E se le sale cinematografiche di Roma rinascessero sul modello francese?

Prosegue a Roma il dibattito sul futuro degli ex cinema, paradigma della situazione nazionale. Sull’Aventino, gli spazi della Basilica di San Saba hanno accolto un pomeriggio di dibattito e scambio organizzato da vari enti capitolini, a partire dalla Fondazione Piccolo America

Roma, colle Aventino, quartiere San Saba. Negli spazi parrocchiali della paleocristiana (e omonima) basilica va in scena un incontro tra enti capitolini sui possibili scenari di recupero delle sale cinematografiche. Tutto ricorda, ed evoca, immagini che arrivano dal secolo breve. Si è tornati, infatti, a parlare di cinema e del futuro delle sale, proprio in quei luoghi che hanno ospitato per lungo tempo proprio tali attività: le parrocchie. In una scenografia che sembra uscita dal film di Nanni Moretti La messa è finita del 1985 (dove il regista, nei panni di Don Giulio, sulle note di I treni di Touzer di Battiato, non riesce a far breccia sulla comunità di amici e parrocchiani) hanno dialogato, e proposto scenari di recupero osservanti il modello d’oltralpe vari relatori. Da Valerio Giuseppe Carocci, per Fondazione Piccolo America, a Silvano Curcio professore e architetto, nonché autore del recente volume Fantasmi Urbani – La memoria dei cinema di Roma; da Anna Maria Bianchi per Carte in regola a Luca Carinci per Live Alcazar, oltre a Francesca Comencini, a nome 100autori, Catello Masullo, per Italia Nostra, Paolo Ravagli, del Comitato SOS sale, insieme ad alcuni protagonisti della scena politica romana. A dimostrazione che il tema colpisce sia chi in quegli spazi ha trascorso momenti di vita, ma anche chi – come chi scrive – le fumose sale cinematografiche le conosce solo tramite il ricordo, malinconico a tratti, di genitori e nonni, il pubblico all’ascolto è variegato. Professionisti del settore e comuni cittadini di ogni età.

L’incontro “Terzi Luoghi: una città che si-cura” alla Basilica di San Saba a Roma, aprile 2025. Photo courtesy Fondazione Piccolo America
L’incontro “Terzi Luoghi: una città che si-cura” alla Basilica di San Saba a Roma, aprile 2025. Photo courtesy Fondazione Piccolo America

Il futuro architettonico e culturale delle sale cinematografiche dismesse

A Roma, come in ogni parte d’Italia, la situazione è precaria: senza una tutela ad hoc,e delle prospettive di recupero, numerose sale cinematografiche continueranno a scomparire. Al loro posto si insediano attività che, date le funzioni non sovrapponibili con gli spazi, minano tanto la dimensione architettonica, quanto le dinamiche sociali, che i cinema di quartiere hanno sempre garantito. Scenari per il domani, più prossimo che mai, sono quindi disperatamente urgenti. Proprio nella Capitale, tra i banchi del Campidoglio, è pugno di ferro tra chi vede nelle sale cinematografiche dismesse una potenzialità di profitto, andando però a minare, come già spiegato, il valore socio-culturale dei luoghi stessi e chi, invece, mantiene alta la bandiera della cultura, volendo conservare, e destinare ad una nuova funzione coerente e rispettosa delle architetture, le sale. Legislativamente parlando, tutto si gioca attorno a una nuova normativa urbanistica (Legge 171, soprannominata “Legge Metropolitan”, dal nome dello storico cinema su via del Corso, come spiegato dal professore Silvano Curcio durante il suo intervento) che se non bloccata comporterebbe la perdita delle ben, quasi, 55 sale dismesse presenti sul territorio romano.

La rinascita delle ex sale cinematografiche di Roma come terzi luoghi francesi

Bloccando l’incombente “legge Metropolitan” e delineando delle riconversioni future adatte alle architetture, si pongono le basi del nuovo destino delle sale cinematografiche: diventare dei cosiddetti “terzi luoghi”. Ma cosa sono, quindi, i terzi luoghi? Concetto coniato dal sociologo urbanista americano Ray Oldenburg, e codificato nel libro The Great Good Place del 1989, i terzi luoghi sono spazi, prevalentemente architettonici ma anche verdi (comunque, dalla pubblica fruizione), destinati alla convivialità, alla coesione sociale e allo stare insieme, ma anche commerciali. In conferma di come, tali nuove destinazioni, riescano a supplire tanto all’aspetto puramente di comunità quanto anche legato alla sfera economica.
Seppur non codificati nel testo di Oldenburg l’Italia ha già conosciuto i terzi luoghi: sono quei bar, quei circoli, quelle piazze rionali (oggi frequentati da generazioni che hanno strutturato la propria socialità in questi terzi luoghi ante litteram) che costellavano la penisola durante il secolo breve. Il disperato bisogno delle nuove generazioni di un terzo spazio (intendendo come primo la casa e come secondo il lavoro) è confermato anche da progetti come Circolo Outpump, frutto della collaborazione tra la rivista Outpump e Lava Project in occasione del Fuorisalone 2025, a Milano: un progetto che, tramite lo strumento dell’allestimento, indaga proprio il concetto di terzo luogo.

Il concetto di Terzi luoghi nell’accezione francese applicato a Roma

La prospettiva per i “nuovi cinema” però è più simile ai terzi luoghi, questa volta codificati, francesi: un esempio può essere individuato nel marsigliese Friche la Belle de Mai, una volta mercato, oggi, appunto, terzo luogo, o “edificio ibrido” (come li chiama Silvano Curcio) in un quartiere periferico e degradato che, grazie proprio alle nuove funzioni, ha assistito ad una riqualificazione anche nella dimensione urbana. Le sale, secondo Valerio Giuseppe Carocci, manterranno in parte la funzione cinematografica, altre diventeranno sale da ballo, sale per il clubbing, sale per conferenze e destinate a tutte quelle funzioni sovrapponibili grazie anche a un corretto intervento architettonico (come, ad esempio, l’insonorizzazione). Roma, Capitale e paradigma dell’Italia intera, si appresta ad affrontare una nuova sfida che modificherà la nostra quotidianità sociale e garantirà un futuro a luoghi della memoria collettiva come, appunto, le sale cinematografiche. Nell’attesa di futuri sviluppi, possiamo solo immaginare, osservando le realtà d’oltralpe come sarà tornare a vivere i luoghi fisici della settima arte, da sempre stimolo di dibattito, del sogno e di evasione dal quotidiano.

Giovanni Manfolini

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Giovanni Manfolini

Giovanni Manfolini

Giovanni Manfolini è borsista iscritto al XL ciclo del dottorato “Architettura. Teorie e Progetto”, presso l’Università Sapienza di Roma. Si laurea in Scienze dell’Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze con tesi in restauro e in Architettura – Restauro presso l’Università…

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