Il crepuscolo del Maggio Musicale Fiorentino
Si è aperto con il Fidelio il Maggio Musicale Fiorentino. Si è aperto soprattutto con uno sciopero dei tecnici che ha costretto all’assenza di luci e alla scena unica. Mentre il programma è tutto fuorché innovativo…
ASCESA E DISCESA DI UN FESTIVAL
Il Maggio Musicale Fiorentino non è solamente il più antico festival italiano (aprì il sipario il 22 aprile 1933) ma anche quello che attirava pubblico da tutto il mondo per due caratteristiche: effettuare una sintesi fra teatro in musica ed arti visive (allora) contemporanee; riscoprire grandi lavori obliati o poco rappresentati. Una legge del 1936 dava alla manifestazione questi compiti e gli assegnava uno stanziamento speciale.
È solo un ricordo. Per anni, tra gli scenografi del Maggio si contavano de Chirico, Sironi, Casorati, Sensani, Conti, Bucci, unicamente per citare alcuni nomi. Esiste una ricca bibliografia in materia. Il Maggio ha riscoperto il Rossini serio decenni prima che nascesse il Rossini Opera Festival, ha lanciato Malipiero e Stravinsky. Ancora negli Anni Ottanta era un punto di riferimento per “prime” esecuzioni italiane (a volte mondiali) e regie innovative.
Poi è cominciato un declino accompagnato da commissariamenti per evitare, più volte, il fallimento della fondazione. Le geremiadi per la mancanza di finanziamenti da parte di Pantalone erano accompagnate da una sempre maggiore penuria di idee. Bene più scarso dei soldi. Nel contempo, in una città di 400mila abitanti con quattro teatri, se ne costruiva, al costo di 32 milioni di euro, uno nuovo modernissimo, che per essere produttivo deve assicurare 220 rappresentazioni l’anno di tutto esaurito. Non si invitano più grandi artisti del visivo e si noleggiano dall’estero spettacoli anche quando si hanno scene e costumi in magazzino.
L’EDIZIONE 2015 DEL MAGGIO MUSICALE
Quest’anno, il festival (affidato a un commercialista e banchiere molto competente nel suo ramo: la persona adatta per fare quadrare i conti) non ha un direttore artistico. Il programma operistico è deludente. Fidelio (appena visto alla Scala) arriva da Valencia, dove è stato visto nel 2006 e nel 2014 (nonché sui canali televisivi) e, come mostra il dvd in commercio, con un impianto scenico enorme e una regia tradizionale di Pier’Alli , già da considerarsi passé nel 2006. Proprio a Firenze Robert Carsen ha fatto di Fidelio uno dei suoi spettacoli più nuovi e struggenti (forse scene e costumi sono a coprirsi di polvere).
Il resto del festival propone due opere rappresentate di frequente nei nostri teatri (Il Giro di Vite di Britten e Candide di Bernstein) e Pélléas et Melisande di Debussy, che non credo si veda da dieci anni fa in Italia. Curiosamente il ruolo del protagonista, scritto per un baritono (alla Scala era Ludovic Tézier), è affidato a un giovane tenore lirico, Paolo Fanale, che ricordo come ottimo Fenton in Falstaff e un buon Nemorino in Elisir d’Amore. Se questa è l’innovazione, qualcuno ha riscritto la partitura del buon Debussy.
Nulla da eccepire sulla sinfonica: grandi bacchette ma titoli di repertorio. È vero che a Firenze la popolazione sta invecchiando, ma ci si rivolge solo agli anziani. E poi non mancano seniores che amano la contemporaneità.
SUL FIDELIO FIORENTINO
Torniamo al Fidelio inaugurale. È stato presentato in forma semi-scenica (e senza luci) a ragione di uno sciopero di cinquanta tecnici in polemica con il Sindaco Nardella e il Presidente del Consiglio Renzi per vertenze risolte da altre fondazioni liriche. Non sta a noi entrare nel merito della vertenza, ma varie file vuote dimostravano corse al botteghino per essere rimborsati. Ovviamente non c’erano né il Capo dello Stato né il Presidente del Consiglio. I rumors secondo cui sarebbe arrivata la Cancelliera Merkel (grande amante dell’opera) si sono rivelati del tutto infondati.
Quindi, scena unica (la prigione del primo quadro del secondo atto in stile magniloquente e di vaga ispirazione piranesiana), quella della prova all’inizio dello sciopero. Cantanti, coro e comparse in costume e azione teatrale recitata in un palcoscenico ingombrato da elementi massicci. Inoltre, nessun gioco di luci e nessun soprattitolo. Quindi, dato che Fidelio è un Singspiel in cui parti dialogate si alternano a numeri musicali, si è fatto uso giudiziosamente di forbici.
Occorre dire che gli esecutori della parte musicale si sono meritati ovazioni per le difficili condizioni in cui hanno operato. Zubin Mehta divide l’opera in tre sezioni. Quasi mozartiana la prima, sino alla grande aria di Leonore Absheulicher: altamente drammatica la seconda, sino a tutta la scena della prigione; ed eroica nel finale, preceduto dall’ouverture Leonore No.3. Quindi una concezione molto differente da quella di Daniel Barenboim ascoltata alla Scala. Nel cast spicca Ausrine Stundyte (Leonore) mentre avrei preferito un Florestano (Burkhard Fritz) dal timbro più brunito e dagli acuti più eroici. Buoni gli altri protagonisti (Eike Wilm Schulte, Evgeny Nikitin, Stephen Milling, Ann Virovlansky, Karl Michael Ebner), il coro e l’orchestra.
Speriamo che il Maggio si riprenda. C’è tanto teatro in musica anche italiano da riscoprire, perfettamente adatto a giovani artisti visivi. Altrimenti che ci fanno con l’ipertecnico edificio costruito alle Cascine?
Giuseppe Pennisi
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