Trucebaldazzi e gli altri. Il fenomeno del LOL Rap, in un webdoc di Wired
In principio era Trucebaldazzi. Il fenomeno del LOL Rap raccontato da un documentario di Wired. Storie di rapper cresciuti a pane, musica e youtube. Quando la tecnologia casalinga trasforma in piccole star dei dilettanti di strada, con la voglia di sfondare
Certi miti alla rovescia sono come quei programmi tv, magari con declinazioni trash, che nessuno vede (in teoria) ma di cui tutti sanno parlare. Guai a confessare; poi, però, sono tanti a sapere chi è Marco Marfè, il “frizzantino” provinato di X-Factor, con quell’appeal da neomelodico partenopeo in versione pop-dance; o a ricordarsi dell’ultimo rituale del Divino Otelma, oscenità apotropaiche consumate nel salotto della D’Urso o negli studi di Domenica In. O ancora, spostandosi sul web, in migliaia si divertono a commentare la strana coppia Andrea Diprè–Giuseppe Simone, compagni di video-deliri, tra esibizionismi, maschilismi veraci e disperazioni quotidiane. L’estetica del pattume è per tutti: se non conquista quantomeno incuriosisce, e alla fine arriva. Ovunque. In certi casi svelando qualche perla.
Discorso che vale, in diverse maniere e misure, per tutti i campi dell’entertainment e della cultura di massa. Dinamiche da piccolo schermo, ma non solo. La musica, per esempio. Siamo tutti puristi? Tutti ascoltiamo finezze contemporanee, elettronica di ricerca, avanguardie sonore o vecchie glorie del rock. E però c’è un gusto tutto speciale, che serpeggia anche tra i più fini intenditori, rivolto a quei fenomeni del paradosso, dell’assurdo, del brutto, del crudo e del grottesco, trasformati – per tenacia o cinismo – in vere e proprie star. Segnali di incontrastabile decadenza o cortocircuiti significativi del sistema? Probabilmente entrambe le cose.
Un esempio su tutti: Trucebaldazzi. Un nome, una faccia, una canzone. Inconfondibile. Chi non lo ha ascoltato almeno una volta, restando vittima di un senso di colpa strisciante, in conflitto con un insano piacere? Truce è un giovane rapper di Pianoro, di origini cingalesi, gettato nella mischia da amici e “intenditori” e trovatosi su un palco, sui media, sui social, come un piccolo idolo al rovescio: goffo, sovrappeso, stonato, disadattato, ingenuo e genuino. Timido come un bambino e cattivo come il guru degli street-guru, il grande Eminem. Vite difficili, di periferie e di complessi, di musica e di miseria, in un caso trionfando col talento, nell’altro trionfando col realismo. Un ragazzo reale, Trucebaldazzi. Coi complessi e i limiti di tanti. Divenuto, però, “speciale”: arrabbiato coi professori, con l’insensibilità della gente, con una vita troppo dura, tanto da aver cacciato fuori quel filo di ribellione necessario. Lui, truce col mondo, perché il mondo è stato truce con lui.
E canta, Trucebaldazzi, con i suoi boccoli e le sue catene al collo, con la sua obesità e le insofferenze, con tutta la fragilità sparata nei beat, stonando, dondolando, gesticolando, affilando la sua resistenza al male: “A scuola i miei insegnanti infami con mi capivano… i miei problemi… gli insegnanti sono come gli sbirri, io non finirò in galera, perché sputtano la scuola media Rastignano. La mia gente vera è la gente negativa, me ne fotto un cazzo della gente positiva”.
A un certo punto, consapevole di essere osannato dalle folle in quanto “fenomeno da baraccone”, Truce aveva persino deciso di ritirarsi, un anno fa. Deriso, insultato e proprio per questo amato, in quella schizofrenia compulsiva delle folle, spaccate tra idolatria del banale e denigrazione del diverso: comune meccanismo doppio, che mescola identificazione silenziosa e ostentato senso di superiorità.
Ma Truce è solo il più noto testimonial di quella che è una moda, una maniera, una sub-cultura innestatasi tra le maglie del pop. E anche una dinamica sociale, legata alla produzione dell’immaginario collettivo.
In gergo, l’ambito musicale in cui rientra il fenomeno Baldazzi, si chiama LOL, dall’acronimo della risata online (Laughing Out Loud): sottogenere digital-casalingo del Rap, coltivato tra le autostrade del web e le pareti di casa, da un popolo di zelanti autodidatti decisi a sfondare, chi prendendosi sul serio, chi con una dose di autoironia. E se Trucebaldazzi è il boss assoluto del non-sistema LOL, con i suoi milioni di click e di fan raccolti per strada, di rapper come lui – che da soli confezionano in rete canzoni, videoclip e improbabili carriere filtrate da facebook e youtube – ce ne sono tanti, tantissimi.
Questo documentario, prodotto dal magazine Wired, in cui si cita l’esperienza del LOL-database Lollhiphop, vi racconta qualcosa di questo mondo. E di tutti quei musicisti sommersi, un po’ star e un po’ freak, che “volenti o nolenti sono tra le rappresentazioni più vere, crude e vitali della musica italiana di oggi “.
Noi, seguendo il filo dell’approfondimento firmato dagli amici di Wired, chiudiamo con una segnalazione. Ecco Simoncino, uno tra i più estremi, anche lui nell’archivio del blog Lollhiphop. Coatto, cattivo, tagliente, spregiudicato. Perché “la vita è questa, è piena di merde, e se sei vero nessuno te sente”.
Helga Marsala
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