Intervista all’artista Yumi Karasumaru che ha realizzato l’immagine del Future Film Fest di Bologna

È sempre l’età per ridere e giocare. Questo il messaggio veicolato dalla 25esima edizione del 24FRAME Future Film Fest di Bologna, anche tramite l’immagine realizzata dall’artista e performer giapponese presente al Festival con alcune opere. L’abbiamo intervistata

Il 24FRAME Future Film Fest di Bologna dedica la 25esima edizione al tema del gioco e del giocattolo per celebrare i 30 anni dall’uscita del film Toy Story. Così, l’ormai radicato Festival del cinema d’animazione, dal 9 al 13 aprile negli spazi di DumBo, in un momento storico complesso come quello che stiamo vivendo, mette al centro una dimensione ludica, ampia e inclusiva, che si propone di far sorridere, alleggerendo gli animi di adulti e bambini. E, per rappresentarla al meglio ha affidato la creazione della sua nuova immagine a Yumi Karasumaru (Osaka, 1958), pittrice e performer giapponese, residente a Bologna che, con il suo coniglietto pop, ha centrato a pieno il messaggio veicolato dalla manifestazione.

Intervista all’artista e performer Yumi Karasumaru

Qual è il tuo rapporto con la città di Bologna?
Vivo qui da 30 anni. Ho messo anche su famiglia. Ero venuta a Bologna per studiare Pittura

all’Accademia delle Belle Arti, dove mi sono diplomata. Poi, ho avviato la mia attività artistica. All’epoca c’erano tante realtà interessanti, la città era molto vivaculturalmente. I critici d’arte hanno stimolato molto il mio lavoro come Roberto Daolio scomparso da un po’ di tempo. La prima mostra importante a cui ho partecipato è stata Aperto ‘95 alla GAM (Ex Mambo) per la Biennale di Venezia nel ’95.

Perché hai scelto questa città?
Dopo la laurea a Kyoto ho scelto Bologna su consiglio di due amici, studenti e ceramisti, che avendo frequentato l’Accademia mi avevano descritto le affinità della città italiana con Kyoto. Entrambe universitarie, comuniste e a misura d’uomo.

Bologna ha cambiato e/o contaminato (se così possiamo dire) la tua arte dai dipinti alla performance?
Oggi il mondo è digitale e digitalizzato; puoi essere dove vuoi, senza che questo influisca necessariamente su ciò che fai. La cosa più importante è quale spazio tu personalmente vivi. Non è così importante la città in cui si vive, ma il proprio spazio. Ho una casa con i soffitti alti, che mi permette di respirare e creare. La città di Bologna è piena di cultura, l’università in particolare è una realtà culturale multidisciplinare. Mi piace apprendere da artisti più giovani di me e anche dall’arte antica.

Nella tua mostra Image l’arte del dipingere è un mezzo potente per guardare la realtà e provare a cambiarla. Come guardi la realtà attraverso la tua nuova creazione per il Future Film Fest, l’immagine del coniglietto creata ad hoc per l’occasione?
Quando mi hanno chiesto di creare il simbolo del 25esimo del Future Film Fest e per me stato un onore. Giulietta Fara, direttrice del Future Film, mi ha parlato del tema e da lì ho iniziato a fare delle ricerche su giocattoli antichi degli anni 40 e 50, sia di origine orientale che europea. Volevo trasmettere un messaggio positivo e d’amore, che tirasse su il morale, da qui l’uso dell’espressione Keep Smiling, sorridiamo appunto. Per il coniglietto mi sono ispirata all’immagine di un pupazzetto in 3D che ho visto 20 anni fa su una rivista. Ne ho realizzate due versioni: una semplice solo con disegno, che è stata scelta per il Festival e l’altra in versione Keep Smiling.

Yumi Karasumaru nel suo studio mostra l'immagine del 24Frame FFF
Yumi Karasumaru nel suo studio mostra l’immagine del 24Frame FFF

Per te il tema del gioco-giocattolo non è nuovo, spesso le tue opere sono popolate di dolls e toys come nella mostra “CHA – CHA – CHA WITH THE TOYS!” o negli sfondi della serie Macaone. Ricordi ancora cosa c’era nella tua stanza da bambina?
Da bambina giocavo con le bambole, tipo Barbie. Guardavo i cartoni animati. A Bologna potevo tornare a guardare cartoni in lingua originale giapponese al Future Film Fest, occasione preziosa. E poi c’erano anche tanti registi famosi giapponesi di cui a volte ho fatto l’interprete, collaborando con il FFF.

Come ti collochi oggi all’interno del gioco? Pensiamo al gioco come dimensione interiore che appartiene anche a un mondo adulto.
Forse quando penso al gioco mi viene in mente qualcosa di antico come Origami, l’arte giapponese di piegare uno o più fogli in più parti seguendo delle regole. Oppure penso alla realizzazione di vestiti per le bambole. Alla mia età un gioco è anche cucinare. In Giappone si preparano tantissimi tipi di cibi il 31 dicembre, molto decorati e belli: potremmo dire che è cibo artistico, che a questo punto però non è più un gioco. Altri giochi possono essere i vari tipi di ginnastica, come Yoga o stretching.

I tuoi lavori sono molto intensi e stratificati nelle forme e nel colore. Si muovono tra tecniche e tradizioni giapponesi, arte medievale e nuovi orizzonti verso un approccio pop, nuovo e sperimentale in una ricerca continua tra passato, presente e futuro.
Il mio lavoro parte sempre da un’immagine o da una fotografia scattata da me, come in Tokyo Landscapes. Poi ci sono il disegno e il colore: quando vedo l’immagine penso subito a quale potrebbe essere il colore principale. Dopodiché inizio a combinarne diversi. Ne ho creati oltre 500, ciascuno dotato di un proprio codice numerico. 
Durante la pandemia mi sono avvicinata all’arte medievale occidentale e, aggiungendovi elementi del periodo EDO giapponese, ho creato la serie Learning from the past (impara dal passato), tutta giocata sull’intreccio tra Oriente e Occidente.

Lavinia Laura Morisco

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Lavinia Morisco

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L’arte ha sempre accompagnato la mia vita dalla prima adolescenza, dalla passione per la danza in primis, per la musica e per le res artis. Questo ha influito sul mio interesse per il teatro e per lo spettacolo dal vivo,…

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