Il nuovo film di Hayao Miyazaki prende il volo
“Il ragazzo e l’airone” è il nuovo e attesissimo film di Miyazaki, campione di incassi in Giappone e titolo d’apertura al Toronto International Film Festival. Voluto ritorno alla fantasia con importanti riflessioni sulla vita e le cose del mondo
Tutto ciò che c’è da sapere sul nuovo film di Hayao Miyazaki è che non c’è nulla da sapere, altrimenti svanisce l’incanto della visione. Con buona pace di giornalisti e critici. Uscito lo scorso 14 luglio in Giappone, Kimitachi wa dō ikiruka (che vedremo a gennaio con il titolo Il ragazzo e l’airone) nelle sale è giunto privo di campagna pubblicitaria. Un solo enigmatico poster, niente catchcopy, immagini o trailer, nessuna conferenza stampa. Scelta ardita del produttore e genio del marketing Toshio Suzuki (in libreria trovate il suo I geni dello Studio Ghibli per i tipi di Dynit Manga) e i risultati si sono visti: miglior debutto di un film Ghibli dai tempi di La città incantata con oltre 2 miliardi di yen di incasso e 1,3 milioni di spettatori nei primi quattro giorni di programmazione. La presenza del film al Toronto International Film Festival ha chiaramente cambiato le carte in tavola: sul sito ufficiale dello Studio Ghibli sono apparse le prime immagini, mentre il gesto di generosità nei confronti dei fan da parte del distributore americano GKids, che il 6 settembre ha lanciato un primo look teaser, sembra riportare tutto a più convenzionali gestioni promozionali.
“Il ragazzo e l’airone”. La collaborazione tra Miyazaki e Suzuki
Anello di congiunzione tra Miyazaki e il resto del mondo, Suzuki è il custode discreto dei segreti del film. Battendo lo storico mensile Animage, da anni portabandiera mediatico dei film Ghibli, la rivista Switch ha dedicato per prima a Kimitachi wa dō ikiruka copertina e invidiabile portfolio di 77 pagine, ospitando un colloquio tra il produttore e lo scrittore Natsuki Ikezawa, grande sostenitore di Miyazaki. Tra le foto pubblicate, il cronometro con il quale Miya-san calcola il tempo delle scene nei suoi film. E proprio il tempo è diventato il compagno invisibile del regista, un po’ per questioni anagrafiche, un po’ perché Suzuki gliene ha concesso in abbondanza per realizzare il film: ben sei anni, consapevole di dare vita a qualcosa di diverso dalle precedenti pellicole. Le apparizioni del produttore sono diventate magistrali punti di interpunzione tra una rivelazione e l’altra; sua, inoltre, l’idea della locandina realizzata ingrandendo un personaggio (il misterioso uomo airone già destinato a stimolare il marketing) ritratto in disparte in un bozzetto del regista.
La squadra di Miyazaki per “Il ragazzo e l’airone”
Non avendo trovato un degno successore, l’unico modo per Miyazaki di realizzare i film che vuole, mantenendo un’elevata qualità delle immagini, è sfruttare al massimo il talento degli animatori. In Kimitachi wa dō ikiruka ha reclutato i migliori dello Studio Ghibli ed esterni di rango. Ad esempio, Takeshi Honda: troppo bravo per lasciarselo scappare. Unico intoppo il fatto che da anni Honda è punto di riferimento della saga Evangelion e del suo ideatore Hideaki Anno. Già collaboratore di Miyazaki in Ponyo sulla scogliera e nel corto Goro the Caterpillar, Honda è il tipico animatore in grado di fare qualunque cosa gli si chieda: disegnare giganteschi robot in azione o curare nel dettaglio piccole cose. Alla vigilia di Kimitachi e del nuovo film di Evangelion, Honda sceglie così di votarsi ai lavori di entrambi, sedendo al tavolo accanto a quello di Miyazaki in veste di direttore delle animazioni. Per lui un’attesa consacrazione artistica.
“Il ragazzo e l’airone”. Il ritorno al cinema di Miyazaki
Un po’ ha depistato il pubblico, Miyazaki, usando un romanzo del 1937 di Genzaburō Yoshino (E voi come vivrete, edito da Kappalab) per il titolo del film, raccontando però un’altra storia. Centrali nella vicenda produttiva, i libri sono da sempre alibi e punti di vista da cui ripartire. Il romanzo di Yoshino, che pure appare nel film, sarebbe infatti un dono della madre ai tempi delle elementari. Occhio anche a Il libro delle cose perdute (Rizzoli) dell’irlandese John Connolly, finito nelle mani del regista mentre lavorava a Goro the Caterpillar. Come in Kimitachi, anche lì un’importante figura materna e la Seconda Guerra Mondiale sullo sfondo. La potenza delle storie che prendono vita, lì come nel film, pare trait d’union fortissimo, al quale va aggiunta la volontà di Miyazaki di ricordare attraverso immagini e personaggi l’intera sua carriera, partendo proprio dalla sua infanzia ricca di immaginazione, e tutti coloro che quella carriera hanno sostenuto: l’amico e mentore Isao Takahata e lo stesso Suzuki. Il nuovo lavoro del maestro giapponese si annuncia dunque esperienza avvolgente, nonché riflessione su come vivere al meglio delle possibilità in questo travagliato mondo.
Mario Rumor
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati