inglese (con accento italiano!) alle facce segnate da fatica e stenti della gente del Sud Italia, elemento questo che rende il film ancora più astratto e simbolico. Chi si aspetta, incuriosito dal titolo, una bio-pic sul frate di Pietrelcina, resterà smarrito dalla strana distanza con cui la figura del Santo è delineata, e forse deluso dal poco spazio dato al protagonista e intestatario della pellicola. Nel montaggio alternato che sancisce anche le dicotomie interno/esterno e sacro/profano, non ci sono occasioni di incontro e di fusione tra le due realtà, almeno in questo mondo, sembra suggerire Abel Ferrara. Così, nello stesso momento in cui il sangue di innocenti manifestanti, uomini e donne, è ancora caldo sul selciato della piazza del Municipio, altro sangue affiora dalle mani di Pio, facendolo Santo già in terra. “La sofferenza è la porta per il Paradiso” ammonisce Padre Pio, quasi in controcanto al regista, mentre Cristo lo consola con una mano sulla spalla. Diretta citazione dell’angelo di Wenders.
-Mariagrazia Pontorno
https://www.labiennale.org/it/cinema/2022/venezia-79-concorso
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