A St. Moritz c’è un micro-festival di cinema ricercatissimo che parla di filosofia
Si chiama SMAFF ed è una chicca di festival culturalmente impegnato, che si tiene in un cinema di soli 108 posti. Ma le dimensioni non misurano il successo, che è confermato dalla terza edizione 2024. L’intervista al curatore
La terza edizione del St. Moritz Film Festival, dedicato quest’anno al tema della relazione tra il tempo e l’immagine in movimento, conferma l’evento come un progetto di nicchia tailor made, che sfrutta il coinvolgimento di curatori e autori internazionali in una comunità che per quattro giorni si riunisce e dibatte. Meanwhile Histories è il titolo di questa tornata che ha portato in Engadina 40 titoli e altrettanti autori. Ne abbiamo parlato con il fondatore e direttore Stefano Rabolli Pansera.
Il successo del festival di cinema e filosofia SMAFF a St. Moritz
Un primo giudizio su questa terza edizione di SMAFF?
Ottimo, il festival diventa sempre più noto e rispettato dagli artisti e per me è importante perché sono loro la bussola dei nostri tempi; se apprezzano SMAFF e vogliono tornarvi, è per me motivo di orgoglio. In termini di organizzazione il team si rafforza e la visibilità internazionale aumenta. Dei tre film vincitori, due sono arrivati tramite l’open call e ciò è il segno di un successo.
Per le dimensioni contenute, e per la sua atmosfera familiare e comunitaria, SMAFF si è ritagliato un ruolo di “chicca” nel panorama festivaliero.
Sì, usiamo un piccolo cinema molto sofisticato da 108 posti ed è evidente come il successo dell’evento non si debba misurare con il numero di spettatori, ma attraverso la qualità dei suoi contenuti, sui quali possiamo essere radicali, evitando qualsiasi compromesso.
Un altro elemento caratteristico di SMAFF è l’aspetto filosofico, quest’anno il titolo era Meanwhile Histories, incentrato sul rapporto tra tempo e immagine.
L’idea è quello di usare i film per produrre uno sviluppo di idee, punti di partenza per un dibattito sui concetti. L’anno scorso i film e l’intervento del professor Franco Farinelli hanno dimostrato come ogni paesaggio sia sempre intelaiato in una serie di strutture culturali, storiche e sociali. Quest’anno, Chiara Vecchiarelli ha mostrato come, tra simultaneità e storicità, la possibilità di ritornare sul passato non sia soltanto il modo per rivisitare la storia ma anche per costituire la nostra identità e quindi per prefigurare un futuro.
Passato e futuro del festival SMAFF a St. Moritz
Quale sarà il tema della prossima edizione?
Sarà Emerging Virtualities. Ma il titolo non deve trarre in inganno: l’edizione non si ridurrà a sondare le nuove tecnologie e la realtà virtuale, che sono solo un frammento rispetto all’idea più ampia della virtualità proposta da Deleuze, che vorrei invece mostrare. Ci sono film storici come Persona di Bergman o La doppia vita di Veronica di Kieślowski in cui la realtà attuale e virtuale si sovrappongono in modo analogico, il che costituisce una sfida che vedo come opportunità per espanderci teoricamente ed esteticamente in modi inusuali.
Un altro modo per farlo potrebbe essere portare il festival oltre le sue date.
Sì, infatti avremo proiezioni anche durante l’anno dei film selezionati, ma che non sono stati visti nei giorni del festival. E ci saranno anche dei talk sul tema della rivisitazione della storia.
Parliamo dell’edizione passata. Da architetto, quale film ti ha più colpito?
Il film di Ingel Vaikal sull’Unitè d’Habitation di Marsiglia, uno dei capolavori di Le Corbusier identificato come un prodotto “impositivo” del genio demiurgo e maestro del modernismo, che crea un’opera che più assertiva non potrebbe essere. Il film di Vaikal mostra invece come alcune giovanissime donne abitino questo blocco di calcestruzzo in un modo non ortodosso e molto femminile, dando una rivisitazione femminista di questa architettura; il che apre uno spazio di revisione e rilettura dei precetti modernisti.
Cos’altro avete rivisitato?
La storia dell’arte, ad esempio, con la Biennale vinta da Rauschenberg, che diventa il luogo di una detective story di Amei Wallach. Quel premio viene riletto secondo gli equilibri geopolitici di allora e l’imposizione del soft power statunitense anche a livello artistico. Andrea Bettinetti ha proposto invece una rivisitazione dell’Arte Povera, mostrando aspetti fuori dal frame costruito da Germano Celant, m non in opposizione bensì in sovrapposizione
Tutto ciò mostra la complessità del festival, che è ampio e preciso come fosse un’architettura.
Chi è architetto rimane sempre tale e il mio modo di costruire SMAFF è innanzitutto per me un’operazione territoriale. È interessante come ogni festival cinematografico sia un fascio di luce che attira persone in un luogo d’incontro e di scambio. È un’agopuntura territoriale che riattiva i luoghi dal punto di vista urbano.
Che cosa ci dici invece dei vincitori di questa edizione: Aura Satz, Eduardo Williams and Young-jun Tak?
In Preemptive Listening Aura Satz propone una fenomenologia delle sirene di allarme, tra monito, adunata, controllo e potere. Gli aspetti visuali sono impeccabili così come l’uso della musica. Eduardo Williams firma Parsi che considero un capolavoro: segue alcuni giovani che in Guinea Bissau usano una camera a 360 gradi per filmare scene di vita sottese dalle poesie di Mariano Blatt. È un poema visuale di grande bellezza e radicalità. Poi c’è Tak, che rilegge i riti della Settimana Santa in Spagna dal punto di vista della cultura queer. Il suo Love Your Clean Feet on Thursday è una forma di riappropriazione del rito, la cui ripetizione rivela la meccanica eterna a cui siamo tutti soggetti.
Concludiamo con il tuo rapporto con i curatori di SMAFF. Chi sono e come ti trovi con loro?
Sono Leonardo Bigazzi, Adam Szymczyk e Róisín Tapponi. Curano ciascuno una propria sezione, seguendo le linee del tema, ma in totale libertà e conducono le conversazioni con le autrici e gli autori. Sono tre visioni diverse che innescano dialoghi proficui. Per me, che mantengo la direzione curatoriale, è anche un modo per continuare ad apprendere tramite il confronto e SMAFF è innanzitutto un dispositivo per generare dialoghi e non solo visioni.
Nicola Davide Angerame
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