Opus – Venera la tua stella: il film di un giornalista che critica il sistema
Mark Anthony Green, ex giornalista di moda, debutta dietro la macchina da presa con un lungometraggio a metà tra il thriller e i toni eccentrici della commedia. Un film che mette sul ring celebrità, giornalisti, fan. Il trailer
Opus – Venera la tua stella ha fatto il suo debutto al Sundance e arriva in Italia dal 27 marzo con I Wonder Pictures. È un nuovo progetto cinematografico firmato A24: un thriller eccentrico, colorato, divertente e anche sfidante. Decisamente e assolutamente pop, prende di mira la fama, le star e la propria fandom, ma anche i giornalisti e tutto quell’universo mediatico fatto di influencer, opinionisti, paparazzi che a volte ritraggono e raccontano personaggi o situazioni in modo non del tutto reale.
Opus – Venera la tua stella, non accolto benissimo dalla critica internazionale, non è per nulla un’occasione mancata, anzi: è una prima volta, quella di Mark Anthony Green, ex redattore di GQ, che delinea un certo carattere, per nulla banale, del suo autore. Un film guidato da due interpretazioni principali, quelle di Ayo Edebiri e John Malkovich, entrambe pietra preziosa al servizio della narrazione.
Opus – Venera la tua stella è un film di per sé folle, che mette al centro “della pista” il culto delle celebrità (qualcosa che riguarda tutti, chi più chi meno e anche chi lo nega!).
Opus – Venera la tua stella: la trama del film
“Opus è la mia teoria sul tribalismo”, dice il regista Mark Anthony Green. “Ho scelto di dire qualcosa di pesante, importante e controverso e di farlo nel modo più divertente possibile. Tutti noi abbiamo delle persone o delle personalità a cui siamo strettamente correlati o legati come individui e come società. Nel film c’è un po’ questo dialogo, questa lotta, per cui il mio idolo è migliore del tuo e se non segui il mio idolo, la mia persona di riferimento, alla fine non andrà bene. Se invece la segui diventerà tutto più bello. Ecco queste sono stronzate. Io penso che tutto ciò ci allontani sempre di più gli uni dagli altri e che in qualche modo distrugga ogni tipo di legame che cerchiamo di costruire”.
Per parlare di Opus – Venera la tua stella non si possono non citare artisti come David Bowie, Prince, e il motivo è semplice. Avete presente il tipo di attenzione, passione, amore, fissazione che si è sviluppata attorno a loro, o a personaggi simili? Ecco, questo è quello che avviene con Alfred Moretti, protagonista del film e icona musicale Anni ‘90, soltanto che qui la situazione degenera, e da entrambe le parti. È ovvio, questo thriller vuole essere una metafora, e seppur non centra in pieno il ritmo, riesce bene a comunicare e chiarire il proprio punto di vista e la propria angolazione.
Un film tra divertimento e devozione
“Opus è divertente ed è stato un bel viaggio da intraprendere”, aggiunge Mark Anthony Green. “So che molti registi non amano o non amerebbero definire il proprio prodotto come divertente, perché magari può suonare come qualcosa di riduttivo, io però credo che non c’è cosa più bella al mondo del divertimento”.
Alfred Moretti è qui un dio con un gregge che segue la sua dottrina, e sul tema della religione il regista commenta così: “Credere in qualcuno è uno degli istinti primordiali più profondi e umani che ci siano. Credere vuol dire riempire quel vuoto che appartiene ad ognuno di noi e che ognuno riempie a proprio modo. Negli USA ad esempio molte persone lo riempiono con la politica ma c’è anche la musica, ci sono gli attori… ecco siamo profondamente orientati nei confronti di queste persone che creiamo questo legame talmente profondo che alla fine penso ‘questo tipo di devozione, alla fine, ci porta qualcosa?’, che è anche la domanda che spero si ponga alla fine il pubblico”.
Una critica anche verso il giornalismo
C’è da chiedersi e senza fare troppo spoiler: quello che succede nel film è tutta colpa del giornalismo, del gossip, di chi alimenta con penna e video lo spettacolo? “Io sono stato un giornalista per 13 anni e se c’è una cosa che so è che il vostro lavoro è estremamente importante, ma anche estremamente difficile”, afferma il regista.
“Con Opus non ritengo di voler muovere una critica severa nei confronti del giornalismo, ma ho anche visto amici, colleghi, persone che stimo che quando leggono un pezzo su di loro si sono sentiti un po’ manipolati. Per questo la mia intenzione all’interno del film è di esplorare questo punto di vista realizzando una sorta di equilibrio tra le due tesi”.
Ispirazione tra cinema e moda
Molto dell’esperienza lavorativa precedente di Mark Anthony Green echeggia in questo film. Della sua formazione come professionista, ma anche come spettatore cinematografico e amante della moda. “Sono un regista nero e alla fine dei titoli di coda vedrete un ringraziamento speciale a Spike Lee. Non so neanche se abbia visto il mio film o se sappia che esiste, però lui è stato in queste sale, lo è da tanto tempo e lo è tuttora, e ha combattuto per far proiettare film strani, inusuali, di stampo avanguardista e per questo non posso che avere una profonda gratitudine nei suoi confronti”.
E riguardo alle sue influenze aggiunge: “Per me uno dei più grandi registi in tutto il mondo è Takashi Miike. Sono tanto ispirato da questi registi – tra cui anche Paul Thomas Anderson – quanto lo sono da Miuccia Prada. Sono stato un giornalista di moda, e sono stato anche a stretto contatto con diversi direttori creativi, li ho visti preparare sfilate, fashion show con una tale attenzione e dedizione che ho voluto mettere lo stesso coinvolgimento nel mio film”.
Margherita Bordino
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