Doors su pellicola. E non parliamo del film di Stone
“Cinematic” di Gianni Romano si butta sulla musica. E parla dei Doors. Ma mica dell’agiografico film di Oliver Stone. Bensì di un documentario firmato da Tom DiCillo, “When you are strange”.
“Se le porte della percezione fossero spalancate, ogni cosa apparirebbe all’uomo per come è: infinita”: questa frase di William Blake presta il nome alla rock band che si forma nel 1965 e che, con la sua combinazione di blues, jazz e psichedelia, segnerà la musica del periodo. La musica come l’arte, infatti, fanno di quel decennio il periodo più sperimentale e interessante del secolo.
Ma torniamo al film, al documentario cioè, perché When You’re Strange (Usa, 2009) non risponde solo alla moda recente di questa forma narrativa sul grande schermo, ma riesce a essere un prodotto d’autore pur basandosi solo su documenti di repertorio. Magari è il ritmo che Tom DiCillo sa dare al materiale, lui che comincia in piena new wave newyorchese, è direttore della fotografia in un paio di film di Jim Jarmusch, esordisce con Johnny Suede nel 1991 (Brad Pitt col ciuffo da rocker), è il classico regista da Sundance o da Berlino. Ma la maniera in cui il regista racconta i Doors è il motivo per cui When You Are Strange supera le motivazioni puramente bio-agiografiche per farne un’opera.
Al contrario di quanto aveva fatto Oliver Stone (The Doors, 1991), Di Cillo non punta sulle stranezze del personaggio maudit, non fa retorica sull’ineluttabile destino dei maledetti, non calca la mano sul “club dei 27”. Jim Morrison resta sempre contestualizzato nel gruppo, e il gruppo appartiene a un affresco sincero della seconda metà degli anni ‘60. Forse la sua bravura è anche dovuta a una coincidenza fatale per questo film: come mai Johnny Depp presta la sua voce fuori campo? Certo, l’ha fatto anche col cartone animato Rango, ma ricordiamo che, in Dead Man Walking di Jarmusch, Depp dice agli indiani di chiamarsi William Blake.
Johnny Depp non è solo la voce narrante in When You Are Strange, è Jim Morrison che collega fatti e misfatti, è il legante che fa sì che Ray Manzarek affronti le crisi del suo compagno di scuola e raccolga ogni volta i pezzi per ricominciare, è l’immensa bravura di un attore che usa la voce come strumento per urlare drammi sussurrando. “People are strange when you’re a stranger“.
Il bello di questo lavoro di Tom DiCillo è che, con ricerca e abilità al tavolo di montaggio, trova un ritmo documentario che non si basa tanto sui fatti, ma sul ritmo col quale viene narrata la quotidianità. Di Cillo riesuma i Doors come se dovessero suonare l’ultimo concerto. Come a dire: “Guarda che un senso c’era“, che la “confusione” che altri spacciavano come difetto generazionale era la nostra linfa vitale… “People are strange when you’re a stranger“. La nostra scoperta come pubblico è che un senso c’è ancora.
Gianni Romano
Tom DiCillo – When You’re Strange
USA / 2009 / 86’
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #2
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