Daniele Segre ricordato al Torino Film Festival con la proiezione di Ragazzi di stadio
Il regista torinese, scomparso a inizio 2024, è stato uno dei più importanti documentaristi degli ultimi decenni. Tra i suoi documentari anche quelli dedicati a Gilardi, Pistoletto e Lisetta Carmi. E il 29 novembre esce un libro dedicato al suo lavoro sulle tifoserie, riedizione del testo uscito nel 1979
Il Torino Film Festival rende omaggio a Daniele Segre (Alessandria, 1952 – Torino, 2024), il regista scomparso il 4 febbraio di quest’anno dopo una breve malattia, a pochi giorni dal suo 72esimo compleanno.
“Quando ho ricevuto l’incarico di Direttore artistico della 42.a edizione del festival, la prima casella che ho voluto riempire è stata quella dedicata a Daniele” racconta Giulio Base. “Ho contattato il figlio Emanuele che mi ha informato della digitalizzazione a cura dell’Archivio Cinema d’Impresa di Ivrea di uno dei suoi film più noti, Ragazzi di stadio, che abbiamo subito inserito nel programma”.
Un film sugli ultras di Juventus e Torino
Girato nel 1980 in 16 mm (60′), il film è il frutto di un lungo lavoro, fotografico, filmico, relazionale iniziato già due anni prima quando Daniele Segre aveva realizzato il corto Il potere dev’essere bianconero (1978, 16 mm, 15′). Il tema è quello, pionieristico per l’epoca, della nascita del tifo organizzato negli stadi italiani. “Questa ricerca sul mondo della tifoseria giovanile è nata da una scritta che ho letto su un muro a Torino e che diceva «Il potere deve essere bianconero». lo, che avevo seguito, anche come fotografo della realtà̀, le situazioni politiche che si erano sviluppate dopo il Sessantotto, ero rimasto colpito da quella scritta che trasportava dal linguaggio politico a quello sportivo lo slogan sessantottino Il potere deve essere operaio”, raccontava Segre spiegando la genesi del film.
Per due anni il regista è andato tutte le domeniche a vedere le partite di Juve e Toro, è entrato in relazione coi ragazzi frequentando durante la settimana i club dei tifosi. Viene accettato e i ragazzi si mostrano disinvolti e spontanei davanti alla macchina da presa. La voce fuori campo del regista interviene in pochissimi casi. “Il cinema documentario è l’arte di trovare la giusta distanza tra la macchina da presa e le persone e questa capacità si percepisce bene nei film di Daniele Segre“, sottolinea Carlo Chatrian, neodirettore del Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Il cinema di Daniele Segre
La definizione di “film-inchiesta” non è mai piaciuta al regista torinese, ma oggi Ragazzi di stadio, a quasi 45 anni dal momento in cui fu girato, rimane una preziosa testimonianza di una generazione sospesa fra il disimpegno politico e la necessità di trovare una nuova fede nel tifo collettivo e partecipato per la propria squadra del cuore. Pensieri, sguardi, illusioni, paure di ragazzi di barriera (soprattutto i bianconeri) che appaiono ancora ingenui e sinceri se visti con gli occhi dell’attualità, alle prese con un tifo organizzato ben più violento e infiltrato dalle mafie. La macchina da presa segue da vicino i ragazzi durante la preparazione degli striscioni e dei cartelloni con sfottò (e insulti) per la squadra avversaria durante le settimane che precedono il derby, la partita più sentita dell’anno. A Segre interessano le dinamiche di gruppo, ma sono bellissime le immagini girate allo stadio, nelle curve affollate all’inverosimile delle squadre Torino e Juventus, con la macchina da presa sballottata fra esplosioni di petardi, fumogeni e supporter agitati. La trilogia sul tifo da stadio si sarebbe conclusa nel 2018 con la presentazione al Torino Film Festival di Ragazzi di stadio, quarant’anni dopo in cui il regista torinese racconta i Drughi, gruppo ultras della Juventus.
La lunga filmografia di Daniele Segre
Ragazzi di stadio è uno dei primi titoli di una lunghissima filmografia. Nei mesi prima di morire Segre stava lavorando a un nuovo documentario su Bruno Segre, partigiano, avvocato e militante morto a 105 anni pochi giorni prima di lui. Un progetto completato dal figlio Emanuele che ora si occupa della casa di produzione I cammelli fondata nel 1981.
La capacità di girare film a basso costo, l’impegno sui temi sociali, le competenze tecniche che gli permettevano di scrivere i testi, dirigere, fotografare, faro lo scenografo, montare e produrre sono fra le qualità riconosciute a Daniele Segre che è stato per molti anni anche docente di Cinema della realtà al Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema di Roma. Nei suoi film ha affrontato, prima di altri, temi come quelli delle morti sul lavoro, droga, malattia mentale, carceri, AIDS, Alzheimer. Poi ci sono le opere dedicate all’esperienza delle donne partigiane, al mondo dell’ebraismo.
Il film su Maria Adriana Prolo e il Museo del Cinema
Fra i suoi film più belli, testimonianza dell’amore per il cinema, c’è il documentario Occhi che videro, in cui racconta la figura di Maria Adriana Prolo, la fondatrice del Museo Nazionale del Cinema. Un raro documento su una persona schiva e riservata a cui il cinema torinese (e non solo) deve molto.
Da ricordare ancora – i suoi interessi erano poliedrici e aveva la rara sensibilità di dar voce a personaggi non sempre al centro del mainstream mediatico – i film dedicati a Tonino De Bernardi (2023), Piero Gilardi (2018), Michelangelo Pistoletto (2013) e Lisetta Carmi (2010).
Dario Bragaglia
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