La regista Laura Luchetti racconta il “suo” Gattopardo

Dopo essersi confrontata con un bellissimo testo di Pavese, la regista de “La bella estate” è entrata a far parte di un team gigantesco, quello della serie Netflix “Il Gattopardo”, per cui ha diretto l’episodio 5

Fiore gemello, Sugarlove, La bella estate. Laura Luchetti è una regista che ha spesso indagato l’amore, la giovinezza, l’innocenza sempre con un occhio di riguardo a questioni più ampie e universali. Troviamo adesso la sua firma tra la regia della serie Il Gattopardo, disponibile su Netflix dal 5 marzo 2025. Tom Shankland dirige quattro episodi su sei e gli altri due sono affidati rispettivamente a Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti.

La regista accompagna gli spettatori lontano dalla caldissima Sicilia di Tomasi di Lampedusa e li conduce in un contesto del tutto differente, a Torino, città a lei cara, in un episodio in cui tutto esplode e si svela, in cui i personaggi principali (in primis Concetta) gettano via le maschere. Di seguito la nostra conversazione con la regista che ha un sogno nel cassetto: dirigere al più presto per il grande schermo una grande opera lirica.

Laura Lucchetti
Laura Lucchetti

Intervista alla regista Laura Luchetti

Cosa ha rappresenta per te questo progetto?
Quando ho saputo che avrei potuto fare questo lavoro l’emozione è stata molto grande e per vari motivi. Il primo è che Tom Shankland è un regista di cui ero e sono una grande fan, e poi il fatto che qualcuno avesse avuto il coraggio e anche l’umiltà di prendere di nuovo in mano un romanzo fondamentale per la letteratura europea e non solo, esplorarlo nuovamente e farlo esplodere in tutte le linee e le pieghe che non erano state esplorate. In più la lettura delle sceneggiature è stata una gioia infinita e mi permetteva di tornare a girare a Torino, nella mia città adorata, dove ho girato La bella estate con Deva Cassel.

L’episodio che ti è stato assegnato è il quinto. Di cosa tratta?
È l’episodio dell’amore, delle passioni, dello svelamento, ma anche della verità di alcuni personaggi. Qui c’era una scena del Nabucco e bisognava dirigere anche questa scena e il suo coro: questo elemento è stato un plus, perché io vengo da una famiglia di cantanti d’opera, non ne ho mai diretto una e mi sarebbe sempre piaciuto. È stata l’occasione per confrontarmi contemporaneamente con cento persone sul palco, trecento comparse nel teatro, i nostri attori, insomma è stata un’esperienza che aveva tante forme di felicità per me. Soprattutto mi ha dato la possibilità di tornare a leggere un romanzo che leggevo per la terza volta e ogni volta con una maturità diversa e un occhio diverso, attento a dettagli diversi. L’occhio che con la crescita si adatta e vede cose nuove.

Torino e i personaggi femminili nel nuovo “Gattopardo” di Netflix

E poi c’è Torino appunto, e l’irrompere ancora di più dei ruoli femminili…
Il quinto episodio è l’unico che si svolge a Torino. Un episodio un po’ bolla dove il femminile è trattato in maniera molto incisiva e questo è un altro forma multistrato che mi ha appassionato a questo progetto. Qui, questa giovane donna innamorata del padre, Concetta, che ha vissuto sempre sotto la sua ala, che ha fatto sempre quello che lui le chiedeva, tira fuori gli artigli e chiede, pretende il proprio spazio. Abbiamo girato uno scontro meraviglioso fra Benedetta Porcaroli e Kim Rossi Stuart.

Concetta nella serie è il personaggio maggiormente sviluppato, quello che vive una sorta di riscatto rispetto al film di Visconti.
Concetta è una donna di quell’epoca a tutti gli effetti ma al tempo stesso diventa una voce femminile, permettimi tra virgolette di dire femminista ante litteram. Questo episodio è proprio l’altra parte della Luna. Siamo nel momento in cui Concetta e il Gattopardo vanno a trovare Angelica e Tancredi nella loro casa da sposi scoprendo che la loro felicità è solo una facciata, che all’interno il mondo non è così luccicante come vogliono farlo vedere.

Anche il femminile del personaggio di Angelica ha le sue belle sfaccettature…
Angelica porta con sé una grande malinconia. Anche lei per tutta la vita ha fatto cose che voleva suo padre e trovando nella bellezza e nello charme l’arma per riuscire ad ottenere quello che forse in fondo lei non voleva ma che voleva il padre. È stato bello lavorare con questi due personaggi femminili che in questo episodio si svelano, buttano via le maschere.

Il cambiare dei tempi e il successo del “Gattopardo”

A un certo punto il Gattopardo dice siamo “una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi e i nuovi”.
Questa frase riguarda un grande monologo che avviene proprio nel mio episodio. È una delle analisi più profonde sul potere e, secondo me, a livello letterario, è proprio il cuore del romanzo. Nel libro tutto ruota attorno al potere, un potere che si è avuto per tanti secoli e che a un certo punto viene perso. Si tratta di una perdita familiare e politica. Don Fabrizio vede sgretolarsi una famiglia che ha tenuto stretta con gli artigli per tutta la vita, mentre i nobili del tempo stanno perdendo il potere in una situazione politica di forte ribellione. È meraviglioso il corto circuito, la metafora, tra la famiglia di Don Fabrizio e il regno d’Italia.

Il Gattopardo è un libro che parla al presente?
Il Gattopardo non è solo un libro che parla al presente. Parla anche al futuro. Parla della fine di un’epoca che è ciclica e che stiamo vivendo adesso.

Alla fine è una grande storia di cambiamento e disillusione?
È una storia sulla perdita dell’innocenza. Chi aveva creduto che il cambiamento non potesse arrivare con Garibaldi, con le camicie rosse, e che popoli così diversi si potessero unire, era innocente e ingenuo. Come poteva Don Fabrizio con questa ingenuità, che gli viene anche da un potere che detiene da tanti secoli, pensare che prima o poi quel controllo che esercitava su tutti i fili si sarebbe spezzato? Seppur partendo da un caso individuale, è una grande allegoria storico-politica.

Margherita Bordino

Foto credit: Netflix / Lucia Iuorio https://we.tl/t-kAIxDgYHFS

Posato della regista in allegato, Foto Erica Fava @muroproductions

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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