Creamfield: quando il festival crea un business
Conta ormai edizioni in tutti i continenti, Africa a parte. Oltre alle 14 edizioni del Regno Unito, in Europa se ne annoverano 9 in Spagna, 6 in Repubblica Ceca, 6 in Polonia, oltre a edizioni sporadiche in Portogallo, Lituania e Malta. Le più recenti in Australia ed Emirati Arabi.
La storia del Creamfield inizia nel 1992, con la fondazione di Cream, la discoteca che segnò la storia della musica house ed elettronica di Liverpool. Solo sei anni più tardi, nel 1998, i fondatori di Cream davano vita a un grande evento nel sud del Regno Unito, a Winchester.
Né i 25mila assistenti né gli organizzatori potevano immaginare che questo fortunato evento avrebbe favorito la nascita di un’industria musicale anche in diverse location estere. Fin dall’inizio fu chiaro il formato del festival che si stava proponendo al pubblico, oltre 10 ore di musica con palcoscenici che ospitavano tanto noti dj della scena musicale internazionale quanto gruppi musicali come The Chemical Brothers, The Prodigy, Groove Armada, Moloko, Underworld, Outkast. A differenza di altri festival, la tendenza all’internazionalizzazione segnò già le primissime edizioni, e nel 2001 il Creamfield sbarcò in Irlanda, a Punchestown, e poi fuori dal continente a Buenos Aires.
A partire dal 2001 l’espansione del festival continuò senza sosta, ma è certamente in America Latina che il Creamfield ha ottenuto il merito più grande, quello di essere stato portatore di generi e formati dell’industria musicali inediti. Questo novembre Buenos Aires, Santiago del Cile e Lima accoglieranno per un giorno la 14esima edizione del Creamfield in America Latina, e si attendono rispettivamente intorno ai 60mila, 14mila e 11mila spettatori. Proprio in Latino e Sud America il festival ha saputo diventare un punto di riferimento fondamentale per l’industria della musica elettronica, precedendo di alcuni anni la nascita di altri importanti festival come la South American Music Conference e il Moonpark di Buenos Aires.
Un giro d’affari su cui avevano puntato l’occhio anche diverse case produttrici musicali statunitensi, ma il Creamfield negli Usa non era poi riuscito ad atterrare, dopo le due edizioni cancellate di Las Vegas e Long Island nel 2001.
Pochi mesi fa James Barton, fondatore e CEO del festival, ha annunciato la vendita del Creamfield al famoso promoter americano di musica dal vivo Live Nation, che vanta tra i suoi prodotti anche la nota azienda web Ticketmaster. La compravendita si è chiusa con la cifra capogiro di 13,9 milioni di sterline e James Barton è stato messo a capo della divisione Electronic Music della Live Nation.
Resta da considerare che l’esportazione di determinati formati va spesso a discapito della sperimentazione delle proposte per cui un evento musicale si è reso celebre. A giudicare dalla cronologia degli artisti di punta ospitati dal Creamfield, i Prodigy tra i primi, e David Guetta tra i più recenti, risulta evidente come le ragioni della commercializzazione intervengano sulle caratteristiche del formato esportato.
Enrichetta Cardinale Ciccotti
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