Un sassofono a Napoli. Demme ritrae Avitabile
Un Enzo Avitabile che forse non ci si attendeva. E c’è voluto Jonathan Demme per farlo scoprire, pure agli italiani. Storia di 10 minuti di applausi alla Mostra del Cinema di Venezia.
È una sorpresa, sottoscritta da standing ovation e applausi di 10 minuti. Pochi hanno sospettato fino ad oggi che Enzo Avitabile fosse a suo modo immenso. Jonathan Demme neppure lo conosceva, prima che una radio americana lo fulminasse, una sera in auto, con il lancio: “E adesso Musica Napoli”. Il premio Oscar de Il silenzio degli innocenti e del capolavoro Philadelphia torna a casa, scarica tutto quel che trova su Avitabile e ha inizia la storia di un docufilm musicale che ci introduce in un mondo fatto di preghiere, di orazioni, di lamenti. Sono le litanie, lontano nel tempo e nello spazio, che Avitabile riprende e attualizza nei suoi testi strazianti e pieni di speranza e nelle sue musiche che accolgono i millenni, andando alle radici degli elementi sonori.
Demme lo riprende così com’è. Lo segue quando torna a Marianella, quartiere natio, a suonare il sassofono laddove lo studiava ossessivamente, anche 10 ore al giorno, in uno scantinato che odorava di tubi di scarico. Il quartiere lo saluta, si baciano tutti: è la Napoli più autentica, quella che sta a metà tra gli omicidi di Scampia e le vedute del Vesuvio. È la Napoli “normale”, quella dei quartieri dove tutti si conoscono e s’intrattengono a parlare in strada. E dove Demme arriva con la sua megatroupe americana scatenando una curiosità eccitata, che rende ancora meglio l’idea di cosa sia una città nella quale lo stesso David Chipperfield, direttore della Biennale dirimpettaia e coeva alla mostra, ha confessato che vorrebbe abitare (sic!).
Ma è la musica del mondo, quella dei padri dei padri, ad essere al centro del film. Avitabile ci guida come un Cicerone scapigliato dentro concerti eseguiti con sitar, chitarre spagnole, liuti iraniani, percussioni di ogni tipo e foggia. Duetta con cantanti libanesi e con lo Zi’ Giovanni, in lirismi che lasciano spazio alla forza terragna delle tamuriata. Sorprende la cultura musicale profonda di Avitabile, che ha pubblicato e mostra, con l’entusiasmo di un bambino, un libro in cui ha raccolto tutte le scale musicali del mondo. Lo ha poi fatto anche con i ritmi. Demme lo riprende, senza falsare le location, in una cameretta-studiolo di pochi metri quadri. Sembra un Einstein della musica etnica. Racconta dei suoi passaggi attraverso le religioni: prima cattolica, poi buddista, quindi cristiana “a modo mio”.
Anche con il sassofono, Avitabile a percorso molte strade. È passato dal bebop al jazz, al cool jazz per approdare alla musique du monde, quella che ha stregato anche Peter Gabriel. La bellezza della sua musica è data dal fatto che è capace di accogliere tutti, come in una sinfonia di storie, quelle dei popoli, che lo vede giocare il ruolo di direttore d’orchestra e di “narratore”. Poeta della sofferenza e della speranza, Enzo commuove ed entusiasma. Lo ha fatto con Demme, che va ringraziato per aver messo da parte il regista e tirato fuori il fan. Enzo Avitabile Music Life è uno dei più bei film della Mostra, lo si può già dire. In attesa della “risposta” ultrapop di Spike Lee con il suo film su Michael Jackson.
Nicola Davide Angerame
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