Arancia Meccanica. Tutte le curiosità sul film capolavoro di Kubrick
L’ostruzionismo di Sergio Leone alla collaborazione di Morricone con Kubrick, l’iniziale perplessità del regista sulla sceneggiatura, il taglio drastico del girato, la genesi fortuita di una delle scene iconiche del film. Il dietro le quinte di Arancia Meccanica
“E d’un tratto capii che il pensare è per gli stupidi mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione”. A recitare queste parole è Alex DeLarge, protagonista di Arancia Meccanica, interpretato da Malcolm McDowell. Tratto dal romanzo distopico scritto da Anthony Burgess nel 1962, A Clockwork Orange (il titolo originale dallo slang cockney significa ‘sballato come un’arancia a orologeria’), vede alla regia il grandioso e magnifico Stanley Kubrick. Eccetto i primi due suoi film – Paura e desiderio del 1953 e Il bacio dell’assassino del 1955 – tutti gli altri sono tratti da opere letterarie e hanno attraversato i generi cinematografici più disparati, da quello fantascientifico a quello horror, fino a quello storico. Ma parlando di Arancia Meccanica sono tre le parole chiave per descrivere questo capolavoro del cinema: drughi, latte e Beethoven.
Arancia Meccanica e l’accusa di violenza
Quella ripercorsa in Arancia Meccanica è una storia di violenza: il suo protagonista è divenuto una vera e propria icona popolare – anche grazie ai costumi avanguardistici firmati dalla costumista premio Oscar Milena Canonero. Kubrick fu accusato di esaltare la violenza – pur volendo in realtà condannarla dannatamente – e alla “prima” del film, presentato a New York in una gelida serata del 19 dicembre 1971, sia lui che la produzione non ebbero immediata soddisfazione: l’accoglienza fu divisiva e per nulla euforica. Ebbene sì, il film che ora riconosciamo come capolavoro del cinema è dovuto prima passare attraverso un grande down, con tanto di scandalo. Le prime soddisfazioni arrivarono un anno più tardi, alla Mostra del Cinema di Venezia del 1972 e con le nomination ai Premi Oscar.
Curiosità e aneddoti su Arancia Meccanica di Kubrick
La storia si colloca in una Londra futuristica, in cui non mancano echi pop e postmoderni ma anche ossessivi richiami all’arte degli Anni ’60 e ’70, oltre che ricorrenti rimandi a situazioni dell’epoca come la liberazione sessuale, l’esplosione della rabbia giovanile, la circolazione delle prime droghe sintetiche, le guerre tra bande. Ma sveliamo qualche curiosità su Arancia Meccanica. Kubrick non apprezzava la storia e all’inizio non voleva neanche dirigere il film; per la colonna sonora si era rivolto a Ennio Morricone, ma Sergio Leone fece di tutto per impedire al compositore questa collaborazione (e così fu!); in origine, il regista chiuse il montaggio a 4 ore, ma dovette tagliarle per raggiungere le 2 ore e un quarto, e chiese a un collaboratore di bruciare il resto della pellicola. E ancora, la scena in cui parte Singin’ in the Rain, mentre Alex e i suoi compagni compiono violenze nella casa di uno scrittore e di sua moglie, divenuta simbolo del film, è stata del tutto improvvisata. L’incasso totale del film fu di 114 milioni di dollari nel mondo, un record per un’opera costata poco più di 2 milioni.
Arancia Meccanica. La trama ufficiale del film
Prendere a calci, bastonare, rubare, cantare, ballare il tip tap, stuprare: Alex, il teppista con la bombetta, si diverte a modo suo. Tragicamente, a spese degli altri. Il suo percorso – da punk amorale a onorato cittadino, previo lavaggio del cervello – viene ambientato in un futuro scioccante grazie ardita interpretazione kubrickiana del romanzo di Burgess. Immagini indimenticabili, contrappunti musicali da brivido, l’affascinante linguaggio usato da Alex e compari sono miscelati da Kubrick in un’unità frammentaria. Dopo la discussa accoglienza, Arancia Meccanica vinse i premi della Critica Cinematografica di New York per Miglior Film e Miglior Regista e si guadagnò quattro nomination all’Oscar, compresa quella per Miglior Film. Quasi trent’anni dopo, la forza della sua arte è intatta: continua ad attrarci e scioccarci, tenendoci incollati allo schermo.
Margherita Bordino
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