Bussano alla porta. Al cinema l’incontro con Shyamalan
È al cinema il nuovo film di M. Night Shyamalan. È tratto da un romanzo apocalittico di Paul Tremblay e riflette sulla mitologia religiosa e sul dolore del credere
Family Man. È così che si potrebbe definire M. Night Shyamalan. Il regista è stato a Roma a presentare il suo nuovo film Bussano alla porta, in sala con Universal Pictures, un racconto apocalittico, di alta (ma non altissima) tensione, di scelte e coraggio. Un racconto cinematograficamente seducente ma dal finale imperfetto. Tratto dal romanzo La casa alla fine del mondo – che si conclude con un avvenimento decisamente spiazzante -, il film Bussano alla porta riguarda, tra le altre cose, l’ansia che trasmette la mitologia religiosa. “Per me l’impostazione della storia del libro era così bella”, dichiara. “Credo che la base della paura, il contenimento e l’utilizzo del soprannaturale sia stupendo. La mia versione cinematografica è diversa, volevo allontanarmi dal libro e per questo ho cambiato anche il titolo”.
BUSSANO ALLA PORTA: IMMANCABILE SFERA RELIGIOSA
“Sono sempre affascinato dalla mitologia religiosa, di come si potrebbero manifestare nel nostro mondo ed essere i quattro cavalieri dell’apocalisse”, racconta M. Night Shyamalan. “Ritengo che tutti quanti noi siamo importanti, ma lo sono anche i quattro cavalieri. Siamo tutti importanti nel decidere cosa succede a noi e agli altri. E ammetto che nella mia vita c’è molta religione”. Questo perché Bussano alla porta racconta della piccola Wen e dei suoi due papà che decidono di trascorrere qualche giorno in una casa isolata, completamente circondati e immersi nella natura. Mentre Wen sta giocando nella foresta, si imbatte in un grosso e robusto uomo di nome Leonard che si pone in modo gentile e sembra interessato a conversare con lei. Poco dopo l’arrivo di Leonard, Wen nota che altre tre persone si stanno avvicinando, tutti con in mano diversi strumenti e oggetti. Impaurita corre verso casa per avvertire i genitori che si troveranno ad affrontare le ore più difficili della loro vita. Una difficoltà che accomuna però tutti questi personaggi, in una storia che riguarda anche l’ascolto dell’altro, il sapere credere all’inverosimile e l’amore in senso esteso.
LE SCELTE E LA SANTITÀ DELLA FAMIGLIA
“Non sono sicuro che ci sia una differenza tra le scelte degli esseri umani e l’apocalisse. L’idea di parlare di storie bibliche che sono rappresentative di quello che viviamo è una cosa forte per me. In questo film ognuno deve scegliere se crede nell’altro, nella famiglia e nello sconosciuto”. E continua riflettendo ad alta voce sul finale scelto, “per me il potere della storia sta ‘in che scelte farai?’. E per me nel libro non avviene una scelta. Per me è fondamentale scegliere. Si o no, devi avere comunque una sentenza”. Nel cinema di M. Night Shyamalan la famiglia è spesso presente e centrale, da qui “family man”… “Spesso penso se fossi single tutti i miei film forse sarebbero con uno scapolo”, ammette il regista. “L’idea della santità della famiglia mi appartiene. In questo momento, ad esempio, lasciare i miei genitori anche solo per qualche giorno mi mette ansia, e in alcuni miei film rifletto anche sull’invecchiamento. Inoltre, le mie figlie sono grandi e vivono da sole ma la preoccupazione di chi bussa alla porta resta in me sempre”.
BUSSANO ALLA PORTA: UN REGISTA CHE NON RINUNCIA A CREDERE
“Da ragazzino ho cominciato a fare film con al centro la religione, la fede, il credere. Riconoscere la vulnerabilità del credere è importante. Il sesto senso mi ha aiutato a comprendere il dolore del credere. È il momento in cui mi sono riequilibrato con la realtà”, sono le sue parole. È raro incontrare un regista che si racconta con tanta delicatezza e precisione senza timore delle reazioni degli altri: “per essere belli, per piacere agli altri c’è tanta bruttezza e dolore da attraversare. Se pensate a quello che nei film più in generale sembra esagerato (l’eroe che vince tutto, l’amore sdolcinato) quello non corrisponde al reale. La polarizzazione dell’oscuro è fondamentale. L’equilibrio è essenziale”.
Margherita Bordino
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