“Misericordia” alla Festa del Cinema di Roma. Un film che urla senza alzare la voce
Emma Dante non ne sbaglia una. La regista adatta lo spettacolo Misericordia per il grande schermo e ne fa una lettera di amore e disperazione, di degrado e speranza
Dopo il successo de Le sorelle Macaluso, Emma Dante torna al cinema con Misericordia. Si tratta dell’adattamento per il grande schermo del suo omonimo testo e spettacolo che dal 2020, quindi dal suo debutto, continua a essere richiestissimo, anche all’estero. La regista presenta il suo film alla 18esima Festa del Cinema di Roma, in attesa dell’uscita in sala prevista per il 16 novembre con Teodora Film. “Misericordia racconta una realtà squallida, intrisa di povertà, analfabetismo e provincialismo, esplora l’inferno di un degrado terribile, sempre più ignorato dalla società”, dichiara Emma Dante. “Racconta la fragilità delle donne, la violenza che continua a perpetuarsi contro di loro, la loro disperata e sconfinata solitudine. Tre donne vivono in una baracca dentro un borgo marinaro formato da una serie di casupole di pietra grezza affiancate l’una all’altra; alle spalle delle casupole, in mezzo a rifiuti e rottami, risalta una montagna maestosa”.
Un film ad altissima potenza emotiva
Disabilità e maternità, degrado e miseria, solidarietà e violenza. Tutto questo è nascosto e coesiste in Misericordia, unfilm di altissima potenza emotiva. Semplice e intuitivo, drammatico ma in cerca di luce. Una storia in cui l’amore passa attraverso la disperazione. In cui la libertà passa attraverso la “prigione”. Sull’immenso talento di Emma Dante è inutile soffermarsi, basti ribadire che con lei il teatro contemporaneo – e ora anche il cinema – sono divenuti spazio e mezzo di abbandono, riflessione, coinvolgimento. La storia è questa: Sicilia, un piccolo centro marinaro di casupole in pietra grezza, in mezzo a rifiuti e rottami; alle spalle una montagna maestosa. Qui nasce e cresce Arturo, figlio della miseria e della violenza, qui muore la sua mamma mettendolo al mondo. Betta, Nuccia e la giovane Anna, prostitute come lo era sua madre, se ne prendono cura come se fosse un figlio, nella misericordia di un amore disperato fatto di carezze e insofferenza, crudeltà e tenerezza.
Arturo, invisibile tra gli invisibili
“C’hai ragione tesoro mio, ti sto cercando un posto così te ne vai. Non ci puoi stare più tu qui”. Misericordia, il film, si discosta e molto dall’opera teatrale. Se in teatro è suggerita la dimensione della borgata, qui la vicenda si svolge immersa nella natura, a cielo aperto, tra bellezza e squallore. E lo stesso protagonista maschile, Arturo, che in teatro ha una evidente somiglianza con il Pinocchio di Collodi, al cinema è un ragazzo che partecipa al mondo in modo diverso, con tutte le difficoltà della disabilità che vive e del luogo in cui abita. Arturo è “un invisibile fra gli invisibili e deve combattere per la sopravvivenza, ma il suo sguardo puro e diverso porta con sé la speranza”, ed è anche un omaggio dichiarato a Elsa Morante e alla sua Isola di Arturo, anche se molto lontano da quel contesto. Va precisato che, come sul palcoscenico anche sul grande schermo, i personaggi di Emma Dante sono qui, in tutto e per tutto, anime perse che si proteggono tra violenza e ignoranza. Come definire quindi Misericordia? Un’opera che urla senza alzare la voce. Un’opera che urla disperazione e amore.
Margherita Bordino
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