Arriva al cinema “La Nostra Terra” il successo polacco che racconta una storia di lotta e passione tutta al femminile
Non un semplice lungometraggio animato ma un’opera d’arte in movimento. Una coppia di registi porta al cinema il romanzo “The Paesant”, per parlare di femminismo e libertà attraverso una storia di oltre 100 anni fa
A cento anni dalla vittoria del premio Nobel, Dk Walchman e Hugh Welchman portano nelle sale il film d’animazione Our Land – La nostra terra, tratto da Chłopi (The peasants), il romanzo capolavoro dello scrittore polacco Władysław Reymont. Un film d’animazione prodotto da Wanted Cinema che combina opere a olio con le attuali tecniche cinematografiche. Particolare modalità, già adoperata dalla coppia di autori candidati dalla Polonia agli Oscar nel 2018 per Loving Vincent. Our land è un’opera d’arte per immagini che parla di diritti delle donne ai più giovani che, dopo l’anteprima al 24FRAME Future Film Festival, arriva al cinema il21 novembre, in prossimità della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“Our Land”: una storia di coraggio
Il film è una storia di coraggio ed emancipazione femminile che, ambientata in un villaggio polacco di fine Ottocento, ruota intorno alla protagonista Jagna, in cui la regista, DK Welchman, afferma di essersi riconosciuta. Per approfondire, ne abbiamo parlato con Hugh Welchman, co-regista del film.
Perché raccontare la storia di Jagna oggi?
Mia moglie, DK Welchman, che ha letto più volte il famoso romanzo diWładysław Reymont, si è identificata con la protagonista, riconoscendo nel contesto storico la situazione della Polonia del sud anni ’90. Io stesso ho trovato nei conflitti e nei temi descritti nel libro, diverse similitudini all’Inghilterra rurale degli anni ’80. Entrambi abbiamo percepito la vicenda di Jagna come una storia rilevante ed attuale, anche a causa della massiccia presenza dei social media nella vita dei giovani che alimentano episodi di bullismo e molestie online, dirette principalmente contro le giovani donne. Ragazze che, secondo noi, oggi affrontano una realtà più violenta rispetto agli ultimi 20, 30 o 40 anni. Diciamo che le violenze subite fisicamente da Jagna oggi sono all’ordine del giorno sulle piattaforme social.
E la vostra intuizione è stata confermata, giusto?
Esatto, in Polonia abbiamo avuto due milioni di spettatori al cinema. Our Land è stato il film polacco di più grande successo negli ultimi cinque anni. Al botteghino abbiamo superato addirittura colossal come Barbie e Oppenheimer. Ed il nostro pubblico è stato composto per la gran parte da giovani: adolescenti e ventenni.
Quindi, possiamo leggere Our Land come una metafora della società contemporanea?
Sì. I temi affrontati: dai conflitti familiari, al modo in cui la società tratta le donne, sono assolutamente attuali. Si tratta di problematiche non ancora risolte. Abbiamo deciso di raccontarle proprio per sfidare il pubblico e invitarlo a chiedersi, riconoscendo le situazioni descritte, quanto siamo davvero cambiati rispetto a 130 anni fa.
La regista definisce Our Land un film femminista, secondo lei come dovrebbero ribellarsi oggi le donne per emanciparsi definitivamente?
Penso che le donne dovrebbero lavorare sul concetto di solidarietà femminile. Uno degli aspetti più scioccanti del film, a mio parere, è che le persone decisive per la caduta di Jagna sono proprio le donne anziane del villaggio. Nel film, come nella società, esse rafforzano il patriarcato. Se le donne stesse sostengono i valori di una società dominata dagli uomini, chi cerca giustizia e uguaglianza non riuscirà mai a farcela. Anche alla luce dell’elezione di Trump, è evidente che viviamo una realtà in cui le donne unite potrebbero difendere i propri diritti per ottenere una società più equa che sarebbe un bene per tutti, anche se forse gli uomini non l’hanno ancora capito.
Tornando ai social media, secondo lei, qual è la soluzione? Dovremmo respingerli o usarli diversamente?
Penso che dovremmo liberarci dal dominio degli algoritmi, che creano posizioni estreme e consolidate. Le persone si sentono più coraggiose quando sono anonime, è facile essere cattivi con qualcuno quando non lo si guarda negli occhi. Credo che ci debba essere una regolamentazione più severa ed anche una riflessione su come orientare la crescita dei più giovani.
“Our land”, un’opera d’arte in movimento
A livello tecnico, colpisce il contrasto tra la poeticità del linguaggio e l’asprezza del tema.
Sì, è molto raro. Generalmente l’animazione si associa a contenuti per bambini e famiglie; tuttavia, il fatto che Disney abbia avuto per lungo tempo il monopolio sui lungometraggi animati, non implica che debbano essere rivolti necessariamente a quel pubblico. In Europa c’è una lunga tradizione di cortometraggi politici, sovversivi o destinati a un pubblico adulto. Speriamo che presto si passi ai lungometraggi. Di sicuro, dopo Loving Vincent, mi pare che il trend stia cambiando. Poi, noi ci ricolleghiamo a una tradizione ben più antica, quella della pittura ad olio, nota per le scene drammatiche e cruente.
Un procedimento di realizzazione complesso
Qual è stata la fase più complessa del processo di produzione?
La realizzazione del progetto ha richiesto anni di lavoro. Senza dubbio la fase di pittura è stata la più complessa. Sulla base di riprese effettuate con noti attori polacchi in luoghi reali, sono stati dipinti circa 40.000 fotogrammi, ciascuno dei quali ha richiesto almeno cinque ore di lavoro. Our Land è un film corale, ricco di ritratti, dettagli, scene di battaglia, danza, location interne ed esterne. Insomma è stato proprio una sfida e siamo soddisfatti del risultato finale.
Ludovica Palmieri
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