Killers of the flower moon. A Cannes il film più politico di Martin Scorsese

A 80 anni, “il più cineasta dei cineasti americani” confeziona il suo primo western raccontando la tragedia dei nativi americani Osage

Ovazione sulla Montée des Marches per Martin ScorseseLeonardo DiCaprio Robert De Niro. Con due ore e trenta minuti circa di film Killers of the flower moon conferma ogni aspettativa: messa in scena stupenda, interpretazioni sublimi e un importante messaggio di perdono per gli Osage – popolo nativo americano deportato in Oklahoma alla fine dell’Ottocento, come tante altre tribù, e tributo a loro sono stati derubati e espropriati dai governi americani. Vincitore della Palma d’Oro con Taxi Driver  nel 1976, e miglior regista nel 1986 con After Hours, Scorsese torna in Selezione Ufficiale a Cannes dopo 37 anni e lo fa mettendo insieme, e per la prima volta, i suoi due attori preferiti. Tratto dall’omonimo bestseller del giornalista David Grann pubblicato nel 2017, è il suo film più politico.

WESTERN MA ANCHE NOIR l’ULTIMO FILM DI MARTIN SCORSESE

Una produzione da 200 milioni di dollari  firmata Apple Tv che racconta la storia (in gran parte vera) di Ernest Burkhart, un americano che sposa Millie, originaria della comunità di Osage. Al principio una bella storia d’amore e di fraternità, poi avviene qualcosa di orrendo. Siamo nell’Oklahoma del 1920 e un’ondata di omicidi scuote la comunità dei nativi Osage, in un contesto di tensioni razziali che si risolve in un film brillante tra genere western e noir. In breve: un interessante e forte affresco storico. Se da un lato Scorsese si prende il tempo necessario per introdurre la tragedia e per mostrare come gli Osage abbiano cercato di rimanere fedeli alle loro tradizioni vivendo come magnati nelle dimore padronali, dall’altro, in un crescendo di racconto e tensione, racconta la successione degli omicidi con precisione chirurgica, per poi cimentarsi in un’ultima parte che riporta una paziente indagine condotta dall’ispettore federale Thomas Bruce White, colui che segnò l’inizio dell’FBI fondata da Edgar G. Hoover e rivelatosi poi non tanto sensibile alla condizione delle minoranze negli Stati Uniti Stati.

LA PAROLA AL CAST DI KILLERS OF THE FLOWER MOON

Con lo sceneggiatore Eric Roth abbiamo voluto raccontare la storia dal punto di vista dell’FBI, come nel libro”, racconta Martin Scorsese. “Dopo due anni di scrittura, Leo (DiCaprio, anche coproduttore del film) ha chiesto di vedermi e mi ha detto che mancava il cuore della storia. Allora ho organizzato un incontro con i rappresentanti del popolo Osage e ho imparato molto ascoltandoli. Ho capito che la storia era lì, in questi personaggi di cui si è scritto poco, come Ernest (Burkhart, il personaggio interpretato da DiCaprio). È una specie di esempio per questo di tradimento che hanno vissuto indigeni da parte dei bianchi”. Leonardo DiCaprio concorda che Scorsese abbia un qualcosa di straordinario: “Tira fuori il lato più umano anche nei personaggi più crudeli. Questo film è stato un ritorno ai film epici degli anni ’40, e con una storia d’amore contorta e bizzarra al centro di tutto”. Mentre De Niro sul suo personaggio dice: “Non capisco come possa esistere un personaggio così, davvero non lo capisco. Doveva essere affascinante, convincere le persone e influenzarle prima di tradirle. Ha la sua forma di intelligenza, poliedrica ma è un idiota. Io non so perché l’abbia fatto, ma ho fatto del mio meglio per rappresentarlo in diversi momenti della sua vita“.

Margherita Bordino

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

Scopri di più