È morto a 88 anni il divo del cinema francese Alain Delon
Il celebre attore e protagonista di film come 'Rocco e i suoi fratelli', 'Il Gattopardo', l''Eclisse' e 'La Piscine' aveva avuto un ruolo da protagonista nella rinascita del cinema francese Anni Sessanta, ed era diventato un sex symbol internazionale
“Alain Fabien, Anouchka, Anthony e Loubo, sono profondamente addolorati nell’annunciare la scomparsa del loro padre. È morto pacificamente nella sua casa di Douchy, circondato dai suoi tre figli e dalla sua famiglia“, così i figli (e il cane) del divo del cinema Alain Delon hanno comunicato la morte del divo cinematografico a 88 anni. Protagonista della rinascita del cinema francese degli Anni Sessanta, Delon ha lavorato con alcuni dei più grandi registi del tempo, come Pierre Melville, René Clément, Louis Malle, Jean-Luc Godard e, in Italia, Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni. Pluripremiato, godette di lunghissima fama come attore e come sex symbol.
Chi era Alain Delon: il debutto nel cinema
Nato nel 1935 a Sceaux, nella periferia di Parigi, Delon ebbe un rapporto difficile con l’istruzione, che abbandonò a 14 per lavorare come macellaio. Si arruolò in Marina, andando a combattere in favore dell’invasione coloniale del Vietnam, ma fu congedato con disonore nel 1956. Provò con la recitazione: venne notato dal produttore David O Selznick, a Cannes, e firmò un primo contratto. Decise di tentare la fortuna nel cinema francese e fece il suo debutto con un primo ruolo nel thriller di Yves Allégret, Godot (Quand la femme s’en mêle). La sua bellezza e giovinezza l’hanno subito promosso a ruoli più importanti, e la relazione con la star affermata e collega Romy Schneider confermò la sua reputazione di uomo affascinante.
La fama europea di Alain Delon
Due i film che, nel ’60, lo spinsero alla fama internazionale: Plein Soleil (adattamento del romanzo Il talento di Mr Ripley) e Rocco e i suoi fratelli, saga su una famiglia di contadini del Meridione che si trasferisce al Nord: così cominciò a collaborare con Visconti, che lo richiamò per l’adattamento de Il Gattopardo. Negli stessi anni Antonioni lo scelse come agente di cambio ne L’Eclisse. Provò a sfondare a Hollywood, ma a parte un paio di film su guerra e western non ebbe gran successo, e tornò in Francia. Qui fu ingaggiato nel ruolo di sicario nel classico cult Le Samouraï di Jean-Pierre Melville: il successo nazionale del film diede lo portò sul genere poliziesco. Molto popolare, in questi anni, anche La Piscine, che uscì in concomitanza con un enorme scandalo pubblico, l’affaire Markovic: Stefan Markovic, guardia del corpo di Delon, fu trovato morto in una discarica nel 1968. Il caso, che si complicò al comparire di fotografie compromettenti con politici di spicco (si dice persino l’allora candidato presidente George Pompidou) e contatti con la malavita comuni all’attore, finì nel nulla.
Negli Anni Settanta Delon continuò a recitare, vedendosi anche attribuire il David speciale alla carriera (1972): fu il mercante d’arte in Monsieur Klein, che vinse il César per il miglior film nel 1977 (che produsse lui stesso), e a sua volta vinse il César nel 1985 come miglior attore per la favola surreale di Bertrand Blier Notre Histoire. In questi anni, oltre a separarsi dalla partner di lunga data Mireille Darc, fondò una propria compagnia e cominciò a produrre film, debuttando alla regia nel 1981 con Pour la Peau d’un Flic. Negli Anni Novanta, dopo i lavori nella Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard, rallentò: dichiarò di ritirarsi nel ’97, due anni dopo l’Orso d’oro alla carriera a Berlino, ma tornò nel 2008 per interpretare Giulio Cesare nel live action Asterix ai Giochi Olimpici. Nel 2019 arrivò la Palma d’oro onoraria a Cannes.
Alain Delon collezionista
“Ci sono due cose che considero la mia eredità: la mia carriera di attore e la mia collezione d’arte“, aveva dichiarato Delon in una nota l’estate scorsa, quando Bonhams Paris mise all’asta la sua collezione. “Sono così orgoglioso di entrambi. Ho comprato il mio primo disegno a Londra quando avevo 24 anni e da allora ho acquisito opere. La gente mi chiede se c’è un filo che lega insieme questi pezzi e io dico ‘C’est moi!’”. La collezione – che contava pezzi di Domenico Beccafumi, Albert Gleizes, Rembrandt Bugatti, Jean-Baptiste Camille Corot, e Jean-François Millet – raddoppiò all’asta la stima minima per un totale di 8,8 milioni di dollari, e quasi tutti gli 83 lotti dell’asta trovarono degli acquirenti.
Giulia Giaume
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