The Brutalist candidato all’Oscar: la video intervista a regista e sceneggiatore
Il film vincitore ai Golden Globe e candidato agli Oscar arriva nelle nostre sale dal 6 febbraio con Universal Pictures. Alcune scene sono state girate a Carrara nelle cave di marmo
Chi è veramente László Toth? È una vittima o un eroe? Cosa vuol dire essere straniero in questa narrazione? E cosa rappresentano le scene girate in Italia, a Carrara e nelle cave di marmo? Il regista Brady Corbet (Vox Lux, The Childhood of a Leader- L’infanzia di un capo) e la sceneggiatrice Mona Fastvold hanno creato e realizzato un film destinato a fare la storia del cinema, per racconto, stile, visione audace e sperimentale.
The Brutalist è a tutti gli effetti un grande film – e non solo per la sua durata di oltre tre ore. È anche un’opera complessa in cui si incontrano e intrecciano temi quali immigrazione, sfruttamento, sogno americano e ancora talento, resilienza e creatività. Nel video la nostra intervista a Corbet e Fastvold.
La trama ufficiale
The Brutalist, vincitore del Leone d’Argento per la Miglior Regia alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, e candidato agli Oscar 2025, arriva nelle sale italiane dal 6 febbraio con Universal Picture, ma quale è la sua storia?
In fuga dall’Europa del dopoguerra, il visionario architetto László Toth arriva in America per ricostruire la sua vita, il suo lavoro e il suo matrimonio con la moglie Erzsébet, dopo essere stato costretto a separarsi durante la guerra da confini e regimi mutevoli. Da solo in uno strano nuovo paese, László si stabilisce in Pennsylvania, dove il ricco e famoso industriale Harrison Lee Van Buren riconosce il suo talento per l’edilizia. Ma potere ed eredità hanno un prezzo elevato…
Adrien Brody protagonista di The Brutalist
Il regista Brady Corbet ha impiegato ben sette anni per realizzare The Brutalist e ha trovato un perfetto sostenitore nell’attore Adrien Brody (Il pianista, Grand Budapest Hotel, Midnight in Paris) che qui veste i panni del protagonista. Del suo personaggi ha così commentato: “Toth è un architetto ebreo ungherese che fugge dall’Europa dopo la guerra e arriva in America per iniziare una nuova vita e ricongiungersi con la moglie da cui è stato forzatamente separato. È il viaggio di un rifugiato legato al suo passato di cui è anche stato spogliato. Sta cercando di trovare la sua strada in una nuova terra con un nuovo insieme di regole”.
Brutalismo, guerra e materiali
Il regista e la sceneggiatrice hanno dichiarato di essere affascinati dall’architettura brutalista, e ad averli conquistati è la sua risonanza prepotente, fisica e psicologica, che si è avuta nel dopoguerra, a partire dagli anni Cinquanta.
“Per noi, la psicologia del dopoguerra e l’architettura del dopoguerra – incluso il Brutalismo – sono collegate. Qualcosa che portiamo in vita nel film attraverso la costruzione dell’Istituto, una manifestazione di trent’anni di trauma in László Toth e la ramificazione di due guerre mondiali”, ha affermato Corbet in una nota ufficiale. “Abbiamo trovato poetico che i materiali sviluppati per la vita durante la guerra siano stati poi incorporati in residenze e progetti aziendali negli anni Cinquanta e Sessanta da artisti del calibro di Marcel Breuer e Le Corbusier”.
Margherita Bordino
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