In sala arriva il documentario di Monica Stambrini sull’artista Isabella Ducrot
"La vita. La vita felice, inizia dopo i sessant'anni". Così Isabella Ducrot nel documentario di Monica Stambrini diventa un modello di riferimento non solo come artista ma proprio come donna
Un documentario avvincente come un film d’azione. Che provoca una sensazione di felicità, pienezza, fiducia come raramente accade. Questi ed altri gli effetti di “Tenga duro signorina! Isabella Ducrot. Unlimited” di Monica Stambrini. Un film che, sin dal titolo, si presenta non solo come un inno alla vita, ma un inno alle donne. Perché, come afferma la protagonista: “La vita. La vita felice, inizia dopo i sessant’anni“, quando le insicurezze cedono il passo alle certezze e si comincia a capire come e dove canalizzare le energie.
Isabella Ducrot un’artista “nata” dopo i cinquant’anni
Isabella Ducrot, nata nel 1931, all’anagrafe Antonia Mosca, come artista è emersa molto più tardi; quando, negli anni Ottanta, ha catalizzato l’interesse per i prodotti tessili di paesi e culture a est dell’Europa in un percorso di ricerca artistica. Inizialmente il tessuto fu la sua costante, poi estese l’attenzione anche ad altri motivi decorativi e materiali tra cui la carta, base di partenza per disegni e monotipi in bianco e nero. Le opere spesso si caratterizzano per soggetti erotici che, per usare le sue parole le “vengono spontanei“, tuttavia non mancano altri temi, dalle nature morte, ai girotondi. E sei i suoi lavori si distinguono per una grande joie de vivre, dal periodo post pandemico hanno acquisito un’ancora maggiore tenerezza.
Monica Stambrini e Isabella Ducrot un incontro di intuizioni
“Una storia più che un film” queste le parole usate da Isabella Ducrot per descrivere la capacità della regista Monica Stambrini di entrare in punta di piedi nella sua vita e raccontarla. Senza avere la pretesa di dirigere ma, semplicemente, di osservare, cogliere comprendere. Un progetto ambizioso per il suo essere irrazionale, figlio dell’incontro magico tra due sensibilità affini che si sono intrecciate spontaneamente, libere da sovrastrutture e costrizioni. Incontro avvenuto casualmente, quando in occasione di una raccolta fondi per un progetto legato al porno, la Ducrot con estrema generosità donò dei disegni erotici che, a suo dire “non voleva nessuno“. E poi ancora nel 2022, alla galleria T293, in occasione della mostra Also on view: Tendernesses con i grandi lavori erotici. Da lì: il via al progetto. “Isabella non ha mai smesso di sorprendermi” ha dichiarato la regista che l’ha seguita per ben due anni.
Isabella Ducrot una storia a pieno titolo cinematografica
Effettivamente, se non fosse autentica, la storia di Isabella Ducrot – all’anagrafe Antonia Mosca, classe 1931 – sarebbe addirittura troppo iconica per essere inventata. Anche se, a dire il vero, lei nel raccontarla sdrammatizza alquanto, definendosi, tra una citazione di Proust e una di Spinoza, “una parvenu in tutti i sensi, che non aveva neanche studiato”. Invece, da quanto emerge dal lungometraggio parvenu non lo è per niente, semplicemente è stata una donna per molto tempo vittima e prigioniera di quel letale mix di convezioni, tabù e dogmi che, purtroppo, ancora oggi per molte rappresenta una condanna e, nello stesso tempo, una barriera impossibile da superare. L’infanzia nell’indigenza, la malattia, il pensiero tossico di sentirsi inadeguata, per quanto radici di un’insicurezza profonda, alimentata anche dalle dinamiche di una società borghese che scoraggiava sistematicamente il talento artistico femminile, non riuscirono a silenziare quella proustiana necessità di riscatto che l’ha portata gradualmente a sciogliere i vincoli e ad alzare la testa. Complice anche l’incontro con Vicky, compagno di vita e guida intellettuale che, grazie alla sua ampiezza di vedute, ha contribuito ad allontanarla dal ristretto universo partenopeo.
Così, a 55 anni, quando per la maggior parte delle persone il meglio è passato lei ha scoperto l’arte e da essa si è lasciata scoprire. In questa capacità di abbracciare la vita, lasciarsi andare, in un contesto sociale che forse non condanna più la creatività o la realizzazione professionale femminile ma in cui l’età continua ad essere un “peccato” e la vecchiaia un “tabù”, Monica Stambrini ha trovato non solo una grande artista ma una grande donna, un modello di riferimento femminile. E per quanti ci avessero già provato a trasporre l’esperienza della Ducrot “in pellicola” solo a lei è riuscito il miracolo; perché, per l’appunto, si è lasciata altrettanto andare, munita solo di una videocamera, per starle il più vicino possibile, talvolta come uno sguardo invisibile, talaltra come interlocutrice e compagna di viaggio.
Un film giocato sui dettagli
Il risultato? Una storia intima, scorrevole e avvincente, fatta di persone che trasmettono significati ed emozioni. Di luoghi carichi di memorie, vibrazioni, ricordi; in cui guardare non è doloroso, perché il “conatus” di Spinoza, nonostante i novant’anni, non lascia alcun margine alla rabbia o ai rimpianti. La telecamera agile della Stambrini gioca con i dettagli e i primi piani, tra le persone e le opere, per raccontare il tutto attraverso il particolare e rendere così pienamente la grandezza di una donna, che affermando con decisione: “Il vero scandalo della vita è la morte“, con la sua esistenza dimostra: “cosa voglia dire essere artista e donna, ma anche – e soprattutto – che la vecchiaia non è da temere” ma da assaporare.
Tenga duro signorina! Isabella Ducrot. Unlimited: un’opera corale.
E, nonostante la genesi in solitaria del film, Tenga duro signorina! Isabella Ducrot Unlimited è senza dubbio un’opera corale. La regista si è circondata di una squadra affiatata e perfettamente in linea che, dalle oltre 100 ore di girato, è riuscita a tirare fuori un ensemble perfetto. Tra cui: due montatrici: Paola Freddi e Elsa De Falco Bonomi, una music maker Elisa Abela (che ha suonato letteralmente da sola tutti i brani originali), una produttrice senza esitazioni: Beatrice Bulgari e un produttore delegato Daniele Occhipinti, per la produzione di Eolo Film Productions. Insieme alla partecipazione delle persone che orbitano nella sfera dell’instancabile artista, prime tra tutte le sue studio manager Nora Iosia, Veronica della Porta e i suoi galleristi. Per un percorso che, iniziato a Venezia, si prepara giustamente a vivere una lunga ed articolata avventura.
Ludovica Palmieri
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