Si chiama “La Storia” la miniserie di Francesca Archibugi alla Festa del Cinema di Roma
Alla 18esima edizione del festival del cinema capitolino, la regista de “Il colibrì” presenta le prime due puntate della miniserie tratta dal romanzo di Elsa Morante
Ci sono piccole storie che si riversano come placidi affluenti nell’accogliente letto di un fiume che prende il nome di storia, come tutti la conosciamo, tramandiamo e raccontiamo. Un elenco di date ci ricordano i momenti salienti del passato, nascondendo il grande e variopinto contributo delle memorie. Francesca Archibugi prende in mano La Storia di Elsa Morante e si addentra in questo temerario confronto ricavandone una miniserie di 8 puntate (che vedrà la luce su Rai 1 nel 2024) di cui le prime due sono state presentate in anteprima nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma. La protagonista è una donna ebrea di nome Ida Ramundo e ha il volto di Jasmine Trinca, forse l’unica attrice italiana in grado di dare corpo a questo personaggio contraddistinto da tanta determinazione e altrettanta fragilità in un’epoca complessa che va dal 1941 al 1946.
La Storia di Francesca Archibugi: un compromesso tra la fedeltà al romanzo e il suo pubblico
La violenza carnale è il punto di partenza del conflitto interiore che interessa tutti i personaggi della storia e che si fa specchio di quello storico: l’Italia fascista e la relazione col nazismo. Tra questi spicca Ida Ramundo, una donna non più spaventata del giovane soldato che la stupra e muore in battaglia, del primogenito che si improvvisa seguace del Duce, della pazza che urla a squarciagola nel ghetto quale sarà la sorte degli ebrei e di tutte le innumerevoli esistenze che troveranno riparo o la morte sotto i bombardamenti.
Un affresco che diventa credibile grazie alle scenografie, ai costumi e alla ricostruzione estetica che recupera istantanee dei ricordi tramandati dai nostri nonni dando un senso a quei comportamenti remissivi, a quei vestiti e a quel buon cuore nascosto dietro alla diffidenza. Ci troviamo di fronte a un romanzo popolare che attraverso diverse scelte (piuttosto) didascaliche diventa ancora più comprensibile – ma non è detto che sia un male – vista la sua destinazione televisiva.
Certamente la Archibugi ha cercato un compromesso tra la fedeltà all’opera originaria e il suo pubblico, focalizzando l’attenzione su una figura femminile capace di traghettarci in quel passato raccontato prevalentemente al maschile che denunciava tutta la sua falsificazione nell’ omissione della voce delle donne, della loro vita quotidiana come madri, vedove, mogli sole. Non erano solo angeli del focolare ma lavoratrici, capaci di grandi sacrifici e prove di coraggio.
Carlotta Pretracci
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