A Cannes 2024 “Oh Canada”, il film di Paul Schrader con Richard Gere protagonista
In Concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes, “Oh, Canada” è l’adattamento cinematografico del libro “Foregone” di Russell Banks, in cui viene raccontata la vita del documentarista Leonard Fife (interpretato da Richard Gere)
Lontano nel tempo. È lì che si posiziona lo sguardo di un uomo che invecchia. Il tempo passa inesorabile e non cambiano solo le mode, ma soprattutto i valori, il modo di guardare e interpretare la realtà. Così fa molto effetto pensare che in uno stesso Festival, anche se in due sezioni differenti, ci possano essere un film palpitante, queer, punk, carico di sensualità carnale come Les Reines du drame di Alexis Langlois (Semaine de la Critique) e un film ancora retto nel suo impianto da una visione escatologica dell’esistenza come Oh, Canada di Paul Schrader (in Concorso). Dalla New Hollywood a un film intimista nelle intenzioni, il passo non è così breve. E forse neanche troppo felice. Soprattutto se il rimpianto è quel Tromperie di Arnaud Desplechin, adattamento del romanzo di Philip Roth, che in nome del vero ci mostrava in maniera decisamente più intrigante chi si nascondeva dietro al velo. Richard Gere presta il volto al protagonista, il documentarista Leonard Fife che, come in Foregone di Russell Banks, di cui Oh, Canada è a sua volta adattamento, accetta di concedere un’ultima intervista prima di morire per potersi pubblicamente confessare.
A Cannes il film “Oh, Canada” di Paul Schrader
Non si tratta infatti come nel film di Desplechin di un disvelamento progressivo e dialogico, innescato e accompagnato da una relazione erotico-amorosa adultera e tormentata, che diventa essa stessa materia per la scrittura, rendendo ancora più confuso il rapporto tra realtà e finzione, bensì di una sorta di monologo, che si fa puzzle nella forma cinematografica, e tentativo di raccontare e racchiudere la vita di un uomo, dedicata a inseguire la verità, la cui grande omissione è non aver mai fatto luce sulla propria. Sfortunatamente questa scelta conduce a una narrazione monocorde, che non fuoriesce mai dai binari della malinconia che attanaglia il suo autore, impedendogli un reale confronto con la morte. Quindi la possibilità di parlarne attraverso il dispositivo cinematografico.
“Oh, Canada” di Paul Schrader. Una riflessione sul film
Ed è per questo che Oh, Canada rimane un film di intenzioni, ennesima prova minore di un autore che, abbandonato anche il rigore visivo che derivava dalla sua programmatica visione teorizzata nel saggio “ll trascendente nel cinema. Ozu, Bresson, Dreyer”, cede a giovanilistiche soluzioni stilistiche, tra immagini e musica. Non aiuta anche la scelta di Jacob Elordi, per dare corpo al Leonard nel fiore degli anni, decisamente poco espressivo e ormai iconizzato come idolo delle teenager, da Euphoria a Priscilla. La colpa, il bisogno di redenzione, il rapporto col padre, i temi cari al regista ci sono tutti, ma faticano a trovare una strada che non sia già stata resa manifesta. Come dire: cambia la forma, viene meno la violenza a vantaggio di un ripiegamento su una soggettività meditativa e riflessiva, ma non la sostanza della visione esistenziale.
Carlotta Petracci
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