La poesia di Patrizia Cavalli in un documentario alle Giornate degli Autori a Venezia
Che bella, buffa, disordinata Patrizia Cavalli! Francesco Piccolo e Annalena Benini la fanno parlare nel documentario presentato alle Giornate degli Autori nell’ambito della 80esima Mostra del Cinema di Venezia
Francesco Piccolo e Annalena Benini chiedono a Patrizia Cavalli di mettersi davanti alla macchina da presa per raccontare la sua vita e le sue poesie. Nasce così Le mie poesie non cambieranno il mondo, documentario presentato alle Giornate degli Autori in Notti Veneziane. Un piccolo film che non ha grandi pretese se non quella di mettere al centro la sua unica protagonista, con i suoi ricordi, le sue parole e il carattere (non semplicissimo!). Questo documentario, presentato postumo – Patrizia Cavalli è scomparsa il 21 giugno 2022 – è un elemento prezioso. Chi non l’ha mai incontrata può così sedersi di fronte a lei e ascoltarla, trovandosi non sempre d’accordo magari, ma restando decisamente sedotto.
Patrizia Cavalli alla Mostra del Cinema di Venezia. Un film sulla libertà di essere
Dalla natura disordinata, come lei stessa ammette nei primi minuti di Le mie poesie non cambieranno il mondo, Patrizia Cavalli ha vissuto guidata dalla vocazione, o meglio intenzione, di scrivere e non di comunicare. “Abbiamo voluto mostrare Patrizia Cavalli nella sua verità e intimità, e offrire al pubblico la possibilità di conoscerla davvero”, affermano Francesco Piccolo e Annalena Benini. “Per incontrare Patrizia Cavalli bisogna passare del tempo nelle sue stanze, tra i suoi cappelli, i libri, le poltrone, il tavolo del soggiorno, la grande foto di Elsa Morante, nel posto in cui ha vissuto da quando ha iniziato a scrivere poesie, il posto che coincide con la sua scoperta del mondo e con la vita esteriore e anche interiore”. Quello che vediamo è un documentario fatto di parole, poesie, canzoni e backstage. La scelta è quella di lasciare, e non tagliare, anche i momenti di organizzazione e di confronto, e i repentini cambi d’umore di Cavalli, momenti che ne forniscono un ritratto unico, vero e sincero. “È un film sulla libertà di essere e vivere come ti pare. Non c’è nessun codice esistenziale a cui Patrizia Cavalli aderisca, i codici sono soltanto suoi, li ha creati lei. Ce li ha offerti e noi li abbiamo restituiti con la macchina da presa, senza lasciarla mai”, commentano gli autori.
Elsa Morante, il poker, la poesia. Gli amori di Patrizia Cavalli
Patrizia Cavalli, nata a Todi nel 1947, esordisce nel 1974 con Le mie poesie non cambieranno il mondo pubblicate da Einaudi e dedicate a Elsa Morante – sì, le stesse che danno il titolo al film. Possiamo quindi dire che con questo titolo inizia e finisce la sua vita pubblica e che il documentario mette insieme alcuni focus del suo percorso come l’incontro con Elsa Morante, l’amore, il poker, la pigrizia. “Ah si, scrivi poesie? Allora fammele leggere, non perché mi interessi ma per capire come sei fatta”, dice Cavalli riportando le parole di Morante nel doc. Morante che involontariamente è forse artefice della poetessa che Cavalli è poi diventata. E poi c’è l’amore che le ha permesso di produrre tante delle sue poesie. L’amore infelice per lo più, quello che manca e che quindi genera parola. Il poker, altro suo amore, è ciò che l’ha forse affascinata e devastata di più. “Ho perso molto”, dice. “Me lo sognavo di essere una grande giocatrice, in realtà appena è caduta la buona sorte ho perso molto. Mi sono rovinata la salute giocando. Che strano gioco”. E circa il rapporto con il denaro: “non mi piace il denaro meritato. Mi piace il denaro vinto, regalato, avuto per fortuna. Il denaro sudato mi fa orrore”. Il suo modo per smettere qualsiasi cosa? Il disgusto. Niente volontà ma solo il disgusto, che quando arriva distrugge ma salva. Quella che si racconta nel documentario Le mie poesie non cambieranno il mondo è una Patrizia Cavalli che non riesce più ad avere idee ma che ama moltissimo i bambini che non ha mai amato prima e che ammette con sincerità: “scrivere poesie si addice alle debolezze del mio carattere”.
Margherita Bordino
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