Buon compleanno Cage
John Cage compie cent’anni. Artisti e produttori di tutto il mondo dedicano un affresco vivente alla memoria di uno dei compositori più discussi degli ultimi decenni. Un percorso lungo un anno per ricordare il lavoro del Cage artista, teorico e uomo. Ma anche per riflettere sull’attualità della sua eredità artistica, sullo statuto/non-statuto della media art, sul ritorno del concettuale, sull’improvvisazione radicale e l’essere-performanti come condizione ontologica.
Alcuni lo considerano uno degli artisti più originali degli ultimi secoli, una figura chiave per lo sviluppo della musica contemporanea, l’emblema dell’invenzione tout-court, della libertà espressiva non solo in arte ma anche nella vita, o meglio sul piano idealizzato in cui l’una incarna l’altra. Altri giudicano John Cage uno dei compositori più sopravvalutati del Novecento, un esponente di successo dell’avanguardia americana del dopoguerra e protagonista, con Morton Feldman, Earle Brown e Christian Wolff, della Scuola di New York.
Compositore tra i più largamente discussi del XXI secolo, Cage si sottrae senza troppa fatica alle categorizzazioni semplicistiche e rimane saldamente al centro di questioni che toccano trasversalmente arte e politica, vita e pensiero. La sua popolarità è genuina. Fuori e dentro le accademie si ascolta, si legge, si studia il lavoro di John Cage, il quale amava esplorare i solchi, le linee di confine tra le forme e i contenitori dell’arte, mettere in scena la teoria ed enunciare l’invenzione. Ciò che colpisce maggiormente nel centenario della nascita di John Cage è la straordinaria influenza emancipativa del suo lavoro su generazioni di artisti in tutto il mondo, palesata sul piano estetico, formale e linguistico. Un’influenza che si moltiplica spontaneamente in Rete sotto forma di citazioni, manifesti, aforismi e discussioni, articoli, programmi di concerto. C’è in Cage un accento rivoluzionario che trova un terreno incredibilmente fertile nell’esplosione creativa degli ultimi anni (il binomio democrazia/creatività, che potremmo anche chiamare modello artistico-sociale: tutti gli occidentali sono artisti!). Questo incipit si esprime al meglio oggigiorno nella multimedialità come forma d’arte in se stessa, e in questo senso i lavori mixed-media di Cage degli Anni Novanta sono emblematici e anticipatori.
Ma chi fu Cage? Fu un sostenitore dell’indeterminismo (o indeterminazione) in musica, così come nell’insieme delle arti performative, sperimentatore di tecniche strumentali estensive e non convenzionali, performer di musica elettroacustica e pensatore attivo nello sviluppo della danza moderna, teorico, appassionato ed esperto di micologia. Indeterminato, àpeiron secondo il filosofo greco Anassimandro, il quale vi vedeva una sorta di pienezza indistinta (un finito-infinito o un in-finito) che ritorna a se stesso a partire dalla colpa. L’indeterminato di Cage, invece, rappresenta l’espressione come autonomia e creazione, il movimento infinitamente complesso e fluente che si dà nell’atto performativo. Prendiamo ad esempio il suo lavoro più celebre, 4’33’’. In questo pezzo, riflessione filosofica e invenzione artistica, ascolto e produzione di suono si rispecchiano gli uni negli altri in modo così immediato da svelare ilarità e ironia della creazione artistica. Cage non si limita a scrivere il silenzio nella maniera più giusta, cioè non scrivendo proprio nulla o quasi, ma estrae la durata per esporla al dominio del tempo e della percezione collettiva. In concerto. Un’idea semplice ma temeraria, tanto da scoraggiare chiunque voglia scrivere 2’10’’ o 13’00’’. Il silenzio di Cage non è un primato. È un lavoro che non c’è, ma che incarna la forza propria di ogni capolavoro: la singolarità assoluta.
Ma veniamo agli eventi del 2012. Nessun altro compositore avrebbe potuto ispirare una programmazione così densa. Sì, perché se il repertorio di Cage si esaurisce relativamente in fretta, nel 2012 siamo tutti invitati a essere John Cage. Il calendario è così fitto che non se ne può parlare. Dalla bellissima mostra inaugurale allestita all’Akademie der Künste di Berlino, che accostava il nostro compositore a Iannis Xenakis in un ritratto sorprendente, con partiture, schizzi, documenti e frammenti audio e video, all’open call 120 Hours for John Cage, una maratona radiofonica di un mese con lavori di – ispirati da o dedicati a – Cage. A John Cage Festival, il cui titolo è doppiamente programmatico (un tributo e al contempo una modalità), che presenterà a Los Angeles il lavoro di Cage compositore in una serie di concerti per svariate formazioni. E ovviamente non mancheranno la danza, il teatro, la poesia, i bandi di concorso. Non parlarne sarà difficile…
Alessandro Massobrio
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #6
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