La Festa del Cinema di Roma presenta Il Colibrì, film tratto dal best seller di Sandro Veronesi
Dal libro Premio Strega del 2020 un film sui momenti improvvisi, sulle gioie e i dolori, sull’amore e sulla famiglia, in cui questa è vista come protagonista di un grande e assoluto thriller: la vita
“Lasci perdere la voglia di vivere. L’importante è vivere”, dice perentoriamente lo psicoanalista a Marco Carrera o meglio, al colibrì di questa storia. Il personaggio nato dalla penna di Sandro Veronesi arriva sul grande schermo e il film Il colibrì, scelto come apertura della 17esima Festa del Cinema, è un ottimo risultato di adattamento, di passaggio dal foglio allo schermo restando fedeli a una storia premiata e amata da tantissimi lettori, portando però qualche linea di cambiamento. L’avventura narrata ne Il colibrì riguarda la vita, fatta di gioie, dolori, famiglia, amicizie, amori, verità, menzogne, vittorie e sconfitte. Tutto questo è nel libro e tutto questo è nel film. Un film in cui si fa i conti con la morte e con gli aerei, presi e non, e che restituisce un grande e sentito senso di libertà.
VERONESI E I SUOI PERSONAGGI DA PREMIO STREGA
Sandro Veronesi è entrato nella storia della letteratura italiana non solo per le sue grandi capacità di racconto ma anche per essere il primo a vincere due volte il Premio Strega: nel 2006 con Caos Calmo e nel 2020 con Il colibrì. Il primo è arrivato in sala, adattato per il grande schermo, ad inizio 2008 per la regia di Antonello Grimaldi e con nel cast Nanni Moretti, Valeria Golino, Alessandro Gassmann, Isabella Ferrari e Blu Yoshimi; il secondo è al cinema dal 14 ottobre con 01 Distribution, è diretto da Francesca Archibugi e interpretato tra gli altri da Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Nanni Moretti, Berenice Bejo, Benedetta Porcaroli, Laura Morante, Francesco Centorame e Fotinì Peluso. Il primo ha per protagonista Pietro Paladini, uno uomo rimasto improvvisamente vedovo, che non sa decidersi a soffrire e neanche a ripartire. Nel secondo invece Marco Carrera riesce ad affrontare tutto, resiste, è appunto come un colibrì che con il solo battito veloce delle ali sta sospeso in aria. Due personaggi diversi, lontani nel tempo – per scrittura – eppure entrambi eroici. Sono due padri che devono fare i conti con il dolore, con la vita spezzata che deve continuare. Sono due figure di una stessa medaglia.
LE PAROLE DI FRANCESCA ARCHIBUGI
“Ho amato moltissimo il libro di Sandro Veronesi, volevo essergli fedele e al tempo stesso usarlo come materiale personale, perché così lo sentivo”, racconta Francesca Archibugi. “Il libro è avventuroso sul piano stilistico, e con gli sceneggiatori Laura Paolucci e Francesco Piccolo abbiamo voluto non solo assecondare l’avventura, ma rilanciare. Un unico flusso di avvenimenti su piani sfalsati, come quando si racconta una vita, con episodi che vengono a galla apparentemente alla rinfusa, ma invece sono legati da fili interni, a volte inconsapevoli”. Il colibrì, proprio come nel libro, non ha una struttura cronologica e qui è annullato ogni riferimento a epoche o anni precisi, ci sono però suggerimenti per lo spettatore, come il passaggio in tv de Il pinocchio di Comencini, e come sempre avviene nei film dell’Archibugi, le case hanno un’anima, sono personaggi, e qui sono anche essere quasi, ma non del tutto, immobili nell’arredamento. “La scelta principale di regia, per una storia così fortemente radicata nei personaggi, è stata la scelta degli attori che dovevano incarnarli. Grandi e piccoli ruoli. Ognuno, primo fra tutti Marco Carrera, ha dovuto portare su di sé l’onere del racconto”, continua la regista. “Anche in questo film, come per gli altri precedenti, il mio desiderio è stato annullare la macchina da presa, riuscire a creare la percezione che la storia si stesse raccontando da sé. Non è un esercizio di regia facile. A volte la cosa più difficile da inquadrare è il viso di un uomo, di una donna, di ragazzi e bambini. Far capire i sottotesti. E filmare l’invisibile”.
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