Johnny Depp vs Amber Heard. La giustizia ai tempi di TikTok
Ad un processo tra star di Hollywood, si aggiunga un social media invasivo come TikTok e, dopo la sentenza, una docuserie su Netflix. Il risultato? Uno spettacolo da film distopico che però è anche un saggio visivo di sociologia
Era il 2016 quando l’ex moglie di Johnny Depp, Amber Heard, ha dichiarato in una intervista di essere anche lei vittima di violenza domestica. Il movimento #MeToo è nel pieno della sua espansione e la Disney nega a Depp il suo ruolo nella saga Pirati dei Caraibi. L’attore perde anche Animali fantastici. Hollywood abbandona la star fino al 2022 (la sentenza per lui positiva arriva ad aprile di quell’anno), quando la regista francese Maïwenn gli offre la parte del re in Jeanne du Barry – La favorita del re, che ha aperto il Festival di Cannes. Per salvare la carriera, Depp intenta una causa per diffamazione e chiede all’ex moglie un risarcimento per 50 milioni di dollari, a cui lei risponde con una contro querela per 100 milioni di dollari. Il processo si svolge nella lontana Virginia con porte aperte alle telecamere, un unicum nel suo genere, che fa presagire un’esplosione mediatica alimentata da reazioni a catena tra commentatori televisivi e influencer.
Deep VS Heard: The Verdict. La docuserie di Emma Cooper è una riflessione sulla società
La docuserie Depp VS Heard: The Verdict di Emma Cooper (già autrice nel 2022 de I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti), visibile su Netflix, affronta i meccanismi del primo processo-spettacolo dell’era post-moderna. Con l’attenzione dovuta a chi può citarti in giudizio per milioni, si limita alla selezione e montaggio alternato di brani di testimonianze dei due attori, creando così un confronto che in realtà non è mai avvenuto. A questo si affianca la voce tonante del web e delle tv americane che commentano in diretta il processo, offrendo uno spettacolo da film distopico che però è anche un saggio visivo di sociologia.
Nel documentario, infatti, è interessante osservare i processi di pensiero e di azione che mettono in atto tutti i personaggi della vicenda, dalla giudice che ammette le telecamere in aula, ai due attori in piena sfida professionale, agli avvocati che non risparmiano colpi bassi e sembrano sempre tramare qualcosa, fino alle sorelle dei due imputati, ai loro amici e ai collaboratori, ora apertamente riluttanti, ora dotati di memorie cristalline un po’ sospette. E tutto accade sotto giuramento, come prevede il codice, ma tutti sembrano mentire. Almeno un po’. Ma è in questa “interpretazione” collettiva che la verità viene fuori, e che fa pensare a quel falò delle vanità descritto dal new journalist e critico d’arte Tom Wolfe nel pieno degli anni Ottanta, poi diventato un film di successo diretto da Brian de Palma.
Deep VS Heard: The Verdict. Gli interrogativi
A parte il piacere offerto dalla capacità mimetica dei due attori, vi sono i video scioccanti e le prove, i colpi di scena e le rivelazioni che suscitano interrogativi che rendono questa mini serie una prova brillante e la candidano a diventare lo specchio di un’era sociale, politica e culturale che potremmo chiamare l’era metooica o tiktokica. Ad esempio: cosa ne è della giustizia nell’era dei social media? Può un delicato processo di violenza domestica diventare uno spettacolo al pari di una fiction? C’era stato il processo O.J. Simpson nel 1994, il processo pubblico più seguito fino ad allora con dei media tradizionali. Ora questo processo attiva la rete. Il prossimo, come sarà?
Le domande che restano non sono chi ha fatto cosa o a chi, perché tra i filmati e gli audio “rubati” ai due attori durante litigi e sfuriate, violenze psicologiche e umiliazioni morali, è: chi manovra i fili? In quel momento, lo spettatore si sente disorientato e perso perché è stato dietro ad una vicenda che ora non lo convince più. E allora, prodemente la Cooper segue anche il dopo processo, cerca le prove non ammesse e desegretate, che sono tante e significative. E lascia che ognuno di noi si faccia la sua idea.
Nicola Davide Angerame
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