Il plagio di Thicke, Pharrell e T.I.
Si è concluso il processo per plagio nei confronti dei musicisti Robin Thicke, Pharrell Williams e T.I. (Clifford Harris Jr.) riguardo “Blurred Lines”, uno dei brani di maggior successo nel 2013. Thicke, Williams e Harris sono stati citati in giudizio dai familiari del musicista soul Marvin Gaye. Ecco come è andata.
Robin Thicke, Pharrell Williams e T.I. sono stati accusati di aver copiato nella loro Blurred Lines la linea melodica di Got to give it up pubblicata da Marvin Gaye nel marzo 1977 come singolo del disco Live at the London Palladium. I giudici americani investiti della questione hanno condannato Robin Thicke e Pharrel Williams a pagare 7,3 milioni di dollari a titolo di risarcimento agli eredi, mentre T.I. è stato assolto, poiché aveva cantato soltanto la parte rap.
La questione ha sollevato nuovamente l’attenzione sul confine sottile che esiste fra plagio e ispirazione. Pharrell Williams, durante il processo, ha infatti spiegato alla giuria la differenza tra atmosfere “emotive” e plagio, dicendo che per Blurred Lines si è ispirato ai suoni dei tardi Anni Settanta. Secondo questa linea difensiva i familiari di Gaye, non potendo vantare diritti su un intero genere musicale (“Nessuno può pretendere di possedere lo stile o il genere di Marvin Gaye“, ha detto l’avvocato dei cantanti), non possono nemmeno denunciare un plagio, posto che gli spartiti delle due canzoni sono in realtà molto diversi (anche se le due melodie suonano praticamente identiche).
Un tempo l’accusa di plagio era realmente difficile da provare, poiché si doveva in qualche modo accertare o avere una presunzione “solida” che il testo che si assumeva plagiato fosse stato ascoltato dall’accusato. Oggi un artista ha accesso a milioni di idee per cercare di trovare uno spunto ed è molto più facile provare che il brano sia stato conoscibile e potenzialmente conosciuto. Prima di oggi era normale considerare accettabile fare un omaggio a un’influenza musicale, ma con la sentenza sul caso Gaye possono essere certamente fondati i dubbi sul dove finisce l’omaggio e dove comincia la violazione del copyright.
Secondo il critico musicale del Los Angeles Times, Randall Roberts, a causa degli immensi archivi oggi disponibili online, sempre più artisti con poche idee prendono spunto da pezzi famosi e ci improvvisano sopra. Il “plagio creativo” starebbe per Roberts alla base della musica pop, poiché i nuovi artisti compongono canzoni ispirandosi a suoni e testi che hanno ascoltato durante i loro anni di crescita formativa.
Il verdetto che ha condannato Thicke e Pharrel, quindi, da una parte rischia di cambiare il modo di lavorare degli artisti e, dall’altra, potrebbe far partire nei prossimi anni una serie di cause per plagio al genere più che alla singola opera musicale, diventando un precedente che rischia di cambiare molte cose.
L’avvocato di Thicke e Williams, Howard King, ha detto ai giudici chiudendo la sua arringa finale che un verdetto a favore dei familiari di Gaye avrebbe avuto un tremendo effetto sugli artisti che cercano di rievocare un’epoca con la loro musica. “Questo”, ha detto King, “è più importante del denaro“. “Non ci sono nascite vergini nella musica (virgin births in music)”, ha aggiunto verso la fine della sua arringa. “Lasciate che i miei clienti vadano avanti e continuino a fare la loro magia“.
Claudia Balocchini
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