Alla Festa del Cinema di Roma 2024 il docufilm sulla storia di Andrea Romanelli
Un docufilm di cui sentiremo molto parlare. Si tratta di “No more trouble - Cosa rimane di una tempesta”, opera prima di Tommaso Romanelli che, attraverso materiali inediti, compie un viaggio alla scoperta di suo padre, scomparso in mare nel 1998
Un figlio, un padre e una vicenda drammatica che ha scosso tutti e non solo l’Italia. Con No more trouble – Cosa rimane di una tempesta il regista Tommaso Romanelli racconta la storia di suo padre, Andrea Romanelli, scomparso nel 1998 in seguito a un drammatico incidente avvenuto in mare mentre tentava di battere il record della traversata dell’Oceano Atlantico in barca a vela insieme a Giovanni Soldini. Il docufilm, sincero ed emozionante, è un viaggio alla scoperta della figura paterna – Tommaso aveva 4 anni quando il padre è scomparso – e di un uomo che amava il mare, per passione, stile di vita e di mestiere.
“No more trouble – Cosa rimane di una tempesta” alla Festa del Cinema di Roma 2024
No more trouble – Cosa rimane di una tempesta, prossimamente nelle sale italiane con Tucker Film, è il film di apertura di Panorama Italia di Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma (in corso fino al 27 ottobre). No more trouble – Cosa rimane di una tempesta è il primo film che vede Tommaso Romanelli impegnato alla regia: cercava una storia con cui esordire, e alla fine l’ha trovata in alcune preziose videocassette, ovvero i diari di bordo del padre. Filmati che raccontano in audio e video quello che Andrea Romanelli provava e sentiva quando era lontano e in mare aperto, da solo o con i suoi compagni. No more trouble – Cosa rimane di una tempesta è un docufilm che va ben oltre il dramma che ricostruisce: è un racconto cinematografico che mette al centro l’amore. Amore inteso come ricerca di un padre di cui si hanno pochissimi ricordi, di un marito di cui si era compreso il folle e appassionato legame per le barche e il mare, di un compagno di viaggio affidabile, oltre che uno dei più apprezzati progettisti italiani di barche a vela.
“No more trouble – Cosa rimane di una tempesta”. Un film che ripercorre la vita di Andrea Romanelli
“Questo documentario è stato un viaggio difficile e doloroso per me, per mia madre e la mia famiglia. Un viaggio che mi ha portato a incontrare tante persone che avevano condiviso con lui la giovinezza, il sogno della vela fino agli ultimi istanti della sua vita. Persone che non conoscevo, ma anch’esse segnate dalla morte di mio padre e che con generosità mi hanno affidato i loro ricordi”, ha commentato Tommaso Romanelli. “Fondamentali sono stati l’incontro con Giovanni Soldini e l’equipaggio di Fila e quello con mio zio Marco, fratello di mio padre, che conoscevo pochissimo e con cui ho iniziato il restauro della piccola barca American Express, abbandonata da tempo in un cantiere di Monfalcone. Mio zio era riuscito anni prima a ritrovarla, ma non aveva mai avuto il coraggio di restaurarla. Lo abbiamo fatto insieme riaprendo i progetti di mio padre e rimettendo le mani lì dove anche lui, come mi ha raccontato mia madre, aveva speso tante nottate di lavoro e tante ore di navigazione. Ora la barca è pronta e aspetta di riprendere il mare”.
Intervista a Tommaso Romanelli, regista di “No more trouble – Cosa rimane di una tempesta”
Come mai la scelta del cinema per raccontare la storia di tuo padre?
Con il cinema ho un rapporto strano, nel senso che ho sempre voluto fare un film ma, fino ad ora, non avevo mai perseguito questa direzione. Non ho fatto le scuole di cinema e non trovavo una storia che avessi la necessità di raccontare. Mi rifiutavo di fare cortometraggi che non sentissi come sensati e necessari. Poi ho trovato per caso queste cassette in casa, cassette che non avevo mai visto o di cui non avevo ricordi. Le ho messe su e mi sono reso conto che c’era un mondo da scoprire e da raccontare.
Non deve essere stato semplice…
C’è stato un enorme processo di rimozione di una parte della mia vita e all’inizio ho fatto molta fatica a trovare la voglia, a provare a risolvere questa cosa. L’unico modo è stato per me fare un film, fare questo film. Solo il cinema poteva permettermi di mettere insieme questi diversi formati, le voci e le immagini che documentano tutta la vita di mio padre. Il documentario è stato il mezzo per tenere tutto insieme. E trovando pian piano le persone giuste, ho avuto modo di vivere una grande scuola di cinema. Ecco, questo film è stato anche questo per me: una scuola di cinema che mi ha fatto trovare la mia strada nella vita.
Qualche anno fa sei stato tra gli assistenti di regia di “Piccolo corpo” di Laura Samani, un film che racconta un rito di passaggio. “No more trouble” è, per te, un rito di passaggio?
Riguarda il momento pre-Covid ed è stata un’esperienza meravigliosa che mi ha permesso di capire tante cose. È su quel set che ho incontrato il fonico che mi ha accompagnato nel mio film che sì, è stato ed è il mio rito di passaggio. È stato il mio oltrepassare qualcosa di veramente enorme per arrivare a un oltre.
Margherita Bordino
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