La vita accanto: Marco Tullio Giordana racconta il suo nuovo film
Marco Tullio Giordana torna sul grande schermo con un film che mette in scena l’inferno delle relazioni, anche quelle che possono sembrare idilliache. Il trailer del film in sala dal 22 agosto
Marco Tullio Giordana è un regista che non ha bisogno di molte presentazioni. I cento passi, La meglio gioventù, Sanguepazzo, Lea: sono solo alcuni dei suoi incredibili lavori cinematografici. La sua visione (e anche la sua voce) sono fuori dal coro. È uno di quei registi che – un po’ come Marco Bellocchio che, insieme a Gloria Malatesta, firma la sceneggiatura del suo nuovo film – non le manda a dire, fa dell’arte una grande dimostrazione politica e mai si sottrae alla realtà vera e storica del nostro Paese.
La vita accanto: il nuovo film di Marco Tullio Giordana
Cosa che, anche se in un modo del tutto differente, avviene anche nel suo nuovo film, La vita accanto, tratto dall’omonimo libro di Mariapia Veladiano, Premio Calvino nel 2012. Al centro di questa storia c’è l’amore (o forse meglio dire, gli amori!), c’è il riscatto, c’è il pedante giudizio altrui, c’è il diverso, e c’è principalmente l’inferno delle relazioni familiari.
Il film La vita accanto è ambientato tra gli Anni ’80 e i 2000. Un’epoca dominata da euforia e incosciente ottimismo. “Un’epoca dove l’Italia e le sue manifatture sembravano invincibili e in piena offensiva. Non erano che illusioni, destinate a schiantarsi, insieme al Muro di Berlino e alla nostra Prima Repubblica, con le avvisaglie di una crisi economica mondiale”, commenta Marco Tullio Giordana. Qui la nostra conversazione con il regista.
L’intervista al regista
Sin dalle prime scene del film ho pensato: “quanta fragilità e quanta ferocia!”. Cosa l’ha conquistata di questa duplice natura della storia?
Nel libro non c’è una riga che separa buoni e cattivi, e questi ultimi non sono neanche messi dietro la lavagna. Si comprendono le ragioni di tutti i personaggi, e questo per me è l’atteggiamento che bisogna avere quando si fanno i film, cioè identificarsi con chiunque è in scena, anche con i personaggi più detestabili. Qui sono tutti personaggi che, a loro modo, soffrono per ragioni diverse, non riescono a comunicare, non riescono a vincere e stare insieme. Sono come delle molecole separate. E proprio come avviene nel libro, sono guardati con amore, affetto, comprensione.
Nel libro si parla di una chiara mostruosità della bambina che nel film è rappresentata da una macchia. Come mai questa scelta?
Questa è stata un’idea geniale di Marco Bellocchio. Ci pensi, avrei dovuto scegliere tre mostre per interpretare Rebecca. Questo però non è un film legato ad un connotato repulsivo esagerato come capolavori quali Freaks o The Elephant Man. La macchia mi è sembrata quindi un’ottima scelta. Anche perché, purtroppo, è sufficiente a creare uno sconvolgimento. Con essa la famiglia vede la figlia come segnata, marchiata a vita.
Un’idea che le ha permesso di trovare tre splendide interpreti per il personaggio di Rebecca…
Esattamente! Viola Basso quando ha 5 anni, Sara Ciocca quando ne ha 11/12 e Beatrice Barison quando ne ha 18/20. Tutte e tre sono pianiste, e la Barison lo è a livello professionale. Per lei è stata la prima esperienza cinematografica, non aveva mai fatto nulla prima ed è stata una vera rivelazione!
I temi nel film “La vita accanto”
Il corpo, l’identità, il giudizio altrui… che ruolo hanno in questa storia?
Il giudizio altrui è la cosa che ci condiziona di più e in particolare nella fase dell’adolescenza in cui cerchiamo tutti di uniformarci, di essere simili agli altri. Una cosa che cozza con la definizione della propria identità e singolarità, del proprio essere unici. Questo tema, presente nel romanzo ed ereditato dal film, è un qualcosa che mi tocca molto.
E poi c’è un altro elemento importante: l’acqua…
L’acqua è il liquido amniotico, rappresenta la navigazione felice nel ventre materno. È un elemento simbolico molto forte. Nei riti religiosi rappresenta la purificazione, e poi noi siamo composti per il 70% di acqua, possiamo sopravvivere senza mangiare fino a due mesi ma senza bere neanche una settimana… Va detto che Vicenza, dove abbiamo girato il film, è una città tra tre fiumi, non posso però rivelare altro. Da un lato una madre che non ha mai preso in braccio la propria bambina e dall’altro una zia che l’ha accolta soprattutto per via del suo talento…
Cosa rappresentano queste due donne? Sono loro i demoni?
Potrebbe sembrare così ma in realtà queste due donne si amano perché sono lo spettro l’una dell’altra. Una è il sole, la luce e l’altra è il buio, le tenebre. Le due si piacciono, si capiscono, c’è un rapporto molto forte tra loro. C’è una scena in cui Maria (Valentina Bellè) è a letto disperata e l’altra, Erminia (Sonia Bergamasco), le sussurra, la chiama, è quasi altrettanto disperata, soffre nel vederla soffrire.
La donne de “La vita accanto”
Si dice che un regista si “innamora” spesso dei suoi attori…
Ed io ero innamorato di tutte, lo dico sinceramente e non per evitare gelosie. Sono state tutte troppo brave, al punto che alla fine comunicavamo anche senza parlare, quasi telepaticamente. È stato come se la macchina da presa le accarezzasse continuamente con movimenti impercettibili, minuscoli. Tutte straordinarie e meravigliose, incluso Paolo Pierobon, uomo che ho promosso ad attrice in quanto assai sensibile e comunicativo. Nel suo sguardo è possibile vedere tutto ciò che gli passa per la testa. Per me lui è un’attrice e per fortuna lo considera un complimento.
E c’è una donna che ancora non abbiamo citato… Sono infatti tre le madri in questo film. La terza, Michela Cescon, rappresenta un contraltare molto interessante.
Devo dire che Michela è una delle mie più care amiche. È un’attrice straordinaria e le sono molto riconoscente perché mi fece fare uno spettacolo in teatro meraviglioso. Durava nove ore, un’impresa mastodontica di quelle che oggi non si possono più fare perché non ci sono i soldi. Lei mi permise di realizzare lo spettacolo rinunciando addirittura a essere attrice perché come produttrice aveva talmente tante cose da fare che non voleva venir meno in nessun modo. E il suo talento è grandissimo. È un’altra attrice alla quale non ho bisogno di dire niente, basta uno sguardo. Nel film è la madre che tutti avremmo voluto, quella ideale, quella che abbiamo invidiato ai nostri compagni di scuola.
Lei è Beba, un’artista eccentrica.
È una donna così al limite… È un’artista che non ha una lira, ha la casa sgangherata, disordinata, eppure per la piccola Rebecca rappresenta un mondo incantato, magnifico in cui la gente si dice le cose in faccia, cosa che non avviene nella sua famiglia. Questa donna affronta subito il problema, le dice “ma tu sei bellissima, questa macchina non la devi nascondere, devi farla vedere”. Beba e la sua casa appartengono al mondo della compagna di banco di Rebecca, la prima che la accoglie e l’accettata veramente, al punto da considerare bella quella macchia e disegnarla sul proprio volto.
Vicenza protagonista de “La vita accanto”
In una scena, durante una passeggiata notturna tra le vie di Vicenza, Rebecca e la zia si imbattono in un edificio monumentale… può parlarmene?
È Villa Valmarana, una villa che sta sulle colline sopra la città. Va detto che queste passeggiate sono notturne perché la famiglia si vergogna talmente tanto di esporre la bambina che la portano a spasso di notte quando nessuno la vede… In una di queste notti la zia le racconta una leggenda abbastanza nota a Vicenza. Si dice che la figlia del principe fosse una nana e che, per fare in modo che non si accorgesse di essere diversa, il padre decise di farla circondare da servitori nani. Un bel giorno però, vedendo un principe meraviglioso passare lì davanti, la principessa capì la realtà e alla sua morte tutti i servitori diventarono di pietra, e formarono una sorta di muro lungo la villa. Questa è una favola un po’ terrorizzante – come lo sono tutte le favole per bambini! -, ma la piccola Rebecca non si spaventa anzi, guarda questi nani di pietra e li vede animarsi senza essere minacciosi, tristi e lugubri.
Quali sono gli altri luoghi d’arte in cui è stato girato il film?
A parte gli esterni della bellissima Piazza dei Signori ci sono diversi edifici monumentali della città ma il principale luogo d’arte è il Teatro Olimpico di Andrea Palladio, una delle meraviglie del mondo. È il teatro forse più bello che esista, con questa falsa prospettiva… È uno dei più suggestivi che io abbia mai visto! Qui abbiamo girato uno dei concerti al pianoforte che fa Erminia e non avremmo potuto girare in un luogo diverso.
Musica e cinema: le passioni di Marco Tullio Giordano
La musica in questo film è cruciale, sia quella composta appositamente sia quella dei grandi autori. E mentre in La meglio gioventù ha fatto cimentare Sonia Bergamasco con Mozart, qui l’ha messa veramente alla prova… la musica è una passione che condividete?
Ha notato bene, nel film c’è una musica eseguita dal vivo e un’altra composta per me da Dario Marianelli, straordinario musicista che ha vinto anche un Oscar ed è sempre impegnato in super produzioni originali. È stato un privilegio che abbia trovato del tempo per questo mio film componendo una partitura molto delicata, dall’atmosfera molto conturbante. Per quanto riguarda me, la musica è stata sempre nella mia vita, la cosa forse più importante di tutte, e mi sarebbe piaciuto essere un musicista, se solo avessi avuto del talento! La musica ha questa caratteristica di darti tanta disciplina, cosa di cui da ragazzo avrei avuto molto bisogno, e poi ti permette esprimerti anche in solitudine, senza dover mettere in piedi tutto l’armamentario che ci vuole per fare un film o per fare teatro. In questo è simile alla letteratura, alla poesia ed è un privilegio di tutti i musicisti anche se soffrono molto perché inseguono la perfezione ma naturalmente non la raggiungono mai.
In ultimo, La vita accanto dimostra come le passioni possono riscattarci. Il cinema cosa è stato per lei in tutti questi anni?
Io ho debuttato la bellezza di 44 anni fa e forse quando ero ragazzo poteva avere questo valore di autoaffermazione, di voler emergere, adesso è una professione che mi piace molto e che mi entusiasma ogni volta. Una ricerca che continua in diverse direzioni… Mi sembra di essere un artigiano, uno di quelli che però fa degli oggetti che non fanno gli altri, lontano dall’industria della produzione di massa.
Margherita Bordino
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