L’immortalità della fotografia di Shatzberg nel film di Pierre Filmon
Dal frame all’immagine in movimento: il documentario di Pierre Filmon sulla storia del grande regista e fotografo newyorkese
Il documentario di Pierre Filmon, “Jerry Shatzberg, portrait paysage” incentrato sulla figura del regista e fotografo Jerry Shatzberg, è stato presentato alla sua prima alla 79° edizione della Mostra internazionale del cinema di Venezia. Il fotografo americano nato nel 1927 nel Bronx, si dedica nei primi anni della carriera alla ritrattistica, la fotografia di moda e la street photography per cimentarsi dopo anni di carriera sul lato cinematografico della comunicazione visiva, andando ad esplorare un’estetica per lui completamente nuova. Crebbe nel Grand Concourse, sino all’età di 14 anni, nel contesto di una famiglia middle class di pellicciai ebrei. Ebbe molte influenze da parte di immigrati di seconda generazione, italiani, irlandesi ed ebrei nella giovane età, i suoi più cari amici, che gli diedero modo di sviluppare quel suo particolare senso dell’umorismo.Dallo stile inconfondibile per la delicatezza dello scatto, ad una chiave di lettura cinematografica diversa, molto precisa e altrettanto riconoscibile. Nel 1973 Shatzberg girerà Lo spaventapasseri con Al Pacino, pellicola che lo porterà anche a vincere la Palma D’Oro al Festival del Cinema di Cannes.
L’OPERA DI JERRY SHATZBERG
Un incontro tra il critico cinematografico Michel Ciment e il fotografo Shatzberg, nell’illustrazione dei suoi più memorabili scatti è la trama portante del documentario.
Un elogio al fascino della plasticità e dell’elasticità del talento del trasversale artista.
Passo dopo passo il fotografo racconta dei momenti singolari che riempiono la sua memoria e che gli hanno permesso di avere quelle frazioni di secondo immortalate. I momenti che hanno portato ad uno scatto, o come questo abbia svelato l’anima di personaggi da sempre rappresentati in chiave più canonica e standard. I ritratti alla musa Faye Dunaway (con la quale è stato fidanzato due anni) e la spontaneità degli scatti a Edie Sedgwick, ne sono un esempio ma anche i celebri ritratti a Bob Dylan, con i quali si dice abbia “svelato l’anima del cantautore”. Uno dei più conosciuti è lo scatto copertina dell’album “Blonde on blonde”.
IL DOCUMENTARIO DI PIERRE FILMON
Nonostante l’immediato e vasto successo della carriera creativa di Shatzberg nel campo della moda e del cinema, il suo primo grande amore rimane la street photography, per la quale afferma che se avesse il coraggio, si dedicherebbe esclusivamente ad essa per tutta la vita. Negli scatti di street photography infatti, si riconoscono varie influenze artistiche che combinano il contesto temporale e creativo in cui l’immagine è stata scattata. Un mix che immortala non solo un momento che rappresenta effettivamente un pezzo di storia e ha del significato alla base, ma crea un connubio trasversale dell’insieme di capacità del fotografo e regista, riuscendo inoltre a smascherare il vero lato del soggetto ritratto, in un insieme di realtà e magia che fanno del lavoro Shatzberg, qualcosa di unico ed eterno. Con un lineare lavoro il regista porta a termine la pellicola raccontando questo duplice lato del regista/fotografo, mettendo al primo piano la stessa arte trasversale di Shatzberg.
Luisa Pagani
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