I dimenticati dell’arte. Marcello Pagliero, regista e sceneggiatore che raccontò il Dopoguerra
Dall’amicizia con Rossellini, per cui recitò in Roma città aperta, alla regia di Roma città libera, al successo in Francia, dove fino agli Anni Sessanta proseguì l’attività di cineasta. La storia di Marcello Pagliero
Quando scrisse il soggetto di Paisà (1946) insieme al suo amico e compagno di liceo Roberto Rossellini – che gli aveva fatto interpretare il ruolo di Giorgio Manfredi, l’ingegnere comunista capo della Resistenza, nel film Roma città aperta, uscito nelle sale nel 1945 – Marcello Pagliero (Londra, 1907 – Parigi, 1980), figlio di Luigi e della francese Claure Renaud, viveva a Roma da una trentina d’anni, dopo il trasferimento della famiglia da Londra, nel 1914.
Marcello Pagliero e il cinema
Dopo una laurea in giurisprudenza, Marcello iniziò subito a frequentare il mondo del giornalismo, prima da critico d’arte e di letteratura per poi avvicinarsi al cinema, inizialmente come traduttore dei dialoghi – vista la sua conoscenza dell’inglese – poi come sceneggiatore e curatore di soggetti per pellicole come Anime in tumulto di Giulio Del Torre, Confessione di Flavio Calzavara, Le due tigri e La danza del fuoco di Giorgio Simonelli. Nel 1943 cominciò una fortunata attività di attore – culminata col ruolo nel capolavoro di Rossellini – e di regista con Nebbie sul mare, Giorni di gloria e Roma città libera, uscito nel 1946. Quest’ultimo, un’opera corale e tragicomica, sulla difficile e travagliata vita a Roma nel primo dopoguerra, scritta da Ennio Flaiano con la sceneggiatura di Suso Cecchi d’Amico, Marcello Marchesi e Cesare Zavattini: tra gli interpreti del film figurano attori del calibro di Valentina Cortese, Andrea Checchi e Vittorio De Sica.
Da Roma città libera al successo in Francia
Nonostante si proponesse come un ideale seguito dell’opera di Rossellini, il film non ebbe molto successo in patria, mentre fu molto apprezzato in Francia, dove uscì con il titolo La nuit porte conseil (La notte porta consiglio). Grazie a questo incoraggiamento Pagliero decise di lasciare l’Italia, dopo aver recitato nel film L’altra (1949) di Carlo Ludovico Bragaglia, per tentare una carriera in Francia, sia come attore che come regista, senza però mai abbandonare del tutto l’Italia, dove vivevano sua moglie, Guendalina Castelluccio, e suo figlio Alessandro. Diverse le regie francesi, a cominciare da Un homme marche dans la ville (Un uomo cammina nella città, 1950) La rose rouge (La rosa rossa, 1951) ma soprattutto Les amants de Bras-Mort (Gli amanti del fiume, 1951) e La p… respecteuse (La mondana rispettosa, 1952).
“Nel primo film Pagliero si rivelò abile narratore e documentarista, mentre nel secondo – codiretto con Charles Brabant e tratto da una pièce teatrale di Jean-Paul Sartre – riuscì a calarsi nell’esistenzialismo sartriano, mescolando alla grande scuola cinematografica francese le tematiche razziste della società statunitense”, scrive Stefania Carpiceci. Nel frattempo Marcello lavorò anche in Italia, dove nel 1953 firmò la regia teatrale de La mandragola di Niccolò Machiavelli al teatro delle Arti a Roma. Negli stessi anni diresse Tesoro nero (1956) in Australia, un film d’avventura a cui parteciparono vere tribù indigene, mentre in Unione Sovietica girò il suo ultimo film da regista, Leon Garros cerca l’amico (1960), prima di ritirarsi dalle scene alla fine degli Anni Sessanta.
Ludovico Pratesi
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