Osvaldo De Micheli: intervista al decano della comunicazione sul cinema in Italia

Quasi un decennio fa usciva il libro “La mia dolce vita. Il grande cinema da Fellini a Troisi e Benigni". Chi è Osvaldo De Micheli e in che modo ha contribuito con il suo lavoro a creare un legame tra comunicazione e industria cinematografica?

Osvaldo De Micheli è il decano italiano dei Direttori Marketing e creatore della Demba, la prima e più importante agenzia di comunicazione cinematografica italiana. Queste due esperienze gli hanno permesso di ottenere il titolo di campione del mondo per numero di film “lanciati”. È anche a lui che si deve il successo de La dolce vita di Fellini per il lancio pubblicitario, ma anche lavorato con altri grandi personaggi del cinema italiano da Luchino Visconti a Pietro Germi, da Francesco Rosi a Marco Ferreri, da Giuseppe Tornatore a Massimo Troisi, da Gabriele Salvatores a Carlo Verdone e Roberto Benigni. Di seguito la nostra conversazione con De Micheli.

Con quale ruolo è entrato nel mondo del cinema e in che anno?
Alla fine del 1959, quando ho avuto la fortuna di conoscere Angelo Rizzoli senior, il mitico “Commenda” che mi assegnò la gestione dell’ufficio stampa e pubblicità della Rizzoli Film e della Cineriz Distribuzione. Un anno dopo ne divenni ufficialmente il Direttore Marketing.

Lei detiene un importante record mondiale, ha lanciato più film al mondo. Può spiegarci in cosa consiste il “lancio” del film?
Il lancio del film è la campagna di comunicazione nazionale per informare il pubblico, per incuriosirlo, per spingerlo ad entrare nelle sale cinematografiche. La comunicazione viene pensata, creata e pianificata utilizzando i vari canali dell’informazione. Giornali, riviste, radio, affissione, televisione. Ora anche canali web. Spiego brevemente, per quanto possibile come avviene il tutto. Un film è in concorrenza con altri, un film appartiene a un genere, commedia, horror, noir. Quindi si pensa a come comunicare tutto questo. Così si crea un’immagine e una grafica giusta per quel film. Pittori importanti come Ballester, Casaro, Cesselon, Simeoni, e grafici specializzati e anche fotografi, hanno dato corpo e anima alle locandine/manifesti (la locandina non è altro che il formato cm.33×70 del manifesto, con uno spazio in alto bianco per lasciare all’esercente la possibilità di scriverci il nome della sala) di film entrati nella memoria collettiva. La creatività viene prodotta e applicata ai vari mezzi: manifesti in vari formati e trailer. Comunque, tutta la comunicazione serve a sostenere e mantenere in programmazione, quindi a far incassare di più, un film che è in concorrenza con altri film.

È importante quindi il manifesto cinematografico?
Si, soprattutto qualche decennio fa perché associava un’immagine al titolo del film ed aveva un forte impatto sul pubblico che a quei tempi affollava le sale molto più di oggi. Infatti, è anche rimasto nell’immaginario di tanti come la vera “carta d’identità” del film al punto da essere molto spesso utilizzato anche per la promozione degli ulteriori sfruttamenti dell’opera cinematografica.

Per quali Case di Distribuzione ha lavorato e per quanti anni? Ha aggiornato il suo record?
Dopo gli anni 80, passati trent’anni in Cineriz, ho deciso di fondare la prima agenzia di comunicazione cinematografica, la Demba Cinema che ha acquisito clienti tra le Distribuzioni più importanti e firmato le campagne pubblicitarie dei film di grande successo. Ne cito alcune: Columbia, Universal, Cecchi Gori Distruzione, 01 Distribuzione di Rai Cinema e la mitica Penta (sodalizio Berlusconi – famiglia Cecchi Gori) major europea negli anni 90. Tanti film tanta, comunicazione e il record raddoppiato.

Quando un film usciva nelle sale cinema, il “manifesto” da chi era scelto? Dal produttore o dal distributore?
Prima di tutto veniva, come già detto, identificato sotto la mia direzione il pittore o il cartellonista che meglio aveva rappresentato l’idea del film, poi concordata la campagna per lo più con il distributore.

È vero che la scuola dei Maestri Pittori Cartellonisti Italiani è reputata tra le migliori al mondo?
Si. Ora spiego perché. Fin dagli anni 20’ l’industria cinematografica italiana, per promuovere i film, scelse i migliori pittori per dipingere il cinema (i primi furono Ballester, Capitani e Martinati), quindi per illustrare e promuovere i film. Nacquero così i pittori di cinema, chiamati anche riduttivamente cartellonisti, termine che non rendeva giustizia ad una vera e propria corrente artistica di notevole livello.

I pittori che creavano il manifesto potevano utilizzare lo stesso per il merchandising?
Il ciclo di vita di un film era fino agli anni 80’ essenzialmente legato alla programmazione nelle sale cinematografiche e il manifesto veniva dal pittore licenziato in uso alla Distribuzione solo per quello scopo. Ogni diritto sul manifesto del film, una volta uscito dal circuito cosiddetto theatrical (in sala), rientrava nella piena disponibilità del Pittore. Sicuramente in un periodo successivo sono state infatti licenziate dagli stessi le immagini dei manifesti per ulteriori sfruttamenti del film a partire dall’home video, CD, DVD e attualmente sulle varie piattaforme. In alcuni casi certamente anche per il Merchandising.

Siamo nel Suo “storico” ufficio di Via Taramelli, la Demba continua a creare campagne per importanti Distribuzioni?
Assolutamente sì! Io ho lasciato il timone a mio figlio Marco che porta avanti con orgoglio tutta l’attività, affiancato da 18 validissimi collaboratori che sanno creare empatiche campagne di comunicazione per importanti Distribuzioni. Vorrei segnalare uno degli ultimi lavori, il manifesto per il film di Marco Bellocchio “Esterno notte” creato da Federico Mauro.

Alessandro Longobardi

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